Geopolitica
Germania, niente coalizione: immigrati, Europa e banche sono i nodi irrisolti
Le trattative per il Governo “Jamaika” (CDU di Merkel, CSU bavarese, Verdi e Liberali FDP) sono saltate su 2 temi principali: immigrazione e finanze. Molti hanno pensato che lo scontro su questi due temi sarebbe emerso in sede di governo, nei prossimi quattro anni, dopo uno sforzo di difesa istituzionale dalla disgregazione dei vecchi equilibri. Non è stato così, almeno per ora.
Il primo tema è l’immigrazione. Non si tratta solo dei ricongiungimenti e delle quote d’ingresso, si tratta di decidere il futuro ideologico della società multiculturale in Germania, si tratta di decidere cosa sarà la Germania fra 10-20-50 anni. Il tema è sentito in maniera viscerale, come in tutto il resto d’Europa, perché definisce l’essenza stessa dell’identità politica e culturale della Germania, e poco importa se la razionalità demografica impone la necessità di sostenere il welfare di un popolo sempre più vecchio. Qua siamo di fronte a una questione di Weltanschauung, che non a caso è una parola tedesca, una parola decisiva, esigente, potente. La questione immigrazione è stata negli ultimi anni incastrata nei soli paradigmi del razzismo e dell’antirazzismo, paradigmi che sono chiaramente insufficienti per cogliere la complessità delle dinamiche in corso e i loro effetti sull’Europa, ad esempio sul piano geopolitico.
Il secondo tema è finanziario. Anche qui, non si tratta unicamente di decidere fino a che punto le banche tedesche vogliano essere intransigenti con i propri debitori e quanto si voglia essere cattivi con i partner dell’euro. No, si tratta di decidere se la Germania vorrà continuare a essere formalmente europeista – soprattutto lasciando flessibilità all’alleato che conta e che serve, il governo francese di Macron – oppure se si voglia ufficialmente iniziare anche a Berlino (o. meglio, a Francoforte) con quel radicale nazionalismo finanziario che sembra destinato a formare il mondo che viene. Non che fino a oggi la Germania europea non abbia fatto i propri interessi, ma qua stiamo parlando anche di rivendicarli apertamente, il che è un cambio di ritmo non indifferente, oltre che il crollo evidente della classica costruzione europea.
E ora?
-Governo di minoranza? Tanti auguri, sarebbe un percorso a ostacoli impressionante in cui Merkel rischierebbe di non reggere i 4 anni. Un governo debole in questo momento sarebbe un vero problema per l’economia e la geopolitica tedesche.
-Ritorno della Große Koalition tra CDU-CSU e la SPD? Ci vuole un ammutinamento interno alla SPD, un evento che non è da escludere, visto lo stato disastrato dei socialdemocratici e il peso strategico della figura del Presidente della Repubblica Steinmeier (socialdemocratico).
-I liberali potrebbero ripensarci? Difficile, ma non impossibile, vista la spregiudicatezza mostrata in questi giorni, in cui è emersa una strategia precisa, studiata da tempo, capace di far valere incredibilmente tanto il proprio 10,7% dei voti e approfittando consapevolmente del proprio ruolo di ultima diga a destra.
-Chiaramente per uscire da questa situazione, da un punto di vista prettamente teorico, la cosa migliore sarebbe votare di nuovo: che i verdi facciano i verdi, che i neri facciano i neri, che i gialli facciano i gialli e che non si speri più nelle solidarietà da arco costituzionale (quei tempi sono passati, la pressione del mondo esterno è troppo forte). La strada delle nuove elezioni, però, sarebbe uno shock politico non indifferente per molti tedeschi. Se è facile capire chi stia puntando ad approfittare di un ritorno alle urne (liberali FDP, ad esempio) non è altrettanto facile capire se si tratterebbe di una scommessa vincente. Le prossime ore e i prossimi giorni saranno decisivi per determinare chi saprà vendersi meglio sulle macerie delle trattative. Comunque vada, i tempi rischiano di diventare lunghi.
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