Geopolitica
Elezioni in Francia, tutti temi politici dello scontro tra Macron e Le Pen
Macron contro Le Pen. Di nuovo. Al ballottaggio del 24 aprile si troveranno ancora i candidati che si sono sfidati nel 2017, forti delle loro prime due posizioni: il primo quasi con il 28% delle preferenze al primo turno e la seconda con più del 23%. La prima osservazione da fare è che entrambi, rispetto alle elezioni scorse, hanno aumentato i propri voti, visto che nel 2017, al primo turno delle presidenziali hanno avuto rispettivamente il 24% e il 21,3%. Tuttavia, ci sono molti altri elementi da analizzare che giungono dalla Francia. Il primo, probabilmente, è il risultato di Jean-Luc Mélenchon, arrivato terzo con il 22% a un passo dal ballottaggio. Il candidato settantenne de La France Insoumise, partito – per semplificare – di sinistra, è stato il più votato dai giovani nella fascia 18-34 anni, secondo le prime proiezioni. Un dato interessante che si unisce al fatto che la maggioranza di elettori tra i 35 e i 59 anni abbia votato invece Marine Le Pen mentre gli over 60, in buona parte, abbiano votato Emmanuel Macron. Alle urne si è recato il 74% degli aventi diritto, in calo rispetto alle elezioni del 2017, ma un numero più alto di quanto ci si aspettasse alla vigilia.
A destra molti voti di Eric Zemmour, di cui si è parlato molto durante la campagna elettorale visti i suoi eventi e le sue forti dichiarazioni, sono stati assorbiti da Le Pen. Zemmour ha preso il 7%, quando solo qualche mese fa sembrava potesse ambire al ballottaggio ed essere un personaggio potenzialmente esplosivo. Ha invece prevalso la linea del voto utile indirizzato verso la candidata di Rassemblement National che ha catalizzato i voti di destra del Paese. Anche perché Les Republicains di Valérie Pécresse hanno preso solo il 4,8%. Anche lei all’inizio della competizione elettorale sembrava potesse essere più influente e sperare in un piazzamento migliore. La deriva dei gollisti è pari solo a quella dei socialisti, l’altra anima storica della Francia, che però con la sindaca di Parigi Anne Hidalgo hanno racimolato giusto l’1,7%. Tra i candidati minori presente anche l’ambientalista Yannick Jadot, che ha raggiunto circa il 4,6%.
Un ulteriore dato interessante è il peso che cresce sempre di più nel Paese di quei partiti e movimenti dichiaratamente anti-sistema. Mélenchon, Le Pen, Zemmour – in un modo o nell’altro – hanno posizioni dirompenti rispetto all’ordine attuale in Francia e internazionale. Gli elettori che gli hanno dato la preferenza sono più della maggioranza in Francia. Un fattore che non può passare sotto traccia.
Dal canto suo Macron, senza praticamente mai fare campagna elettorale visti gli impegni da presidente e la coincidente guerra in Ucraina, è riuscito a mantenere le aspettative della vigilia. Anche per lui ha pesato il voto utile concessogli da molti elettori progressisti per arginare le forze più estremiste. Ma l’attuale presidente ha anche impostato la sua politica, proprio per venire incontro al sentimento della popolazione più “conservatrice”. La dottrina Macron, che ha caratterizzato questi suoi primi cinque anni di presidenza, è in realtà profondamente sovranista. L’interesse nazionale francese è stato posto sempre in primo piano e, molto spesso, Macron è riuscito a fonderlo dentro al contesto europeo. Basti pensare ai piani di autonomia strategica europea, fortemente sponsorizzati dall’Eliseo in questi anni. Macron è consapevole che la Francia si possa ritagliare il ruolo di guida del continente e non a caso spinge per un’Europa più forte, che di conseguenza aumenterebbe il potere di Parigi. Se dovesse vincere il 24 aprile, continuerà a perseguire questa visione strategica.
La competizione con Le Pen sarà dura, e viene già delineata – in parte giustamente – come lo scontro tra due visioni, una europeista e progressista mentre l’altra nazionalista e conservatrice. Una semplificazione che potrebbe fare il gioco degli stessi due candidati. Le Pen ha già parlato di “scelta di società e di civiltà” mentre Macron ha sottolineato come in gioco ci sia il futuro “della Francia e dell’Europa”. Tuttavia, come accennato, nella tradizione politica francese ci sono molte più sfumature di quelle che appaiono, e il voto di questi giorni non ne è esente.
Nella girandola di dichiarazioni a seguito degli exit poll, sono arrivate le indicazioni di voto dai candidati sconfitti. Pécresse, Jadot, Hidalgo sostengono Macron, Zemmour ha virato su Le Pen. La risposta alla domanda “chi vincerà il 24?” verrà probabilmente dai voti di Mélenchon che non ha perso tempo appellandosi ai suoi elettori: “Non commettete errori irreparabili, non bisogna dare nemmeno un voto a Marine Le Pen”. Non un pieno endorsement a Macron, ma di certo una posizione chiara nei confronti della candidata di destra. Bisognerà capire quanti di quel 22% si asterranno, quanti voteranno Macron e quanti Le Pen, perché nonostante l’indicazione del loro leader nella base elettorale di Mélenchon c’è una certa convergenza con i temi portati avanti da Le Pen.
Tra meno di due settimane si capirà che Francia vogliono i francesi. E potrebbe darsi sia differente dalla Francia che invece vorrebbero gli altri europei.
(Immagine: Jaques Paquier)
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