Geopolitica
Dopo il voto, un’Indonesia più stabile, ma meno democratica
Il 14 febbraio si è svolta una delle più grandi elezioni al mondo: in Indonesia, infatti, ben 205 milioni di votanti si sono recati alle urne per eleggere il Presidente della Repubblica, i rappresentanti in Parlamento e quelli nei consigli locali, circa 20’000 persone da scegliere tra 245’000 candidati. Per capire la proporzione, gli Stati Uniti hanno poco più di 160 milioni di elettori, l’Unione Europea, se votasse come una nazione unica, ne avrebbe circa 380 milioni, l’India qualcuno in più[1].
I seggi sono 820’000, sparsi su un territorio composto da 17’000 isole e che attraversa tre fusi orari. Il lavoro è incredibilmente faticoso: le operazioni di voto hanno impegnato circa 5 milioni di volontari retribuiti, costretti a svolgere il lavoro su turnazione 24 ore su 24 a causa dell’enorme complessità dello scrutinio; tra loro, 71 sono morti per sfinimento, mentre tra il 14 ed il 18 febbraio almeno 4’000 persone si sono ammalate per via dell’eccessiva stanchezza. Le elezioni del 2019 sono andate decisamente peggio, con la morte per sfinimento di ben 500 lavoratori[2].
Dalla chiusura dei seggi, aperti soltanto 6 ore, passeranno diversi giorni prima di conoscere il verdetto ufficiale, che probabilmente non arriverà prima del 20 marzo. Si è però a conoscenza delle proiezioni preliminari, storicamente affidabili, che danno il ministro della Difesa Prabowo Subianto in netto vantaggio (circa il 58% dei suffragi) sui suoi principali avversari – l’ex governatore di Giava Centrale Ganjar Pranowo e l’ex governatore di Giakarta (e candidato dell’opposizione) Anies Baswedan. Se verranno confermati i numeri Prabowo, che ha in mano la maggioranza assoluta, non dovrà affrontare il ballottaggio.
È una strana competizione: Prabowo Subianto viene appoggiato dallo stesso presidente uscente, Joko Widodo – più conosciuto come Jokowi – che non può più candidarsi per aver esaurito il suo secondo mandato quinquennale, ma che in qualche modo cerca di mettere al servizio la sua popolarità, oggi valutata oltre l’80%. Inoltre, Jokowi candida alla vicepresidenza il proprio figlio 36enne, Rakabuming Raka, in violazione di un principio costituzionale – il limite di età inferiore per essere eletto è di 40 anni – grazie una sentenza della Corte Costituzionale, presieduta da suo zio Anwar Usman che, con una eccezione, ne modifica la regola[3]. Le scelte di Jokowi scatenano feroci polemiche, tanto da creare profonde spaccature anche all’interno del suo partito, il Partai Demokrasi Indonesia Perjuangan (PDI-P)[4].
La scelta di Widodo è paradossale, viste le profonde differenze tra lui ed il suo successore: Widodo è un riformatore, sponsor della tolleranza religiosa (l’Indonesia è un paese a maggioranza musulmana, ma dove impera la moderazione e la convivenza pacifica con altre culture religiose), è certamente un nazionalista, ma di stampo socialista e molto moderato, mentre Probowo, dichiaratamente di destra, ha legami con diversi gruppi radicali islamici e posizioni ultranazionaliste – oltre ad un passato molto oscuro, addirittura criminale. Eppure Widodo, durante il suo mandato, lo ha incluso nella squadra di governo, nominandolo ministro della Difesa. E ora sceglie di appoggiarlo alle elezioni, dopo che è stato il suo rivale nel 2014 e nel 2019.
Perché? L’azione si spiega se, guardando oltre le apparenze della terza democrazia più grande del mondo, si scopre che tutto si regge su accordi tra élite consolidate, che poco hanno di democratico, ma che esercitano da sempre il consumato esercizio della spartizione di potere tra famiglie. La compravendita dei voti, la corruzione persistente, la condivisione del potere clientelare – queste sono pratiche che, paradossalmente, giocano un ruolo decisivo nel mantenere la stabilità e preservare coesione tra le élite e conseguente stabilità nel paese[6]. La stessa composizione multipartitica e la vasta coalizione (ad esempio) nel governo Jokowi, in normali democrazie, dovrebbe generare opposizioni e veti. Qui si esprime in lievi differenze, ammorbidite da elargizioni di potere a questo o a quell’altro leader: una spartizione usata per annientare l’esercizio ideologico[7].
Il risultato dell’elezione ha scatenato le proteste di molti studenti e attivisti pro-democrazia: manifestazioni destinate con molta probabilità ad aumentare. Inoltre ci sono denunce nei confronti di funzionari accusati di aver distratto fondi statali per alimentare il sostegno a Prabowo[8], contestazioni che hanno però pochissime probabilità di ribaltare la situazione o di ottenere una reale persecuzione da parte della magistratura.
La nuova verginità di Subianto
La vittoria schiacciante di Prabowo, a meno di clamorosi colpi di scena, lo vedrà salire alla presidenza, e molti osservatori internazionali sono pronti a scommettere che ciò potrà tramutarsi in un salto indietro per la giovane democrazia indonesiana. Figlio dell’economista Sumitro Djojohadikuso, famoso per essersi rivoltato contro l’allora dittatore Sukarno, nel 1957, assieme alla famiglia, è costretto all’esilio, fatto che gli offre la possibilità di imparare diverse lingue (oltre al bahasa, oggi parla francese, tedesco, inglese e olandese)[10]. Rientrato in Indonesia sotto il regime di Suharto, Prabowo si iscrive all’accademia militare, laureandosi nel 1974[11]. Presta servizio nell’esercito per trent’anni, divenendo già a 26 anni comandante delle forze speciali – la famigerata unità militare Kopassus – per poi divenire generale e infine capo delle forze strategiche di riserva dell’esercito indonesiano, il Kostrad[12].
Sostenitore del sanguinario dittatore generale Suharto (ed anche suo ex genero, poiché sposa sua figlia Siti Hediati Hariyadi) si distingue per la fedeltà e la barbarie nelle repressioni terribili della recente storia dell’Indonesia: migliaia di omicidi, torture, stupri. Nel 1988, dopo che è stato appurato il coinvolgimento del suo gruppo militare in gravi crimini nei confronti di oppositori politici, e di violazione dei diritti umani in Papua e Timor Est[13], viene congedato con disonore[14].
Eppure, malgrado il suo passato, oggi Prabowo vive una nuova stagione di piena riabilitazione, e ciò è spiegato da una questione generazionale: in Indonesia, per votare, bisogna aver compiuto 17 anni di età, il 52% degli elettori ha meno di 40 anni, un terzo meno di 30, il voto è quindi in maggioranza in mano a giovani che non hanno vissuto sulla loro pelle gli anni delle feroci dittature e l’ex generale, negli ultimi tempi, con una battente propaganda ha sapientemente ripulito la sua immagine, offrendosi ai media come un tenero nonno amante dei gatti[15]. Ma il suo orientamento politico non è un mistero: durante le campagne elettorali del 2014 e del 2019, Subianto ha propagandato posizioni estremiste e simpatie verso gruppi religiosi di integralisti islamici. Ancora oggi è fiero nel dichiararsi convinto nazionalista e promotore di valori tradizionali indonesiani.
Per amore del compromesso, negli ultimi anni Prabowo ha scelto di mostrarsi con posizioni meno oltranziste, tanto che nei suoi recenti comizi parla insistentemente di continuità con Widodo. Ma c’è da capire quanto di ciò sia mera propaganda – quanto si serva della sua nuova verginità per guadagnare il consenso dei cittadini, e quanto il personaggio sia realmente orientato verso una continuità democratica.
Una democrazia fragile
L’Indonesia è un arcipelago che si estende per più di 5’000 chilometri, situato a cavallo fra l’Asia sud-orientale e l’Australia, e domina la più importante rotta marittima dell’economia mondiale: gli Stretti di Malacca. È la nazione musulmana più popolosa del mondo: ricchissima di risorse naturali e di diversità culturali, qui convivono tra loro seguaci di Maometto, cristiani, animisti e induisti. E nonostante i conflitti etnici locali sanguinosi e le recrudescenze di estremismo islamico, continua ad essere un paese largamente caratterizzato da un Islam tollerante e aperto.
La democrazia è una recente conquista, anche se giunta in maniera particolarmente tortuosa: la sanguinaria tirannia di Suharto cade in macerie 26 anni fa, grazie alla Rivoluzione Indonesiana del 21 maggio 1988. Nel 7 giugno del 1999, le prime elezioni libere assegnano la maggioranza relativa in Parlamento al Partito Democratico e viene nominato il primo presidente eletto dal popolo, il leader musulmano moderato Abdurrahman Wahid. Implicato in una serie di scandali, nel 2001, appena 19 mesi dopo aver vinto la presidenza, Wahid viene messo sotto accusa dal parlamento e licenziato dall’incarico. A lui succede il suo vicepresidente Megawati Sukarnoputri, un politico capace ed apprezzato, ma che dovrà fare i conti con la fiducia erosa da gravi problemi economici, dalla violenza dei separatisti e dall’onnipresente corruzione politica.
Nell’aprile del 2004 il suo partito, il PDI-P, perde le elezioni a favore del Partito Democratico: Susilo Bambang Yudhoyono è il nuovo presidente. Yudhoyono deve affrontare una gravissima crisi scatenata da una serie incredibile di calamità naturali che mettono in ginocchio il paese: il terremoto e lo tsunami a Sumatra nel 2004 e nel 2009, lo tsunami del 2010 nelle isole Mentawai e l’eruzione del vulcano Mirapi, nel centro dell’isola di Giava, nello stesso anno. Malgrado i disastri, le migliaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati, il PIL cresce di oltre il 6% annuo tra il 2010 ed il 2012.
Nuovi scandali e fatti di corruzione colpiscono alcuni funzionari del PD e provocano una nuova crisi durante il 2013. Alle elezioni del 2014 l’abile Yudhoyono lascia il posto a Joko Widodo, ma l’ombra dei poteri occulti non abbandona mai la gestione del paese. I massacri degli anni ’60 segnano profondamente il sistema politico: da allora non esiste più una sinistra moderata o radicale, al suo posto ci sono formazioni moderate come il Partito Democratico di Lotta o il Partito Democratico. Nascono decine di partiti islamici o nazionalisti che, condizionando fortemente il processo politico, sia nazionale che locale, sono l’unica vera opposizione del paese.
L’Indonesia come il Gattopardo letterario
L’Indonesia rischia quindi passi indietro sul fronte del difficile percorso democratico? Malgrado il curriculum di Prabowi, l’assenza di chiare distinzioni politiche tra partiti continuerà a favorire i rapporti di condivisione del potere di clientelismo tra le élite. L’assenza di programmi ben definiti in questa campagna elettorale non è casuale: è l’esercizio che annienta le linee di partito, sopraffatte dal potere “informale”. Le famiglie che hanno da decenni in mano il potere sono quelle che continueranno con determinazione a dettare la stessa agenda di sempre, avendo l’esclusivo accesso alle risorse statali e adoperandosi nell’ammorbidire il cattivo umore dei perdenti con le spartizioni.
La timidezza nell’affrontare temi economici la dice lunga. In Indonesia vivono vaste e ricche borghesie cinesi, figlie degli immigrati dalla Cina del sud, divenuti nel tempo professionisti, mercanti, imprenditori, veri e propri cresi che guidano importanti conglomerati economici che influenzano la vita politica – ma diventano i capri espiatori di tensioni sociali in periodi di gravi crisi, come tra il 1997 ed il 1998. Oggi, il rapporto con la Cina, nodo centrale per un paese in forte crescita, che fonda la propria economia sulle risorse naturali ma che è in grave deficit infrastrutturale, è al centro dello scontro politico: Widodo si contraddistingue per una politica di totale apertura agli investitori cinesi, mentre per Prabowo questa non è mai stata la priorità.
Emerge la doppiezza dell’ex generale in queste ultime elezioni: malgrado sia avaro nel rilasciare dichiarazioni sui dettagli dei suoi programmi futuri, sulla politica estera Prabowo si sbilancia: desidera un “riequilibrio” in base al quale la nazione dovrebbe “imparare dai paesi dell’Est, come il Giappone, la Corea del Sud, la Cina e l’India” su come sradicare la corruzione, migliorare l’istruzione, promuovere una forte disciplina del lavoro e mostrare orgoglio nazionale. “L’Occidente ci insegna la democrazia, i diritti umani… ma l’Occidente ha standard diversi dai nostri”, dice Prabowo. “C’è un cambiamento nel mondo. Ora non abbiamo più davvero bisogno dell’Europa”[18].
Lascia quindi intendere che la strada sarà sempre più di maggior chiusura con l’Occidente e di maggiore apertura con l’Oriente, Cina compresa, anche se non è affatto chiaro sugli aspetti economici, nemmeno sfiorati nelle sue dichiarazioni. Staremo a vedere. Ciò che per molti osservatori pare scontata, sarà la sua linea sulle questioni militari: durante il suo mandato di ministro della Difesa ha spinto per aumentare in modo significativo le spese per la difesa, e questo lascia intendere che mira a trasformare il paese in una potenza regionale[19]. Per questo, dopo aver snobbato il senso democratico dell’Occidente, si affretta a rincorrerlo: appena nove giorni dopo le elezioni, il 23 febbraio, Prabowo stringe la mano al ministro della Difesa australiano Richard Marles; il leader indonesiano dichiara che “l’Indonesia e l’Australia sperano di firmare un accordo di cooperazione in materia di difesa “molto significativo” entro due o tre mesi”[20].
L’Indonesia resta un caso particolare, nel quale le peggiori pratiche distorsive del sistema funzionano da calmiere alle derive antidemocratiche: è imbarazzante sperare nel loro mantenimento pur di vedere un grande paese preservare la propria stabilità, anche perché da quest’ultima dipende la stabilità geopolitica di un’area vastissima. Ma queste sono le distopie spesso presenti in paesi dalla storia travagliata che, senza nasconderlo, portano con sé ancora i semi amari del colonialismo occidentale.
[1] https://www.euronews.com/2019/05/25/eu-elections-2019-country-by-country-guide-on-what-to-look-out-for
[2] https://www.bnnbloomberg.ca/indonesia-says-71-election-workers-died-from-exhaustion-1.2036488
[3] https://www.theguardian.com/australia-news/2023/oct/17/joko-widodos-son-can-run-for-indonesian-vice-president-after-controversial-court-ruling
[4] https://www.channelnewsasia.com/asia/indonesia-jokowi-megawati-soekarnoputri-prabowo-subianto-pdip-presidential-elections-3877721
[5] https://www.aa.com.tr/en/asia-pacific/indonesia-250-injured-649-detained-in-jakarta-riots/1598786#
[6] https://thediplomat.com/2023/10/explaining-indonesias-political-stability/
[7] https://thediplomat.com/2023/10/explaining-indonesias-political-stability/
[8] https://www.scmp.com/week-asia/politics/article/3251920/indonesia-election-2024-polls-close-race-defence-minister-prabowo-subianto-favoured-win
[9] https://www.huffingtonpost.it/esteri/2024/02/11/news/prabowo_dopo_jokovi_indonesia_al_voto_tra_scandali_nepotismi_radicalismi_politici_e_religiosi-15112756/
[10] https://www.aa.com.tr/en/asia-pacific/who-is-prabowo-subianto-the-ex-general-claiming-victory-in-indonesia-s-presidential-elections/3139946
[11] https://www.aa.com.tr/en/asia-pacific/who-is-prabowo-subianto-the-ex-general-claiming-victory-in-indonesia-s-presidential-elections/3139946
[12] https://www.internazionale.it/notizie/junko-terao/2024/02/19/prabowo-subianto-presidente-indonesia
[13] https://www.aljazeera.com/news/2024/2/16/who-is-prabowo-subianto-the-man-likely-to-be-indonesias-next
[14] https://www.reuters.com/article/idUSKBN0EU0XC/
[15] https://www.theguardian.com/world/2024/jan/09/indonesia-election-prabowo-subianto-rebranding-kidnapping-accusations
[16] https://www.scmp.com/week-asia/politics/article/3251920/indonesia-election-2024-polls-close-race-defence-minister-prabowo-subianto-favoured-win
[17] https://apnews.com/article/indonesia-australia-defense-cooperation-9a1acd2b546b45ddbf1eba3558e3db74
[18] https://www.scmp.com/week-asia/politics/article/3251920/indonesia-election-2024-polls-close-race-defence-minister-prabowo-subianto-favoured-win
[19] https://www.scmp.com/week-asia/politics/article/3251920/indonesia-election-2024-polls-close-race-defence-minister-prabowo-subianto-favoured-win
[20] https://apnews.com/article/indonesia-australia-defense-cooperation-9a1acd2b546b45ddbf1eba3558e3db74
Devi fare login per commentare
Accedi