Geopolitica
Enrico Letta : “Contro venti e maree”
Che bisogna fidarsi fino ad un certo punto delle opinioni degli altri, anche se questi altri sono penne autorevoli, ne è esempio quanto ho potuto leggere sull’interessante saggio-intervista “Contro venti e maree. Idee sull’Europa e sull’Italia” di Enrico Letta che racchiude le risposte dell’Autore alle provocazioni di Sébastien Maillard, pubblicato dal “Il Mulino”. Ciò che viene fuori dai recensori è, infatti, l’idea che questo libro sia una sorta di risposta, magari colta, a Matteo Renzi, colui che la stampa italiana ha individuato come il falso amico e il traditore dell’ex premier italiano oggi preside della prestigiosa PSIA (Paris School of International Affairs). Di tutto questo però, lo si scopre scorrendo le pagine dense di riflessioni, “alte” a parte qualche cenno soprattutto nella introduzione, c’è però poco o, meglio ancora, quasi nulla ma, in compenso, c’è molto invece di utile per aiutare il lettore a comprendere il perché l’Europa unita, una Europa condivisa che al livello verticale privilegia il livello orizzontale del potere, sia una scelta obbligata e perché anche l’euro, la tanto contestata moneta unica, sia lo strumento necessario. Scrive Letta che “grazie alla scelta di essere in Europa, di aver voluto l’euro e di avere voluto l’Italia nell’euro fin dall’inizio, oggi siamo ancora a galla”. Proprio riflettendo sull’euro e rispondendo ai detrattori italiani, l’Autore fa notare che il problema non l’ha creato l’euro ma l’esistenza di un debito pubblico che è figlio di una stagione che precede l’adozione della moneta unica la quale, per una ragione indipendente da essa, è cominciata a circolare in un momento di crescita alimentando l’idea di far lievitare i prezzi. Da irriducibile europeista, Letta riconosce, però che quel sogno europeo nel quale ha creduto e crede ancora si trova ad attraversare un momento difficile dovuto alla diffusione, fra la gente, di una percezione poco corretta della stessa Europa che si concretizza nella convinzione che vi sia un paese, in questo caso la Germania, che grazie alla sua forza economica domina e condizione gli altri. “La Germania, aggiunge Letta, si considera la virtù mentre dagli altri viene percepita come vizio”, ma per andare avanti è necessario comprendere meglio le virtù tedesche e farne riferimento piuttosto che demonizzare questo Paese. Proprio questo concetto di prevalenza o dominio è il contrario del significato che l’Europa deve avere che si può sintetizzare nella “unione di minoranze” secondo la definizione di Prodi. Tornando al concreto, Letta rileva che, in questo momento l’Europa, sta subendo tutte insieme, una serie di crisi che ne condizionano il futuro. Crisi economica, crisi dovuta all’immigrazione, crisi dovuta al Brexit, crisi dovuta al terrorismo sono temi che pesano sulle scelte da fare. Ma per affrontare queste crisi non serve meno Europa quanto, piuttosto, più Europa, l’esperienza dimostra, infatti, che solo l’Europa può dare una risposta. La crisi economica ha generato la caduta dei livelli occupazionali. Questa caduta la si è attribuita all’Europa e all’euro, si dimentica che, proprio negli anni in cui entra in scena l’euro, si afferma prepotentemente la rivoluzione Tecnologica e la rivoluzione nei commerci, determinata dall’allargamento dell’OMC, di cui è protagonista il gigante cinese. Le nostre società non preparate a questa transizione ne hanno subito le conseguenze negative. Ed allora, per affrontare questi problemi si pensa che queste crisi possano essere affrontate a livelli non certamente piccoli, come ad esempio gli antichi stati nazionali ? La risposta è ancora una sola, l’Europa è il solo strumento per potere affrontare questi problemi, un’Europa che deve fare passi avanti divenire quella “confederazione” sognata da Mitterand e, purtroppo ancora non realizzata. Stesso discorso vale per l’immigrazione, la cui responsabilità va attribuita alle politiche poco accorte degli Usa che hanno sconvolto gli assetti dei paesi di provenienza degli immigrati senza avere un progetto praticabile per dare agli stessi una soluzione. Sull’immigrazione, a parte il riferimento forte ai valori fondanti dell’Occidente dei quali i diritti umani sono pezzo forte, è evidente che le soluzioni non possono essere né quelle dei muri, né tanto più, come appare evidente, quelli delle singole risposte nazionali. Per ciò che riguarda il Brexit, dopo averne esaminato le cause, Letta ci indica anche alcuni risvolti positivi ricordando che il Regno Unito è stato un freno all’integrazione e che proprio l’U.K. ha goduto di condizioni privilegiate contrattate allora per favorirne l’ingresso in Europa. Oggi si potrebbe cogliere l’occasione per raggiungere alcuni traguardi che venivano impediti da questo freno a cominciare dal maggiore peso del Parlamento fra le istituzioni europee: un parlamento la cui funzione dovrebbe contribuire ad abbattere il lamentato deficit di democrazia che si addebita all’U.E. Ma quale deve essere oggi il ruolo dell’Europa nel contesto di un mondo globalizzato ? Cosa può offrire di originale e identitario l’Europa in un tempo in cui le tradizionali eccellenze prodotte nel vecchio continente non sono più esclusive dello stesso e anzi trovano competitor capaci di farle meglio e a costi più bassi ? Per Letta, bisogna cambiare strada, passare dalla forza economica determinata dalla potenza economica – condizione messe in forse dall’ingresso sulla scena mondiale di giganti economici con i quali è quasi impossibile la competizione – a una forza fondata sull’influenza e sull’attrattività dei nostri valori, a cominciare dalle libertà fondamentali e dai diritti umani. Saggiamente, l’ex presidente del consiglio, richiama infine la poca produttività del ripiegarsi, su se stessi magari autoflagellandoci. Dire noi europei abbiamo causato danni nel mondo ed ora questi danni si rivoltano contro di noi per cui la scelta da fare “è vivere senza voler pesare sul mondo”, è dunque quanto di più sbagliato ci possa essere. Il nostro ripiego, scrive Letta, serve a ben poco, la globalizzazione ci sovrasta e non possiamo chiuderci e non essere protagonisti di quanto accade. Il destino dell’Europa non può che essere quello di essere protagonista del mondo. Un’Europa che non cancella gli Stati nazionali ma che rappresenta un livello di identità superiore cosicché tutto quanto viene trattato a livello europeo non può essere che quello che gli stati nazionali non riescono a trattare nel rispetto del principio di “sussidarietà”. Le suggestioni e le riflessioni di Letta non si fermano a quelle che abbiamo sommariamente citato, ve ne sono tante a cominciare da quella che riguarda la necessità di “debruxellizzare” l’Unione o quella relativa alla necessità di maggiore condivisione nelle scelte o, ancora, della necessità di riconciliare democrazia e politica, ma soprattutto una, quella di fare dell’Europa il meglio e non, come finora è stato fatto, “l’alternativa al peggio”. Un libro dunque che è sì un atto di fede nell’istituzione Europa, ma anche un vademecum di cui gli attori della politica dovrebbero fare sicuramente tesoro.
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