Geopolitica

Della Siria, cosa resterà nel giugno del 2015?

25 Novembre 2014

Un nuovo personaggio entra a far parte delle battaglie mediatiche che vedono contrapporsi i diversi attori della guerra siriana. Risale a 4 giorni fa, infatti, l’attivazione dell’account twitter di Walid al-Muallem, ministro degli Esteri della Siria.

Quasi inattivo dal 21 novembre, il ministro ha effettivamente iniziato a “cinguettare” soltanto oggi, quando intorno alle 10.30 del mattino ha scritto che era in corso una telefonata tra Putin e Assad, a seguito della quale il presidente russo avrebbe ufficialmente invitato quello siriano a recarsi a Mosca a maggio 2015. La notizia più importante resta, ad ogni modo, quella che risale a circa 4 ore fa: “An important radio-tv speech by Syrian President Assad to be aired today on Syria’s national radio and television”.

Volendo considerare attendibile l’account, in questo presunto discorso Assad dovrebbe esprimere soddisfazione. Soddisfazione per il fallimento del negoziato sul nucleare iraniano di ieri a Vienna, conclusosi con il rinvio delle trattative a giugno 2015, dato che il tempo guadagnato dall’Iran gioca anche a suo favore.

 Salvo nuovi sviluppi, ad oggi tale esito dovrebbe permettere ad Assad di andare avanti almeno fino a quella data, ma molto probabilmente fino ad un’eventuale sconfitta dell’ISIS.  L’Iran resta infatti uno dei principali sostenitori del governo siriano, che rappresenta il guardiano degli interessi di Teheran nell’area ed il suo miglior amico contro l’ISIS. Allo stesso tempo gli iraniani tengono gli Stati Uniti sotto scacco, grazie alle fobie causate dalla minaccia nucleare ed al fondamentale supporto che forniscono contro l’ISIS attraverso le milizie sciite. Ma quella geopolitica è un’altra questione, molto più complessa e che andrebbe analizzata a parte.

Per il momento restiamo in attesa di questo annunciato discorso, fermo restando che anche se non verrà mai pronunciato, il regime di Bashar al-Assad potrà comunque, e purtroppo, continuare il genocidio del suo stesso popolo, sentendosi ancora una volta al sicuro, almeno per altri 7 mesi.

 

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