Geopolitica
Gli sbocchi costituzionali della crisi governativa in Germania
La crisi dei colloqui preliminari alla formazione di un nuovo governo in Germania è rimbalzata ogni dove e gli sviluppi sono seguiti con preoccupazione non solo all’interno del Paese. Tanto che Angela Merkel in due interviste televisive alle televisioni pubbliche ARD e ZdF ha voluto assicurare subito che la Germania è comunque governata stabilmente e che non intende ritirarsi.
Il tono con il quale il Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier si è rivolto all’indirizzo dei partiti ammonendoli di non sottrarsi alla loro responsabilità di formare un nuovo gabinetto secondo il mandato consegnato loro dagli elettori il 24 settembre, ha peraltro sottolineato la serietà della situazione che si è venuta a creare per la prima volta nella storia postbellica del Paese. Se si inceppasse la Germania, rischierebbero tra l’altro di saltare anche tutti i progetti di riforma dell’Unione Europea accarezzati dal Presidente francese Emmanuel Macron e da quello della stessa Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Non stupisce quindi che Angela Merkel abbia avuto oggi uno scambio di vedute a distanza anche con l’Eliseo.
La Costituzione tedesca pone la gestione della crisi adesso sulle spalle di Steinmeier, che dovrà usare tutta l’arte della diplomazia già appresa da Ministro degli Esteri. Dopo aver incontrato già lunedì la Cancelliera, vedrà i leader di tutti gli altri partiti che sono stati fin qui impegnati nei colloqui infruttuosi per formare il Governo; quelli degli altri partiti con i quali si intravvedano convergenze ipoteticamente possibili, leggasi i suoi vecchi compagni del partito socialdemocratico che fin qui hanno detto no ad una riedizione della grande coalizione; i presidenti dei due rami del Parlamento e della Corte Costituzionale; potrà decidere di nominare un nuovo candidato Cancelliere, probabilmente Angela Merkel, indicandogli di presentarsi al Parlamento.
Il Bundestag dovrà quindi accettare esprimendosi a maggioranza assoluta, o rigettarne la candidatura. Se non venisse raggiunto un numero di voti favorevoli del 51% il Parlamento avrebbe però ancora la possibilità di scegliere e votare entro due settimane un suo candidato alternativo. Anche questi però dovrebbe conseguire almeno il 51% dei voti favorevoli. Se neanche nella seconda votazione si raggiungesse una maggioranza assoluta il Bundestag dovrebbe dare corso, senza ritardo, ad una terza votazione a maggioranza semplice, in esito alla quale poi la questione ripasserebbe al Presidente della Repubblica. Steinmeier avrebbe allora due opzioni: o nominare il candidato entro sette giorni a Cancelliere, mettendolo in condizione di avviare nuovi colloqui per la formazione di un Governo, probabilmente di minoranza; oppure di sciogliere il Parlamento, il che porterebbe a nuove elezioni entro 60 giorni con tutte le incognite del caso.
Angela Merkel si è detta scettica sull’avvio di un governo di minoranza che si dovrebbe giostrare sempre su equilibri diversi in entrambi i rami del parlamento Bundestag e Bundesrat, e che quindi avrebbe sempre fiato corto per manovre legislative di larga portata. All’interno dell’Unione dei partiti cristiani la sua posizione resta sempre indiscussa, ma è innegabile che cova pur sempre un certo malumore per il risultato elettorale punitivo per il partito. Dalla lunga maratona dei colloqui abortiti per arrivare ad una nuova inedita coalizione a 4 con i liberali ed i verdi esce indebolita. Inoltre il panorama all’interno dell’Unione è disturbato pure dalla lotta intestina per la guida della CSU bavarese in atto tra Horst Seehofer e Markus Söder. Ad una domanda diretta degli anchormen della ZdF se a questo punto, nonostante tutto, potrebbe pensare di formare un governo di minoranza solo con i Verdi, ha fuggevolmente indicato che si potrebbe immaginare anche altre costellazioni. La risposta lascia trasparire che più che con la FDP, che pure ha abbandonato le trattative nonostante che per Angela Merkel il traguardo fosse stato in vista, è stata forse la persistente distanza tra Verdi e CSU il problema maggiore. Che il presidente dei liberali Christian Lindner d’altronde torni sul suo rifiuto dopo aver detto che “è meglio non governare, che governare male” e la sua alla fine risulti essere stata solo una spregiudicata mossa al rialzo, pare tuttavia poco credibile, giacché in un’intervista televisiva alla ARD, nella serata di lunedì, ha smentito Angela Merkel dicendo che sul tavolo delle trattative c’erano ancora 237 punti di dissenso. Parimenti inaspettato, anche se non escluso, che Steinmeier muova Martin Schulz ad accettare, per il bene del Paese, un prosieguo della Grosse Koalition. Dopo che la SPD però si è vista punita dalle urne per i compromessi come junior partner della CDU/CSU, tra 4 anni il partito rischierebbe un risultato elettorale ad una sola cifra.
Gli osservatori quindi danno per probabile una lunga gestazione fino a nuove elezioni. Da queste però oggi non si riesce ad intravedere affatto se potrebbero scaturire grossi spostamenti elettorali rispetto al 24 settembre; né, se poi sensibili fluttuazioni ci fossero, si addiverrebbe ad una situazione più stabile e non invece ad una polarizzazione più marcata dalla quale né la Germania, né l’Europa, trarrebbero vantaggio. Angela Merkel peraltro ha dichiarato che si era candidata per servire il Paese per altri quattro anni e che anche se non auspica nuove elezioni si ripresenterebbe alla guida dell’Unione dei partiti cristiani, rivendicando che i colloqui avuti negli ultimi due mesi hanno portato CDU e CSU su una base più stabile, non ultimo anche sul tema, per lungo tempo legato ad uno scontro acceso, della gestione dell’immigrazione.
Qualunque saranno le scelte di Frank-Walter Steinmeier è comunque altamente improbabile che i tedeschi avranno un nuovo Governo entro Natale, al contrario di quanto esponenti della CDU/CSU e lo stesso neo Presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble avevano ottimisticamente lasciato loro sperare.
Testo ed immagine di copertina: riproduzione riservata.
Devi fare login per commentare
Login