Geopolitica
I monumenti, meglio delle parole, condannano la guerra
Siamo sempre stati, noi occidentali, intrisi di cultura greco-latina, e, pertanto, inclini al dialogo, al confronto e al pensiero critico. Qualcuno, o qualcosa ci sta snaturando, producendo nella nostra esistenza, tramite la politica comune dei nostri paesi di appartenenza, una tensione permanente, dove l’impulso a far valere le proprie ragioni in relazione a un pensiero unico, dominante e propagandato, imbruttisce le nostre vite e ostacola la nostra libertà d’invettiva, non ancora passibile di censura.
I greci sapevano bene che quando si smetteva di ragionare, cercando il dialogo e il confronto, vi era il rischio di una guerra, anche fratricida.
Vivo in un luogo che si ribella al neo-oscurantismo post moderno per mezzo di una città come Paestum, l’antica Poseidonia, dove la silente moralità della sua architettura, ben al di là di ogni stucchevole concetto di bellezza, esprime la condanna più esemplare nei confronti della tendenza a cedere alla tentazione dell’odio, l’uso della forza e la violenza che provoca morte, orrore e miseria.
L”importante permanenza dell’antico comunica un valore etico assoluto, una negazione autorevole a ogni incomprensibile idea di distruzione. L’appartenenza all’arcaico equilibrio di un’architettura, una scultura, a un’opera d’arte in genere ci garantisce la solidità di una riflessione sana, autenticamente pacifica, umanamente onesta.
I nostri monumenti, non solo quelli di Paestum, ma dell’intera e remota Europa, mi appaiono in questo frangente come l’unico, serio e responsabile tentativo di arginare questa deriva. Le pietre, più delle parole, nella solennità dei secoli che hanno attraversato e nella giustezza della loro eterna cifra artistica offrono una lettura eloquente e severa dell’analisi storica a condanna della guerra. A poco serve, dunque, imitarne le fattezze, come nel caso eclatante della Casa Bianca di Washington, se poi se ne disconosce l’assioma filosofico del loro modello portante.
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