Geopolitica
Haiti, l’inferno dei Caraibi
Nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2021 un commando armato irrompe in casa del Presidente Jovenel Moise e lo uccide con 16 colpi d’arma da fuoco, ferendo gravemente sua moglie. Il primo ministro Claude Joseph dichiara che gli uomini del commando parlavano inglese e spagnolo ed erano travestiti da agenti della Drug Enforcement Administration (DEA); che erano armati con fucili d’assalto e che si trattava di elementi altamente addestrati[1].
Il giorno dopo vengono fermati 17 cittadini stranieri, 15 colombiani e due americani – tutti sospettati di essere coinvolti nell’azione. Altri otto colombiani risultano in fuga[2], quattro vengono uccisi[3] e ben presto gli arrestati arriveranno a 28[4]. Uno dei due americani, James Solages, 35 anni, dichiara di essere estraneo all’attentato, di aver accettato lavoro come interprete attraverso un annuncio su internet e di aver poi partecipato, per lavorare, ad incontri con sconosciuti in un ristorante del Royal Oasis Hotel, un lodge di lusso a circa 10 minuti dalla casa del presidente Moise[5].
Solages sostiene che costoro stavano eseguendo l’arresto del presidente su ordine di un giudice, e di essere totalmente all’oscuro dell’attentato. Quando ne prende coscienza, si costituisce[6]. A partecipare alle indagini sono agenti provenienti dagli Stati Uniti[7], da Haiti, dalla Colombia, da Panama, dall’Ecuador e dalla Repubblica Dominicana[8]. Un servizio di Noticias Caracol, un telegiornale colombiano, sostiene che un precedente tentato rapimento di Moise, avvenuto nel novembre dello scorso anno, sarebbe stata opera degli stessi terroristi[9]. Tra i principali sospettati spicca il primo ministro Claude Joseph[10], ma anche Dimitri Herard, il capo dell’Unità di sicurezza generale del Palazzo Nazionale, che viene arrestato[11]. Il 16 luglio la polizia haitiana dirama la notizia del coinvolgimento dell’ex funzionario del ministero della giustizia Joseph Felix Badio, che potrebbe aver ordinato l’assassinio[12].
Il 19 luglio Claude Joseph si dimette, lasciando il posto ad Ariel Henry, incaricato di formare il nuovo governo[13]. Il 27 luglio Jean Laguel Civil, coordinatore della sicurezza generale, viene coinvolto nell’inchiesta – il suo arresto arriva pochi giorni dopo quello del giudice della Corte Suprema di Haiti, Windelle Coq Thelot[14]. Sembra la trama di un thriller. Per essere compresa, bisogna spiegare di Haiti e la sua gente, la loro storia travagliata, una catena di disgrazie delle quali non è sempre l’uomo ad essere responsabile. A volte anche la natura infierisce su questo povero Paese.
Un popolo da sempre calpestato
Ad Haiti è difficile morire di vecchiaia. Classificato come il paese più povero dell’America Latina ed uno fra i più poveri del mondo (nel 2020 170° su 189[16]), è anche uno tra i più sfortunati, tra uragani, inondazioni e terremoti. Lo storico Alex von Tunzelmann dichiara attonito, dopo il terribile terremoto del gennaio 2010 che lascia sotto le macerie oltre 250mila morti: “Haiti ha conosciuto la schiavitù, la rivoluzione, il debito, la deforestazione, la corruzione, lo sfruttamento e la violenza. Ora ha povertà, analfabetismo, sovraffollamento, nessuna infrastruttura, disastro ambientale e vaste aree senza lo stato di diritto. E questo già prima del terremoto. Sembra un terribile cliché, ma è davvero una tempesta perfetta. Questa è una catastrofe al di là la nostra peggiore immaginazione”[17].
Quando le tre caravelle giungono nell’isola che Colombo nomina al suo arrivo Hispaniola, trovano i Tainos, una società prospera e ben organizzata. Gli spagnoli li trasformano in schiavi per impiegarli nelle coltivazioni e nelle miniere[18]. Seguono rivolte represse nel sangue, malattie introdotte dagli europei per cui i Tainos non possiedono difese, brutali persecuzioni, che portano i Tainos all’estinzione, sostituiti da nuovi schiavi africani[19]. Nel 1660 i francesi invadono la parte occidentale dell’isola per la coltivazione massiccia di canna da zucchero e caffè, sfruttando ettari ed ettari di terreni che oggi sono ridotte ad aree desertiche[20]. L’importazione di schiavi dall’Africa porta almeno 40mila persone all’anno, sino ad arrivare a 800mila nonostante l’indice di mortalità molto elevato dovuto alle dure condizioni di lavoro e alle continue epidemie[21].
Poi arriva la Rivoluzione Francese: l’Assemblea Generale di Parigi decreta che i mulatti delle colonie, che ne rappresentano l’élite, abbiano gli stessi diritti di normali cittadini, compreso il diritto di voto, cosa che viene rifiutata dagli amministratori coloniali. Tale rifiuto scatena la prima ribellione dei mulatti nel 1790; poi, nel 1791, una seconda ribellione, soppressa nel sangue dai bianchi della città di Cap Français, costa la vita di 10mila neri e 2mila bianchi[22]. Da lì in poi le ribellioni si moltiplicano.
Il 21 agosto 1791, guidati da François-Dominique Toussaint Louverture[23], gli schiavi si ribellano ai piantatori. Le truppe francesi e britanniche, giunte di rinforzo, vengono respinte dai ribelli e Louverture riesce a conquistare anche la vicina colonia spagnola di Santo Domingo, dichiarandosi governatore generale a vita dell’isola di Hispaniola ed abolendo la schiavitù[24]. Nella lotta muoiono più di 100mila neri e 20mila bianchi[25] e porta ad un esodo biblico: i coloni francesi fuggono con gli schiavi che ancora controllano, ma lo stesso fanno molti neri liberati. Soltanto nel 1809 quasi 10mila profughi di Santo Domingo si stabiliranno a New Orleans[26].
La pace non dura: Napoleone Bonaparte, una volta divenuto sovrano, invia 43mila soldati nell’isola per catturare Louverture, riprenderne il dominio e ripristinare la schiavitù. Louverture muore prigioniero nel 1803, ma un suo generale, Jean-Jacques Dessalines, guida i rivoluzionari nella battaglia di Vertieres, il 18 novembre 1803, sconfiggendo le forze francesi: il 1° gennaio 1804 Dessalines dichiara la nazione indipendente ribattezzandola Haiti[27]. La Francia accetta, ed Haiti diviene la prima repubblica nera del mondo e la seconda nazione dell’emisfero occidentale (dopo gli Stati Uniti) a conquistare la propria indipendenza da una potenza europea[28].
Dessalines ordina il massacro degli europei, e questo continua fino a quando, nel 1806, viene lui stesso assassinato ed il paese viene diviso tra il Regno di Haiti a nord con al potere Enrico I, e la repubblica del sud con al potere Alexandre Pétion[30]. Ad Alexandre Pétion succederà Jean Pierre Boyer, colui che diverrà l’artefice della riunificazione delle due parti nel 1821[31]. Non è finita: nel luglio del 1825 Re Carlo X di Francia tenta la riconquista dell’isola ed il presidente Boyer, messo alle strette[32], accetta un trattato con il quale la Francia riconosce formalmente l’indipendenza della nazione in cambio dell’estorsione di 150 milioni di franchi (ridotti a 90 milioni nel 1838)[33].
Costretta a prendere in prestito 30 milioni di franchi dalle banche francesi per effettuare i primi pagamenti, Haiti fallisce[34]. Il re invia un’altra spedizione nel 1838 con 12 navi da guerra per forzare la mano del presidente. La revisione del 1838, etichettata sarcasticamente “Traité d’Amitié” (Trattato di amicizia) porta l’importo dovuto a 60 milioni di franchi, ma al governo haitiano viene imposto di contrarre prestiti pesantissimi per onorare il debito[35]. Il ricatto al quale viene sottoposta Haiti porta il paese al collasso: Boyer è costretto a prelievi fiscali draconiani, ogni progetto infrastrutturale viene sospeso, prima di tutto istruzione e sanità[36].
Recenti valutazioni rivelano che, sommando anche gli interessi di tutti i prestiti, gli haitiani hanno pagato più del doppio del valore delle richieste iniziali[37]. L’economista francese Thomas Piketty sostiene che la Francia dovrebbe restituire almeno 28 miliardi di dollari ad Haiti per “pareggiare” i conti[38]. Le cose peggiorano: Boyer comanda un esercito corrotto e una pubblica amministrazione predatoria; la forbice tra i contadini neri delle campagne e i mulatti delle città cresce inesorabilmente, il che porta alla ribellione del 1843, quando Boyer sarà costretto a fuggire in Giamaica e poi a Parigi[39].
Arrivano gli Americani
Da allora ben 22 presidenti si succedono in una giostra incredibile tra colpi di stato, intrighi, cospirazioni e ribellioni. Una situazione di tale instabilità spiana la strada all’intervento degli Stati Uniti, che già in passato hanno preso in considerazione l’idea di annettere Hispaniola[41]. All’inizio del 20° secolo nell’isola cresce una piccola comunità tedesca (200 persone nel 1910) con uno sproporzionato potere economico – detiene l’80% del commercio internazionale, possedendo e gestendo anche servizi pubblici a Cap-Haïtien e Port-au-Prince: il porto, una linea tranviaria e una ferrovia. In cantiere c’è anche il tentativo di prendere il controllo della Banca di Haiti e ragionare su un’annessione militare[42].
Washington osserva preoccupata. L’amministrazione del presidente Woodrow Wilson trova un pretesto per intervenire quando Guillaume Sam, l’allora presidente, giustizia 167 prigionieri politici provocando grandi disordini tra la folla a Port-au-Prince – la folla gli dà la caccia nel suo palazzo, lo fa a pezzi e sfila per le strade della città esibendo il cadavere smembrato[43]. I primi marines sbarcano il 28 luglio del 1914 ed in sei settimane controllano il paese[44], compreso quello della Banca di Haiti, da cui prelevano 500mila, dollari trasferiti “in custodia” a New York[45]. Nel 1915 USA ed Haiti stipulano un trattato che prevede tra le altre cose il controllo americano della gendarmeria, il controllo completo del comparto finanziario ed il diritto di intervenirvi in piena libertà. Nell’agosto del 1915, gli USA impongono un nuovo presidente, Philippe Sudré Dartiguenave, fatto che alimenta nuovi disordini sociali[46].
Nel 1929 l’acuirsi dei disordini porta gli Stati Uniti a ritirarsi: la goccia che fa traboccare il vaso è il “massacro di Les Cayes”, perpetrato dai marines che, durante una manifestazione di contadini, uccidono una ventina manifestanti[47]. Dopo lunghe tergiversazioni e trattative, nel 1934 finalmente gli Americani lasciano Haiti grazie ad un ordine di Franklin D. Roosevelt[48]. 19 anni di occupazione hanno stabilizzato economicamente il paese, sono state completate molte opere pubbliche ed ora esiste un servizio sanitario pubblico funzionante[49]. Poco si è fatto nell’istruzione, e sul piano politico l’ingerenza statunitense non può attestarsi alcun merito: gli anni dell’occupazione hanno coinciso con quelli della segregazione razziale[50].
Gli USA lasciano dietro loro un paese politicamente instabile, 11500 haitiani uccisi, una militarizzazione senza precedenti e pesanti ingerenze sui governi locali – aspetti che lasciano profonde cicatrici non ancora risanate[51]. Il paese viene lasciato in mano al presidente eletto nel 18 novembre 1930, Sténio Vincent: di forte inclinazione nazionalista, ma fedele partner commerciale per gli Stati Uniti[52]. Costui introduce il voto popolare nella Costituzione nel 1941, anno nel quale si dimette, nel pieno delle contestazioni popolari, lasciando il comando al suo successore Élie Lescot[53].
Anche quest’ultimo gode dell’approvazione statunitense, ma sarà artefice di un periodo di recessione economica e di dura repressione politica verso i dissidenti. Viene costretto all’esilio da un colpo di Stato guidato dal colonnello Paul Eugene Magloire, il generale Frank Lavaud ed il colonnello Antoine Levelt, giunta che prenderà il controllo del paese l’11 gennaio 1946[54].
Nell’agosto 1946, Dumarsais Estimé viene eletto presidente: è un noiristes, haitiano che considera i neri difensori storici della libertà. Forte dell’appoggio popolare, Estimé si prodiga per liberare Haiti dal giogo americano, concedere maggiori libertà e avviare progetti di modernizzazione[56]. Tra i primi atti della sua amministrazione c’è una nuova costituzione che pone rigide limitazioni alle imprese straniere, maggiore libertà di stampa e l’equiparazione della cittadinanza per tutti i neri[57].
Nel 1950, dopo una proposta di modifica costituzionale che mira a prolungare il proprio mandato, viene costretto a dimettersi da un colpo di stato organizzato dal colonnello Paul Magloire[58]. Costui sarà il primo presidente nella storia haitiana ad essere eletto col suffragio universale: convinto anticomunista, viene accolto con soddisfazione dagli Stati Uniti. Si rivela un buon amministratore, ma la devastazione apportata dall’uragano Hazel nel 1954 lo mette a dura prova: nascono forti contestazioni che lo costringono alla fuga e a lasciare la presidenza a François Duvalier nel dicembre 1956[59].
Papa Doc e sanguinaria famiglia
Si aprirà il periodo peggiore per il popolo haitiano: trent’anni di feroce dittatura che si concluderà soltanto nel 1986: dapprima l’insediamento di François Duvalier, soprannominato Papa Doc, un folle dallo smisurato culto della personalità che instaura un regime basato sul culto voodoo, che pensa di essere uno sciamano[61], ma che è difeso dalla sua milizia personale, una delle più brutali della storia umana (i Tonton Macoute[62]), composta da balordi straccioni assassini e torturatori. Tale organizzazione è talmente potente da annullare l’esercito regolare[63].
Quando Papa Doc muore nel 1971, gli succede Il figlio, Jean-Claude Duvalier, detto “Baby Doc”: eredita un paese ridotto in miseria e disperazione inimmaginabili. Baby Doc governa in continuità con i metodi repressivi del padre, utilizzando il potere per arricchirsi e per soddisfare la sua sete di sangue: durante il suo brutale regime, 30mila persone vengono rapite o uccise[64]. Nel gennaio 1986, l’amministrazione Reagan inizia a esercitare pressioni su Duvalier affinché lasci Haiti[65]. Lui fugge in esilio in Francia nel 1986: avrà la faccia tosta di ripresentarsi ad Haiti nel 2011 dove verrà immediatamente arrestato, ma viene poi rilasciato e vive fino alla morte (2014) in un hotel di lusso sulle montagne di Port-au-Prince[66].
Tra colpi di stato e furia della natura
Nel 1987 viene convocata un’assemblea costituente in un clima di scarso interesse pubblico, insensibile ormai alla partecipazione democratica; nel novembre ci sarà il primo tentativo di eleggere un presidente, ma feroci scontri, che avranno come conseguenza numerosi morti, porteranno al rinvio delle elezioni[68]. Nel secondo tentativo avvenuto nel gennaio del 1988, viene eletto Leslie Manigat con l’accusa di brogli elettorali[69]. Il 20 giugno successivo, il generale Henri Namphy, comandante dell’esercito, organizza un colpo di stato e sale al potere[70]. Pochissimo dopo, il 17 settembre 1988, un gruppo di ufficiali con al comando il generale Prosper Avril, lo depone con un ennesimo colpo di stato[71].
Ma anche quest’ultimo non ha vita lunga: si conclude nel marzo del 1990[72] e, nello stesso anno, si tenta di organizzare libere elezioni, vinte da Jean-Bertrand Aristide, un sacerdote salesiano paladino dei poveri e dei diseredati che, in aspro contrasto con le gerarchie ecclesiastiche e militari per le sue idee politiche, viene cacciato dall’ordine dei Salesiani[73]. L’operato del sacerdote va in direzione opposta a quella dei suoi predecessori: avvia un vasto programma di alfabetizzazione, tenta di smantellare il sistema repressivo nelle aree rurali, si batte per ridurre in modo drastico le diffuse violazioni dei diritti umani[74].
Non gradito all’élite militare, nel 30 settembre del 1991 Aristide viene destituito con un colpo di stato[75]. Rimane in esilio sino al 15 ottobre 1994, quando l’esercito di occupazione americano lo rimette in sella[76], ma alla fine del suo mandato (1996) al suo posto viene eletto René Préval[77]. Nel novembre del 2000 Jean-Bertrand Aristide vince le elezioni col 92% dei voti, ma il suo mandato è ostacolato da drammatiche crisi politiche, sociali, economiche e da un tentato colpo di stato nel 5 febbraio 2004 quando, il gruppo di ribelli del Fronte Rivoluzionario di Resistenza Artibonite prende il controllo della quarta città più grande di Haiti, Gonaives, per assediare poi, nel 22 febbraio Cap-Haïtien[78], spaccando il paese in due.
Le armi pesanti in mano ai ribelli sarebbero state fornite dalla Repubblica Dominicana[79]. Dopo la progressiva avanzata dei ribelli sino a Port-au-Prince, la mattina del 29 febbraio Jean-Bertrand Aristide si imbarca su un aereo statunitense in direzione della Repubblica Centrafricana e più tardi del Sudafrica: il sacerdote accusa Francia e Stati uniti di cospirare contro di lui, riferendo di aver subito da loro “minacce di morte, rapimento e sequestro”, mentre l’ amministrazione Bush riferisce di una spontanea richiesta di aiuto da parte del sacerdote, che si è imbarcato volontariamente dopo aver firmato le sue dimissioni[80]. Dopo la sua partenza, diversi membri di alto livello del suo governo vengono accusati e condannati per traffico di droga, incluso il capo della sicurezza di Stato e il capo della sicurezza aeroportuale[81].
Il paese è nel caos: gli scontri tra i suoi sostenitori e gli oppositori causano centinaia di morti[82]. Le forze armate, guidate dagli Stati Uniti sotto l’autorità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, vengono inviate a Port-au-Prince per supervisionare l’insediamento di un governo ad interim guidato da Boniface Alexandre. Viene istituita la missione MINUSTAH (Mission des Nations Unies pour la Stabilization en Haïti)[83] nel giugno del 2004 con il mandato di mantenere la sicurezza, aiutare a stabilizzare il processo politico, monitorare e difendere i diritti umani[84]. Si va alle urne il 7 febbraio 2006: il 51% delle preferenze va a René Préval, sostenuto dalla parte più povera del paese[85].
René Préval ha davanti a sé una sfida apparentemente impossibile: governare un paese in condizioni economiche disperate, nel totale caos politico, con la legislatura in stallo, con l’economia a pezzi e tenuta in pugno da numerose bande armate. Ma ancora non sa che il peggio deve ancora arrivare: nel 2008 dovrà fronteggiare la furia della natura – ben quattro uragani che provocano un migliaio di morti e 150mila sfollati[87]. Ed il 12 gennaio 2010 un terremoto di magnitudo 7.3 devasta il paese[88]: perdono la vita oltre 250mila persone[89]. Haiti è allo sbando, la violenza dilaga tra montagne di detriti e cadaveri in decomposizione, sciacalli che frugano tra le macerie, disperati in cerca di cibo disposti ad ogni efferatezza, campi di fortuna ai bordi delle strade che pullulano di rapinatori armati di machete e fucili[90].
Complice l’attuale situazione, su Haiti si abbatte una epidemia di colera che contagia 800mila persone, uccidendone 10mila[91]. L’origine dell’epidemia viene ricondotta ad una base delle forze di pace della Nazioni Unite che, attraverso le sue acque reflue, contamina una grande riserva idrica[92]. René Préval è costretto a passare almeno un anno a stringere accordi di cooperazione con stati esteri ed ONG alla ricerca disperata di aiuti.
Malgrado le condizioni drammaticamente ostili, Préval viene ricordato come un buon presidente: passa alla storia come l’unico ad aver concluso due interi mandati senza andare in prigione o in esilio[93]. Riesce a mitigare i contrasti politici, aumenta l’occupazione, migliora le infrastrutture e dà una inversione di tendenza generale a tutta l’economia, anche se non entra mai nelle simpatie della gente e dei politici stranieri a causa del suo carattere schivo e riservato[94].
Nel novembre del 2010 le elezioni presidenziali si chiudono con l’ex First Lady Mirlande Manigat in testa, seguita da Jude Celestin e Michel Martelly, ma ci sono stati brogli imponenti, e l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), riesaminando le schede, decreta la vittoria di Martelly[95]. La decisione dell’OAS viene considerata una ingerenza di Washington: molti credono che il risultato non sia basato sulle schede dei votanti, ma sulle preferenze americane[96].
Il nuovo presidente è musicista di successo chiamato “Sweet Micky”, noto per le sue stravaganze[97]. Non ha alcuna esperienza politica, ma la sua elezione viene accolta con gioia popolare[98]. Malgrado goda del pieno appoggio statunitense, il suo mandato finisce presto nella bufera: Sweet Micky è incapace a gestire il dopo terremoto, a tenere a freno violenza e corruzione crescenti, e lui stesso è un temibile collerico: la BOID (Brigata Dipartimentale delle Operazioni e degli Interventi) da lui istituita, è artefice di numerose uccisioni, distruzioni e saccheggi[99].
Alla fine del suo mandato viene travolto dall’inchiesta sulla gestione fraudolenta dei fondi venezuelani del programma PetroCaribe[100]. Le indagini mettono sotto accusa Jean-Max Bellerive (primo ministro sotto Preval), Laurent Lamothe (primo ministro sotto Martelly), ex ministri delle finanze, dei lavori pubblici, dell’urbanistica, dell’agricoltura e della sanità, l’Ufficio per la Monetizzazione dei Programmi di Aiuto e Sviluppo e membri del Ministero della pianificazione[101]. Tra tumulti e proteste le elezioni vengono rinviate per tre anni, ma vengono annullate per frode, e l’Assemblea Nazionale, nel febbraio del 2016, elegge come presidente ad interim il senatore Jocelerme Privert, promettendo elezioni entro 120 giorni[102]. Verranno ritardate ancora[103] a causa dell’uragano Matthew[104], ci saranno solo a novembre ed a vincerle sarà un uomo scelto dallo stesso Martelly: Jovenel Moïse[105].
Un presidente poco amato
Jovenel Moïse nasce il 26 giugno 1968 da una famiglia di Trou-du-Nord, nel dipartimento del Nord-Est di Haiti. Suo padre Etienne Moïse è un commerciante, mentre la madre, Lucia Bruno, sarta. Si laurea in scienze politiche all’Université Quisqueya e si sposa nel 1966 con Martine Marie Etienne Joseph; si trasferisce a Port-de-Paix ed investe un esiguo capitale nella realizzazione di una piantagione di banane di 10 ettari, guadagnando, grazie al suo successo, il soprannome di “The Banana Man”[107]. Per contribuire al benessere sociale avvia un progetto per fornire acqua potabile alle aree rurali: con dei soldi presi personalmente in prestito, realizza un impianto per portare l’acqua nei dipartimenti nord-ovest e nord-est[108].
Nel 2004, diventa presidente della Camera di Commercio e Industria del Nord-ovest (CCINO) e successivamente segretario generale della Camera di Commercio e Industria di Haiti (CCIH)[109]. Nel 2008 partecipa alla fondazione della Haitian Energy Company SA, che realizza centrali solari ed eoliche in 10 comuni del dipartimento nord-occidentale. Nel 2012, a Trou-du-Nord, fonda la Agritrans SA e crea la prima zona di libero scambio agricolo di Haiti: ciò permette di realizzare più di una dozzina di progetti agricoli con 3000 posti di lavoro diretti e 10000 indiretti[110].
Nel 2015 entra in politica: il presidente Michel Martelly lo vuole come candidato presidenziale nel suo partito, il Tèt Kale (PHTK): in campagna elettorale Moïse promuove l’agricoltura bioecologica, un paese che punta sulla produzione agricola su piccola scala[111]. Spinge poi per le politiche di Martelly: scuola per tutti e assistenza sanitaria, riforma energetica, stato di diritto, posti di lavoro sostenibili, cura ambientale e sviluppo dell’ecoturismo e dell’agriturismo[112].
Moïse ottiene il 32,8% dei voti al primo turno, qualificandosi per il ballottaggio contro Jude Célestin. Ma le elezioni vengono contestate violentemente dai sostenitori del Fanmi Lavalas Party dell’ex presidente Jean-Bertrand Aristide, che rivendicano la vittoria di Maryse Narcisse[113]. Il 27 novembre 2016 si vota nuovamente, e stavolta Moïse vince al primo turno col 55,67% delle preferenze[114]. Il Presidente presta giuramento nel febbraio dell’anno successivo[115]. La sua fama di imprenditore lo precede: Agitrans, la sua azienda di banane, è considerata poco trasparente: secondo i leader delle associazioni di agricoltori nella zona di Trou-du-Nord, Moïse espropria migliaia di contadini e distrugge case[116].
Il leader coordinatore dell’organizzazione Action to Reforest and Defend the Environment, Milosten Castin, afferma che, senza preavviso, diversi bulldozer “hanno invaso la terra, distruggendo i raccolti e il foraggio utilizzato per il pascolo. Le ruspe hanno poi distrutto le case di almeno 17 famiglie, molte delle quali oggi rimangono senza tetto”[117]. In seguito alle proteste organizzate dal Movimento Contadino per lo Sviluppo di Deveren (MPDD), Agritrans concede ai proprietari delle case distrutte il ridicolo risarcimento compreso tra 40 e 700 dollari ciascuno[118]. Moïse nel contempo, grazie all’amicizia con Martelly, ottiene prestiti milionari dallo Stato per produrre banane ed esportarle[119].
Agritrans guida il progetto Noumbio, la prima zona franca agricola di Haiti, che viene approvato nel 2015 in accordo col Ministero del Commercio e dell’Industria (MCI) e la Direzione delle Zone Franche (DZF)[120]. Quest’accordo consente all’azienda di usufruire di vantaggi fiscali, di tariffari ridotti e ad uno speciale trattamento doganale. Inoltre, per la legge haitiana, le zone di libero scambio devono esportare almeno il 70% dei loro prodotti e questo, in un paese dove non si produce cibo a sufficienza per i propri cittadini, appare amaramente ironico[121]. Gli stessi haitiani rischiano di vedersi costretti a dover ricomprare da importatori stranieri lo stesso loro cibo esportato, ovviamente con prezzi enormemente lievitati.
Il Presidente Moïse si ritrova a gestire un paese nella totale instabilità. Agisce con crescente autoritarismo circondandosi di funzionari scelti personalmente[123]. Quando nel 2020 la maggior parte di incarichi scadono, non indice elezioni, ma mantiene tutti nei loro ruoli. Fa lo stesso con 141 comuni haitiani, nominando personalmente i sindaci, e per chi protesta ci sono gli interventi “speciali” delle forze di sicurezza[124].
Il 31 maggio 2019, il senato haitiano riceve un rapporto di 600 pagine relativo all’indagine sull’accordo col Venezuela denominato PetroCaribe[125], col quale Caracas si impegna a fornire petrolio in prestito ad Haiti posticipando di 25 anni i pagamenti. Il governo haitiano avrebbe dovuto, con i soldi risparmiati, sviluppare l’economia e finanziare programmi sociali ma, secondo il rapporto, due miliardi di dollari sono scomparsi[126]. L’ex governatore della Banca centrale di Haiti, Fritz Jean, afferma: “È un’occasione mancata per Haiti. Il volume delle transazioni PetroCaribe è stato pari a 4,5 miliardi di dollari. Il debito era una parte di esso, circa 2,1 miliardi di dollari. Un enorme spreco. I soldi sono nascosti nei paradisi fiscali. Avremmo potuto utilizzare questo finanziamento, circa 2 miliardi di dollari, per raddoppiare o triplicare il loro valore attraverso degli investimenti”[127].
La rabbia popolare monta: agli occhi del popolo Moïse è un corrotto, un dittatore, il responsabile dell’aumento dell’inflazione, della carenza di carburante, della povertà, artefice unico del crescente disagio[128]. Le proteste dilagano, si susseguono gli scioperi: nell’autunno del 2019 viene dato il via al Peyi Lock, una protesta che paralizza Haiti per tre mesi, facendo mancare i servizi essenziali, interrompendo i trasporti, bloccando gli aiuti alimentari, aggravando la disperazione di molte famiglie – perché, secondo le Nazioni Unite, un haitiano su tre, ovvero 3,7 milioni di persone, ha bisogno di assistenza alimentare quotidiana[129]. Il caos minaccia anche l’assistenza sanitaria, in una situazione aggravata anche dal Covid-19: i primi vaccini arrivano soltanto nella metà del luglio di quest’anno[130].
La capitale è ormai in mano alle bande criminali – l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ne individua almeno 95[131] che assediano i quartieri più poveri seminando morte e distruzione, costringendo decine di migliaia di cittadini a fuggire dalle proprie case. In testa ad alcune gang ci sono anche ex poliziotti, come il potente Jimmy Cherizier, soprannominato Barbecue per il suo gusto di bruciare le persone all’interno delle loro case[132].
Costui è a capo della cosiddetta federazione “G9” di nove bande, sospettato di aver massacrato dozzine di donne, uomini e bambini, ma nel suo quartiere è un idolo protettore[133]. Si sovvenziona, come gli altri capibanda, facendo affari con la polizia e politici locali corrotti, con i rapimenti, il traffico di droga e armi, i saccheggi e, attraverso una vera e propria attività amministrativa, gestisce il suo quartiere facendo funzionare i servizi che il governo ha ormai abbandonato, come pulire le strade, assistere chi ha bisogno, difendere il quartiere dalle altre bande[134]. Ed ora, sentendosi forte, si dichiara rivoluzionario e dichiara guerra allo Stato[135].
L’omicidio di Jovenel Moïse si incastona in questo clima folle: il responsabile potrebbe dunque essere chiunque, le motivazioni molteplici, in un clima di totale ingovernabilità basta scegliere nel mazzo. Bande armate, oppositori politici, militari delusi, mercenari, semplici balordi, imprenditori: tutti odiavano Moïse[137]. Si sospetta un regolamento di conti interno al palazzo, ma non si esclude nemmeno l’ingerenza estera[138]. Ma, a questo punto, poco importa chi siano i mandanti.
Il presidente è stato ucciso dall’anima stessa di Haiti, dal suo destino, dalla sua miseria. La mancanza di un potere esecutivo legittimo, un potere legislativo inane, l’estremo indebolimento delle istituzioni, tutto ciò espone la vulnerabile popolazione di Haiti al disastro economico, alla criminalità e alla violenza politica. Ci sarà un nuovo aumento degli sfollati e dell’emigrazione, in particolare nella vicina Repubblica Dominicana, dove le autorità hanno già chiuso il confine[139].
Perché Haiti è l’inferno, torturato dalle superstizioni violente del voodoo, calpestato da secoli di conquistatori e dittatori locali. L’indignazione della comunità internazionale espressa a seguito dell’omicidio del presidente[140], appare ipocrisia, se non sarcasmo, soprattutto quando a pronunciarsi sono proprio gli artefici storici delle peggiori nefandezze perpetrate nei confronti del popolo haitiano. Un popolo che non sa nemmeno immaginare quale potrebbe essere la via per poter risorgere.
[1] https://www.ilpost.it/2021/07/09/haiti-assassinio-presidente-jovenel-moise-sospettati/
[2] https://www.ilpost.it/2021/07/09/haiti-assassinio-presidente-jovenel-moise-sospettati/
[3] https://www.bbc.com/news/world-latin-america-57758864
[4] https://news.sky.com/story/haiti-president-assassinated-american-among-six-people-held-over-killing-of-jovenel-moise-12351903
[5] https://www.washingtonpost.com/world/2021/07/09/probe-into-haitian-presidents-assassination-reaches-beyond-nations-borders/
[6] https://www.washingtonpost.com/world/2021/07/09/probe-into-haitian-presidents-assassination-reaches-beyond-nations-borders/
[7] https://edition.cnn.com/2021/07/07/americas/haiti-explainer-jovenel-moise-assassination-cmd-intl/index.html
[8] https://aldianews.com/articles/politics/haiti-prime-minister-suspect-presidents-murder/65623
[9] https://noticias.caracoltv.com/mundo/viuda-de-jovenel-moise-relato-detalles-del-magnicidio-de-su-esposo
[10] https://aldianews.com/articles/politics/haiti-prime-minister-suspect-presidents-murder/65623
[11] https://edition.cnn.com/2021/07/14/americas/haiti-moise-security-head-intl-hnk/index.html
[12] https://www.reuters.com/world/americas/haiti-justice-min-ex-official-could-have-ordered-moise-killing-colombia-police-2021-07-16/
[13] https://www.france24.com/en/americas/20210719-haitian-pm-who-took-control-after-president-s-assassination-agrees-to-step-down
[14] https://www.france24.com/en/americas/20210727-top-haitian-security-chief-arrested-over-presidential-assassination
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[21] https://www.sjsu.edu/faculty/watkins/haiti.htm
[22] https://www.sjsu.edu/faculty/watkins/haiti.htm
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[33] https://theconversation.com/when-france-extorted-haiti-the-greatest-heist-in-history-137949
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[36] https://theconversation.com/when-france-extorted-haiti-the-greatest-heist-in-history-137949
[37] http://piketty.pse.ens.fr/files/Henochsberg2016.pdf
[38] http://piketty.pse.ens.fr/files/Henochsberg2016.pdf
[39] https://www.britannica.com/biography/Jean-Pierre-Boyer
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[42] http://www.travelinghaiti.com/decades-instability/
[43] Jean Price-Mars, “Vilbrun Guillaume-Sam, ce méconnu”, Imprimerie de l’État, Port-au-Prince 1961
[44] http://www.travelinghaiti.com/decades-instability/
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[110] https://www.haitilibre.com/en/news-15872-haiti-portrait-who-is-jovenel-moise.html
[111] https://documents1.worldbank.org/curated/en/319651467986293030/pdf/97341-SCD-P150705-IDA-SecM2015-0130-IFC-SecM2015-0071-MIGA-SecM2015-0046-Box391466B-OUO-9.pdf
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[113] https://www.reuters.com/article/us-haiti-elecion-idUSKBN13O08P?il=0
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[115] https://www.lemonde.fr/international/article/2017/02/07/jovenel-moise-investi-president-d-haiti_5076093_3210.html
[116] https://nacla.org/news/2016/01/22/haiti%E2%80%99s-fraudulent-presidential-frontrunner-seizes-land-his-own-banana-republic
[117] https://nacla.org/news/2016/01/22/haiti%E2%80%99s-fraudulent-presidential-frontrunner-seizes-land-his-own-banana-republic
[118] https://nacla.org/news/2016/01/22/haiti%E2%80%99s-fraudulent-presidential-frontrunner-seizes-land-his-own-banana-republic
[119] https://www.haitilibre.com/en/news-12257-haiti-agriculture-$27m-for-the-production-of-bananas-for-export.html
[120] http://www.mci.gouv.ht/index.php?option=com_content&view=article&id=230%25252525253Acreation-de-la-1ere-zone-frcreation-de-la-1ere-zone-franche-agricole-haitienneanche-agricole-haitienne&lang=fr
[121] https://nacla.org/news/2016/01/22/haiti%E2%80%99s-fraudulent-presidential-frontrunner-seizes-land-his-own-banana-republic
[122] https://www.reuters.com/article/us-haiti-protests-explainer-idUSKBN1WQ22P
[123] http://hrp.law.harvard.edu/wp-content/uploads/2021/04/Killing_With_Impunity-1.pdf
[124] http://hrp.law.harvard.edu/wp-content/uploads/2021/04/Killing_With_Impunity-1.pdf
[125] https://www.cijn.org/petrocaribe-country-report-haiti/
[126] https://time.com/5609054/haiti-protests-petrocaribe/
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[128] https://www.reuters.com/article/us-haiti-hunger-feature-idUSKBN20D1UP
[129] https://www.reuters.com/article/us-haiti-hunger-feature-idUSKBN20D1UP
[130] https://www.paho.org/en/news/17-7-2021-start-covid-19-vaccination-campaign-haiti-first-persons-vaccinated-less-48-hours
[131] https://edition.cnn.com/2021/07/01/americas/haiti-violence-death-june-intl-latam/index.html
[132] https://historica.fandom.com/wiki/Jimmy_Cherizier
[133] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/3719270
[134] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/3719270
[135] https://www.aljazeera.com/news/2021/6/24/haiti-gang-leader-declares-revolution-as-violence-spreads
[136] https://news.cgtn.com/news/2021-07-12/Haiti-police-arrest-suspected-mastermind-in-president-assassination-11PMlc8xMRO/index.html
[137] https://english.elpais.com/usa/2021-07-08/jovenel-moise-a-president-surrounded-by-too-many-enemies.html
[138] https://globalnews.ca/news/8029355/haiti-president-assassination-venezuela/ ; https://english.elpais.com/usa/2021-07-08/jovenel-moise-a-president-surrounded-by-too-many-enemies.html
[139] https://dominicantoday.com/dr/uncategorized/2021/07/07/dominican-republic-shutters-its-border-with-haiti/
[140] https://www.aljazeera.com/news/2021/7/7/world-reacts-to-horrific-assassination-of-haitis-president
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