Geopolitica

Demolire, la cosa che gli riesce meglio

12 Dicembre 2018

Perché pagare un ministro degli esteri di cui la gran parte degli italiani ignora il nome e il viso?

Abbiamo Matteo Salvini pronto ad ogni impresa.

In una sola giornata, la prima della sua visita allo stato di Israele, usando la clava di cui è esperto picchiatore, è riuscito in un paio di imprese degne di menzione.

Visitato in mattinata il confine di Israele con il Libano ha twittato garrulo: «Chi vuole la pace, sostiene il diritto all’esistenza ed alla sicurezza di Israele. Sono appena stato ai confini nord col Libano, dove i terroristi islamici di Hezbollah scavano tunnel e armano missili per attaccare il baluardo della democrazia in questa regione».

Sbiancati in viso i militari italiani del comando UNIFIL e fatta trapelare la loro irritazione, il tweet è magicamente sparito.

La missione UNIFIL è composta dai caschi blu dell’Onu, attualmente sotto comando italiano, che dal 2006 vigilano sulla tregua tra il movimento sciita Hezbollah (“i terroristi” secondo Salvini) e lo Stato ebraico.

Franco Bordo, ex parlamentare di Rifondazione comunista, che ha vissuto parecchie missioni di pace in Medio oriente ha così commentato sulla sua pagina facebook: «Quando da Parlamentare sono stato in Libano, ho avuto la conferma, da parte dei nostri militari del contingente UNIFIL, di come Hezbollah sia impegnata a contrastare l’Isis, lasciando sul terreno anche molte vittime. La stessa Hezbollah, nel passato non priva di gravi responsabilità ed errori, oggi nel sud del Libano è impegnata a mantenere una pace precaria che Israele vuole continuamente mettere in discussione. Il Ministro italiano, nonché capo del governo di fatto, che oggi da Israele spara accuse e stupidate esclusivamente a favore del Paese ospitante è un irresponsabile o un colluso con chi (Israele) questo difficile equilibrio lo vuole far saltare. O entrambi».

Non pago dell’impresa mattutina, nel pomeriggio, Salvini ha proseguito nelle demolizioni, con dichiarazioni contro le politiche portate avanti dall’Ue in Medio oriente e nella questione palestinese. Solo sullo status di Gerusalemme ha evitato di esprimersi. Rispondendo a una domanda del giornalista del Manifesto, Michele Giorgio, sul sostegno europeo alla soluzione a Due Stati, ossia alla creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele, ha sferrato un duro attacco alla linea che Bruxelles porta avanti dalla firma degli Accordi di Oslo nel 1993. «Io sono favorevole a una soluzione che nasca dai territori. L’Unione europea negli anni scorsi è stata assolutamente sbilanciata condannando e sanzionando Israele ogni quarto d’ora…Temo che parti degli ingenti aiuti (ai palestinesi) non siano arrivate alle destinazioni auspicate».

Ha rinfoderato la clava solo per Gaza: «una situazione come quella non può essere sostenuta a lungo».

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