Geopolitica
I denti del dittatore
Ogni dittatore che si rispetti ama mostrarsi mentre stringe i denti. Un po’ perché l’immagine resistente accresce il proprio ego di capo unico e insostituibile. Un po’ perché è probabile che veda le difficili sfide come indispensabili ad alimentare la propria icona al di fuori del palazzo, a narrare quella che pensa sia la propria invincibilità. Il dittatore ama le sfide perché sono trofei, anche se alla lunga solo il dittatore li vede brillare. Ma un dittatore che si rispetti ama mostrare i denti anche quando deve raccogliere i frutti delle sfide, spalancando le fauci in modo imbarazzato. In questo caso – sempre un dittatore come si deve e non un Lukashenko che dipenda da un altro dittatore – ama mostrare la dentatura in modo splendente. Sorrisi smaltati, arroganti, divulgati subito dopo aver depennato dalla lista nera gli oppositori, coloro che hanno osato contestare, smascherare o semplicemente insinuare sui crimini compiuti. Franco, Mussolini, Stalin, Pinochet, Hitler…
Anna Politkovskaja, giornalista russa che osò documentare i crimini dei militari e paramilitari russi in Cecenia negli anni 2000, lo sapeva, e il 7 ottobre 2006 ha pagato con la vita le sue indagini, le sue inchieste e i reportage sugli uomini vicini a Wladimir Putin, accusati di aver violato tutti i diritti civili e lo stato di diritto. È importante ricordare Anna Politkovskaja perché forse è lì che è iniziato tutta questa guerra, non nella richiesta dell’Ucraina di entrare nella Nato. Tollerare il massacro e la violazione dei diritti umani in Cecenia, compresa la tortura, è stata la prima sfida vinta dal dittatore e dal suo crescente reame. Il suo omicidio e il massacro dei ceceni ad opera del fedele Kadirov, non ci sono interessati. Anzi abbiamo aumentato la nostra dipendenza, condizionato il calore delle nostre case, trasformandolo in uno dei più rilevanti punti di forza del dittatore. È lì che abbiamo iniziato a dar forza al dittatore.
Tutti sapevamo e sappiamo chi fosse il mandante, ma l’omicidio di una giornalista non vale molto. Va bene dedicarle un premio giornalistico e complimentarsi annualmente col vincitore o la vincitrice, ma ciò non ha impedito a centinaia di politici, e a milioni di persone, di simpatizzare, di incensare, se non adulare, il dittatore. E ancora oggi la reticenza di molti, più interessati a dividere le colpe che a guardare la realtà, lascia senza parole.
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