Guerra civile siriana: Manifesti raffiguranti Bashar al-Assad

Geopolitica

Guerra civile siriana: i ribelli conquistano Damasco, Assad scompare, il mondo in allerta

Svolta nella guerra civile siriana: le forze eterogenee che compongono il fronte dei ribelli hanno preso Damasco, il dittatore Assad è scomparso, il mondo trattiene il fiato

8 Dicembre 2024

La guerra civile siriana a un punto di svolta: i ribelli hanno conquistato Damasco, cuore pulsante del regime di Bashar al-Assad, la cui sorte rimane un mistero. La caduta della capitale segna il crollo di uno dei regimi più longevi e spietati del Medio Oriente, che durava dal 2000, quando Assad fu nominato a successore dal padre. Le ripercussioni per l’equilibrio geopolitico della regione e del mondo sono incalcolabili.

Chi sono i ribelli?

I ribelli che hanno preso Damasco sono un mosaico di forze eterogenee, unite più dall’ostilità verso Assad che da una visione politica condivisa. Tra loro ci sono il Fronte Nazionale per la Liberazione della Siria, coalizione di fazioni moderate sostenuta da Stati occidentali e Turchia; le formazioni islamiste come Hayat Tahrir al-Sham, considerate estremiste; e gruppi curdi, come le Forze Democratiche Siriane (SDF), che rivendicano autonomia per il nord-est del Paese.

Nonostante l’apparente vittoria nella guerra civile, le profonde differenze ideologiche e territoriali tra queste fazioni pongono il rischio di nuovi conflitti interni, facendo temere che la Siria possa diventare un nuovo teatro di lotte intestine.

Le reazioni internazionali

La comunità internazionale segue con apprensione gli eventi. Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha definito la situazione “un punto di svolta per il Medio Oriente”, ribadendo il sostegno alle forze ribelli moderate e invitando alla creazione di un governo di transizione inclusivo. Il presidente eletto Donald Trump, quando manca poco più di un mese al suo incarico, ha detto che “gli Usa non devono farsi coinvolgere dal caos”, confermando la linea isolazionista in politica estera che gli osservatori e analisti accreditavano come la più probabile, in caso di vittoria di Trump.

Dall’altra parte, la Russia, storico alleato di Assad, ha espresso preoccupazione. Il Presidente Vladimir Putin ha dichiarato: “La destabilizzazione della Siria è una minaccia per la sicurezza globale”, accennando alla possibilità di una risposta militare per proteggere i propri interessi nella regione, soprattutto nelle basi militari di Tartus e Hmeimim.

La Turchia, sotto la guida di Recep Tayyip Erdoğan, si è congratulata con i ribelli ma ha anche ammonito sul rischio di un vuoto di potere che potrebbe favorire il ritorno di gruppi estremisti come lo Stato Islamico. Intanto, l’Iran, altro alleato chiave di Assad, ha promesso sostegno alle milizie sciite ancora attive nel Paese.

L’Unione Europea ha lanciato un appello per una soluzione diplomatica, sottolineando la necessità di una ricostruzione guidata dalle Nazioni Unite, ma il suo peso geopolitico appare limitato rispetto ad altri attori.

Il mistero sulla sorte di Assad

La scomparsa di Bashar al-Assad, al culmine della guerra civile siriana, alimenta speculazioni. Fonti locali riferiscono che il leader siriano avrebbe lasciato il Paese poco prima della caduta di Damasco, forse diretto in Iran o in Russia. Tuttavia, altre ipotesi parlano di un possibile assassinio orchestrato da figure interne al regime, o di una fuga per evitare un processo internazionale.

La mancanza di informazioni certe aggrava l’incertezza e potrebbe avere effetti destabilizzanti, favorendo rivalità tra le fazioni ribelli e complicando gli sforzi per stabilizzare il Paese.

Conseguenze geopolitiche

La caduta di Assad e il trionfo dei ribelli potrebbero ridisegnare la mappa geopolitica del Medio Oriente. La Siria, tradizionale alleato di Mosca e Teheran, rischia di perdere il suo ruolo strategico come ponte tra Iran e Mediterraneo. Questo potrebbe ridurre l’influenza iraniana nella regione, un obiettivo perseguito da Israele e Stati Uniti.

D’altra parte, un vuoto di potere in Siria potrebbe innescare una competizione tra Turchia, Arabia Saudita e altri attori regionali per influenzare il futuro del Paese. Il rischio di una frammentazione simile a quella della Libia è concreto, con le fazioni ribelli che potrebbero dividersi il territorio in zone di influenza.

Sul fronte internazionale, la caduta di Damasco potrebbe rafforzare la percezione di un declino della capacità russa di sostenere i suoi alleati, in un momento in cui Mosca è già sotto pressione per il conflitto in Ucraina. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti potrebbero vedere nella crisi siriana un’opportunità per riaffermare il loro ruolo in Medio Oriente, dopo anni di parziale disimpegno.

Una crisi umanitaria senza precedenti

A livello interno, la Siria affronta una delle peggiori crisi umanitarie della sua storia, che si somma alle conseguenza di una gurra civile che si protrae da molti anni. Con oltre 13 milioni di sfollati e infrastrutture devastate da anni di guerra, il Paese necessita di aiuti immediati. La comunità internazionale è chiamata a fornire sostegno, ma le divisioni geopolitiche rischiano di ostacolare gli sforzi di ricostruzione.

Conclusioni

La caduta di Damasco segna un punto di svolta nella guerra civile siriana, ma non una fine. Il futuro del Paese appare incerto, con il rischio di nuovi conflitti e tensioni geopolitiche. La comunità internazionale ha ora l’occasione di agire per evitare che la Siria rimanga intrappolata in un ciclo di violenza e instabilità, ma serviranno visione e unità per costruire una pace duratura.

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