Geopolitica
Dopo il silenzio, la morte
Ancora due giornalisti uccisi in modo orrendo. Ovunque nel mondo, ed in modo smaccato, la libertà viene umiliata e soffocata: Stati Uniti, Russia, Cina, Europa, Africa, Medio Oriente, ovunque. Vuol dire forse che il giornalismo, morto con la fine della Guerra Fredda, è risuscitato? Vuol dire forse che in alcuni paesi è stata persino resuscitata la Pubblica Opinione? Ed in Italia, credete che sia ancora possibile resuscitare la libertà?
Jamal Khsahoggi, il giornalista d’opposizione saudita che si stava per sposare ad Istanbul, è stato seviziato, sbranato, dilaniato ferocemente ed ucciso all’interno di un’Ambasciata dell’Arabia Saudita. Jank Kuciak e Velka Macva sono stati sgozzati perché gli articoli di Jan avevano portato alle dimissioni un ministro della Slovacchia e si occupavano ora di un palazzinaro vicino al governo. A Malta, Daphne Caruana Galizia è stata fatta saltare in aria nella sua auto a pochi metri dai suoi bambini. Viktoria Marinova, giornalista bulgara di 30 anni che scriveva contro la corruzione, è stata segregata, stuprata per ore e poi uccisa. Per me, che credo che il giornalismo sia morto da oltre 20 anni, una serie di fatti terribili che non possono rimanere senza commento.
Prima di tutto: è certo al di là di ogni dubbio che questi colleghi siano stati uccisi in modo così terribile per mettere paura agli altri, ma soprattutto per mettere in scena la barbarie, l’oscenità, la violenza del potere. Cinquanta anni fa lo stesso potere uccideva così solo nei casi in cui, come nelle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, o il martirio di Peppino Impastato, oppure nelle stragi di Stato alla stazione di Bologna, e tutte le altre stragi con le bombe, nei casi in cui mettere paura non bastasse, nei casi in cui bisognasse umiliare, sfottere, sfidare, essere clamorosi. Secondo lo stesso principio per cui i Talebani in Afghanistan ed Iraq, gli Arabi in Yemen, gli Americani in Sudamerica, i Russi in Cecenia o in Ucraina, oppure nelle guerre civili in Sierra Leone, in Sud Sudan, in Siria, in Kurdistan, lo scopo sia di cancellare un intero popolo, non solo fisicamente, ma anche concettualmente.
Oggi il potere politico, personificato dalla corruzione, considera la libertà un insulto alla propria forza ed arroganza. Questi giornalisti muoiono in quel modo perché hanno osato dirsi contro, che (nei regimi) è un crimine punito con la morte, peggio che l’azione militare di rivolta. Perché quando il potere non ha più paura dei martiri, siamo arrivati al punto in cui il potere non ha più paura della gente, e dà sfogo alla propria violenza senza porsi tanti problemi, anzi, felicitandosi per l’effetto che ne sortisce. Già stavamo tutti zitti prima, figurati poi.
Per questo oggi ho passato la giornata a guardare i nostri talk show politici, per capire a che punto siamo. Sono talmente triste per ciò che ho visto, da far fatica a parlarne. Nessuna differenza tra una trasmissione in cui finte persone litigano di fronte ad un fintoi pretore su finti avvenimenti, ed il giornalista finto aggressivo che finge di voler mettere in difficoltà il potente di turno, ma poi gli dà del tu e perde SEMPRE nel confronto: perché non fa domande intelligenti, perché si occupa di intrighi ma non sa nulla di politica, perché sa di pettegolezzi ma non sa di fatti. In Italia, una volta che si è capito che tra i maggiori difensori del sistema del potere si contano Marco Travaglio, Michele Santoro e Milena Gabanelli, e l’opposizione la fanno, umili come clown, le Iene, si capisce che da noi nessuno verrà rapito e barbaramente ucciso.
Negli Stati Uniti, in Turchia, e da oggi anche in Italia, gli studenti vanno in piazza e bruciano le effigi di Trump, di Erdogan e di Salvini. Bravi, specie se continueranno. Abbiamo visto tutti cosa ne è stato dei girotondini e dei meravigliosi fanciulli uccini a Genova, dopo le torture alla Scuola Diaz e la morte di Carlo Giuliani. Siccome questi ragazzi hanno genitori pavidi e compromessi, ignoranti e corrotti, non hanno la forza e la possibilità di passare dal momento di reazione allegra e spaccona a quella di rabbia consapevole. Da noi i giornalisti, per questo motivo, non fanno paura a nessuno, sono solo parte dell’entertainment.
Nel mondo musulmano ed in quello della violenza putiniana, invece, la gente sa bene cosa sia in ballo, ma non ha modo di reagire. In Polonia ed Ungheria oramai l’unica risposta è il nazismo. Ed è questa la direzione verso cui andiamo. Tutti. Se la libertà non ci dà nessuna possibilità di difenderci, allora siamo tutti ostaggio della violenza. Nessuno si informa più, o viene informato correttamente. Nessuno studia più, o viene invitato a studiare e capire. Nessuno canta più alla vita, tutti cantano alla morte.
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