Geopolitica

Fermate i falchi tedeschi, la Grexit porterebbe gli investitori lontano da qui

12 Luglio 2015

Brutto risveglio per la Merkel quello che la vede alle prese con un piano Grexit del quale non è stata subito messa al corrente e che il falco Schaeuble ha preparato notte tempo con l’evidente complicità di alcuni storici alleati del Nord Europa, (Finlandia, Estonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia), ove le istanze europeiste son più che evidenti. Così più che del rimpasto che avverrà nel Governo greco, se il piano di aiuti dovesse passare al vaglio dei leader europei per espellere i dissidenti del voto del Parlamento greco di venerdì sera, ora si parla molto di più di quello tedesco e dell’effetto domino sulla tenuta di certe alleanze di Governo, in primis quella finlandese.

Dopo le variabili esogene, legate anche a un contesto geopolitico complicato dal riaffiorare delle tensioni USA/Russia a scapito dell’UE, son quelle endogene ed eminentemente il rischio politico che si esprime a tutti i livelli e si scarica sui mercati finanziari a preoccupare gli investitori.

In primis le mosse a sorpresa di Tsipras (a mercati aperti!), che invece di  mettere sull’avviso proprio quelle correnti indipendentiste su come le “false promesse” sono un boomerang economico devastante, sta mettendo sotto pressione ulteriore i periferici ed i mercati azionari europei nel loro complesso. Soprattutto Spagna e Portogallo si sono inseriti in una listi di indecisi rispetto al Piano greco per evitare di esacerbare gli animi all’interno appoggiando di fatto chi vuole evitare quella “meritata Grexit”, secondo l’animo di Schaeuble.

Del resto, anche la decisione finale sulle linee emergenziali ELA per le banche greche oramai ha assunto  un significato politico. Così molti si chiedono, indipendentemente da come andrà a finire il braccio di ferro all’interno dell’Eurogruppo, dopo che il meeting a 28 è stato annullato, come regolarsi sull’ingente esposizione sui mercati europei soprattutto alla luce di un rialzo dei tassi Usa di 25 punti base già scontato e che si concretizzerà entro il meeting di dicembre.

La spinta a diversificare su dollaro Usa, sterlina inglese resta così molto evidente esattamente come la fuga da alcune delle “commodities’ currencies”: quelle divise come dollaro australiano e rand sudafricano, fiaccate dalla fine del Superciclo delle commodities e in un impasse data dall’attesa spasmodica di un segnale di miglioramento dalla congiuntura cinese.

I greci stanno pagando lo scarso tributo di consenso e fiducia definitivamente esauritesi con le furberie di Tsipras e le bizze dei membri di Syriza, ma non per questo la popolazione greca deve pagarne un prezzo inaffrontabile, come quella dell’ipotesi dei falchi tedeschi di 5 anni di “purgatorio”. Si sa che, tecnicamente e legalmente, la Grexit è terra di nessuno, quindi gli effetti saranno pagati ancora dai periferici e la fuga definitiva dall’UE degli investitori esteri sarebbe praticamente inevitabile. Mantenere il posizionamento sui mercati europei è diventato sempre più un atto di “fede” ma resta la scelta più interessante in un panorama globale estremamente volatile e incerto.

Molti analisti ormai si chiedono se non sarebbe meglio che la Germania uscisse dall’UE di fronte a questo ennesimo colpo di mano che in casa tedesca sta provocando uno sconquasso politico, e sta fiaccando ulteriormente la tenuta dell’asse franco-tedesco. Difatti  siamo vicini ad una decisione finale per la ripresa del negoziato e per finalizzare un piano con il consenso della BCE a rinnovare le linee legato all’imposizione al Parlamento greco a votare preventivamente sull’attuazione delle misure più urgenti. La stabilità dell’Eurozona e la messa in sicurezza del sistema Paese greco son le priorità: ora come ieri.

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