Geopolitica
Germania – Export di armi raddoppiato nell’ultimo anno
Tra i clienti più affezionati c’è l’Arabia Saudita, tra i contratti più grandi c’è quello da 1,6 miliardi di € con il Qatar. Si trova ora in difficoltà il Ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, che aveva promesso maggiori restrizioni delle esportazioni, soprattutto verso gli stati non alleati della Germania.
Con la presentazione del cosiddetto Rüstungsbericht (rapporto sugli armamenti) vengono resi noti i dati sulle esportazioni dell’industria di armi tedesca nel 2015 e nella prima metà del 2016. I dati sono stati anticipati dal quotidiano “Die Welt”.
I numeri parlano chiaro: nello scorso anno si è verificato un incremento da record dell’export di armamenti. Si è passati da esportazioni per 3,97 miliardi di euro, nel 2014, a una cifra di 7,86 miliardi di euro nel 2015. La Germania resta così solidamente tra i primi paesi esportatori di armi al mondo.
Secondo alcuni, questi numeri andrebbero ulteriormente incrementati, ipotizzando esportazioni che diverse aziende non sono tenute a segnalare o riescono a non dover sottoporre al controllo governativo.
L’autorizzazione governativa del Bundessicherheitsrat, sulla cui attività è basato il Rüstungsbericht, resta comunque il passaggio cruciale per tracciare le dimensioni dell’attività di esportazione di armi.
Il Bundessicherheitsrat si occupa delle politiche di sicurezza della Repubblica Federale di Germania e ha, tra gli altri, il compito di monitorare e filtrare l’export di armamenti delle aziende tedesche. L’organo è formato da nove membri del Governo, tra cui il Cancelliere e i Ministri della Difesa, degli Esteri e dell’Economia.
Al momento del suo insediamento come Ministro dell’Economia, Sigmar Gabriel (SPD) aveva dichiarato di voler ridurre le esportazioni di armi dalla Germania, posizionandosi in maniera critica nei confronti dell’export verso alcuni paesi dalle strategie militari ambigue o instabili, ad esempio l’Arabia Saudita o specifici stati del Nord Africa.
Ora, proprio Sigmar Gabriel ha il compito di presentare il Rüstungsbericht e si trova costretto a giustificare un incremento così consistente del volume di vendite.
Gabriel non deve affrontare solo le critiche dei partiti più pacifisti del Parlamento (Verdi e Linke in testa).
C’è un’altra questione: se una parte delle esportazioni può essere presentata come una strategia di rafforzamento di eserciti alleati della Bundeswehr (Forze Armate della Germania), questo non vale per circa il 60% degli acquirenti dei prodotti bellici tedeschi, che sono esterni all’area Nato o all’UE.
Particolarmente criticato da una parte dei partiti è l’export verso il Qatar, con cui è stato siglato un contratto di 1,6 miliardi di euro, per un’importante vendita dei celebri Panzer Leopard 2.
Sigmar Gabriel si è giustificato dichiarando che l’accordo con il Qatar era già stato stipulato dai suoi predecessori (governo CDU+FDP), e che non poteva essere più annullato.
Per cercare di difendere la propria posizione, Gabriel ha anche provato a richiamare l’attenzione su quella che nel 2015 è stata l’effettiva diminuzione dell’esportazione di armi leggere, che sono scese da 47 a 32 milioni di euro di vendite. Cifre comunque poco importanti, se confrontate con i volumi dei contratti per carri armati, tecnologie avanzate, U-Boot e velivoli militari. Se è vero che le armi leggere rischiano più facilmente di andare disperse nei sanguinosi rivoli delle guerre civili e del terrorismo, gli armamenti pesanti segnano il destino dei sempre più disseminati ed estesi conflitti a sud e a est dell’Europa.
Conflitti tra cui sembra emergere soprattutto quello in Yemen, dove le monarchie della penisola araba sono impegnate in una sanguinosa e dimenticata guerra, e dove sembra vengano testate senza sosta le armi comprate sul mercato internazionale.
C’è di più. Oltre al record del 2015, il trend dell’industria bellica tedesca sembra confermarsi anche per quest’anno. Secondo i dati riportati da “Die Welt”, per i primi 6 mesi del 2016 l’export avrebbe già raggiunto quota 4,029 miliardi. Si tratta di un volume addirittura superiore a quello del record del 2015, visto che a luglio dello scorso anno le vendite erano ancora a 3,455 miliardi di euro.
Malgrado queste difficoltà e nonostante le contraddizioni del suo comportamento politico, l’imbarazzo di Sigmar Gabriel non sembra però in grado di scalfirne l’attuale ascesa: è su di lui che molti puntano come nuovo Cancelliere dopo Angela Merkel.
Anzi, con la sua politica sempre meno idealmente socialdemocratica, Gabriel si sta affermando come un uomo di governo che piace anche alla destra moderata e al mondo industriale.
Se oggi settori della politica e dell’opinione pubblica tedesca criticano aspramente la tolleranza in tema di esportazione di armamenti, un’altra parte trasversale del paese sembra piuttosto soddisfatta del risultato “produttivo” del solidissimo settore bellico, che contribuisce alla crescita industriale e al tasso di occupazione nazionale.
Alcuni rappresentanti della CDU chiedono addirittura un laissez faire ancora più pronunciato in tema di export di armi, dichiarando che la Germania applicherebbe già restrizioni più severe di altri paesi europei.
Piaccia o meno, affrontare questi dati e analizzare queste dinamiche di mercato fa emergere una viscerale e inestinguibile questione morale, oltre che evidenziare l’importanza dell’industria bellica nei reali equilibri dei mercati globali.
Non solo. Anche da un punto di vista di mera strategia geopolitica, va notato come l’attuale e convulso scenario internazionale offra ben poche garanzie in merito a diversi acquirenti di armi made in Germany. Nessun governo consapevole e lungimirante dovrebbe più trascurare questo dettaglio.
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foto: Panzer Leopard 2A4 dell’esercito austriaco, produzione tedesca. (da Wikimedia, fonte)
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