Geopolitica
Crisi di Governo in Germania: il funambolismo della SPD
Venerdì il presidente del partito socialdemocratico tedesco Martin Schulz ha fatto una breve dichiarazione alla stampa: <non è in corso una crisi di Stato, ma la Germania è in una situazione complicata> -ha esordito- in esito al <drammatico appello> fatto all’inizio della settimana a tutti i partiti dal Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier ed un incontro con lui giovedì a Schloss Bellevue, <buono, molto lungo e pieno di fiducia, daremo naturalmente seguito all’invito del Presidente a colloqui insieme ai leader di altre forze politiche>. La decisione è stata raggiunta dopo una consultazione molto costruttiva ed esaustiva della direzione del partito di otto ore -ha dichiarato- nella quale <si è discusso molto apertamente quale contributo potrebbe dare la SPD per formare un Governo, in quale forma e costellazione>. Schulz ha così aperto uno spiraglio per risolvere la crisi tedesca; mentre Angela Merkel era a Bruxelles a discutere sui rapporti dell’Unione Europea con 6 Stati dell’est del continente usciti dall’orbita russa.
Martin Schulz ha quindi sottolineato che dall’avvio della crisi è già stato raggiunto da molte telefonate di politici europei che ha rassicurato che il partito socialdemocratico è cosciente delle proprie responsabilità per la Germania e l’Europa, evidenziando loro che la SPD è sempre impegnata nel garantire la gestione corrente nell’ambito del Governo uscente e che nel nuovo Parlamento non farebbe ostruzionismo.
<Non ci sono automatismi in qualsivoglia direzione, nei prossimi giorni e settimane si terranno molti colloqui>, ha dichiarato Schulz, ammorbidendo il no secco fin qui pronunciato al prosieguo della grande coalizione con l’Unione dei partiti cristiani. Ogni ulteriore passo sarà intensamente discusso nel Partito e nella direzione della frazione parlamentare, cioè con l’attuale ministro del lavoro Andrea Nahles che dà corpo all’ala più a sinistra del partito, ma la base del partito alla fine sarà chiamata a votare un’eventuale decisione di partecipare a qualsiasi titolo ed in qualsiasi formazione ad un nuovo Governo.
Il Presidente della Repubblica Steinmeier ha già invitato Angela Merkel, Horst Seehofer e Martin Schulz a partecipare ad un incontro con lui giovedì prossimo, indica la rete pubblica ARD. Qui Steinmeier potrebbe cercare di strappare definitivamente al leader socialdemocratico l’adesione ad un nuovo Gabinetto con l’Unione dei partiti cristiani CDU/CSU, o quantomeno la garanzia di un appoggio esterno ad un Governo di minoranza di quest’ultima.
Schulz è adesso su un filo teso come un equilibrista. Dopo essere stato votato a candidato cancelliere dal 100% dei tesserati, il 24 settembre la SPD ha conseguito il risultato elettorale peggiore della sua storia e tutti i politologi hanno concluso che il suo elettorato l’ha penalizzata proprio per essersi fatta cannibalizzare dalla CDU di Angela Merkel, fungendone per quattro anni da junior partner. Da qui l’unica salvezza per il partito per Schulz era quella di rigenerarsi all’opposizione. Una scelta che ha trovato appoggio dalla base dei Genossen, ma che sull’onda della nuova situazione politica non era più condivisa in modo compatto dalla direzione. Se però la SPD tornerà a partecipare ad un Governo con CDU/CSU come alleato di minoranza il partito socialdemocratico tedesco rischia di ritrovarsi tra quattro anni a conseguire un risultato ancora peggiore, magari con preferenze sommate a solo una cifra decimale. D’altronde se il partito si impuntasse a voler tornare alle urne, lo stesso Martin Schulz difficilmente potrebbe ripresentarsi come candidato cancelliere; quand’anche in una situazione con prospettive così incerte è pure difficile immaginarsi che un’altra personalità del partito accetterebbe di bruciarsi nella corsa. Inoltre i populisti della AfD avrebbero chance per rafforzarsi ulteriormente, per quanto magari non sarebbero soli a spartirsi i voti dei malcontenti che in qualche misura verrebbero forse raccolti anche dal nuovo soggetto politico, il partito blu, della loro ex portavoce Frauke Petry.
Angela Merkel ha più volte dichiarato di non volersi impegnare in una compagine senza una maggioranza stabile. A ben vedere l’unica strada per Schulz, sia per acconsentire di dare appoggio esterno ad un nuovo Governo della Cancelliera, come per entrare a farne parte, senza perdere credibilità, è di avere garanzie che esso adotti una linea decisamente più spostata a sinistra e la sua politica non sia percepibile come una mera riedizione della precedente. Difficilmente però Angela Merkel ed Horst Seehofer saranno disposti di accettare di fargli troppe concessioni; l’Unione ha sicuramente molto più in comune con i Liberali di Christian Lindner, anche se questi ha fatto abortire l’ipotesi Giamaica.
Con un po’ di fantasia si potrebbe immaginare che Schulz possa ancora sparigliare le carte imponendo che nella nuova compagine vengano accolti anche i Verdi. La coabitazione tra CSU e Verdi sarebbe difficile, ma Angela Merkel ha assicurato che nelle fallite trattative si era sviluppata fiducia reciproca anche con il partito di Cem Özdemir e Katrin Göring-Eckardt, che aveva fatto all’Unione molte concessioni, tanto da rendere un accordo possibile anche sulle questioni di confronto più acceso dei rifugiati e della data di abbandono del carbone. Con il varo di una nuova formula di Governo la SPD non porterebbe più il peso da sola di contraltare all’Unione e si delineerebbe un Gabinetto sicuramente più progressista, che al contempo restando a guida Merkel conserverebbe un senso di continuità idoneo a rassicurare i partner europei. Una formula simile, già battezzata Kenia o Afghanistan per i colori uguali a quelli delle bandiere con cui si rappresentano i partiti nero, rosso, verde, in fondo ha già un precedente funzionante dal 2016, quantomeno a livello regionale, nella Sassonia-Anhält.
Senza sensibili sterzate di rotta, Schulz rischierebbe altrimenti di non riuscire a far digerire alla base del partito né un appoggio esterno, né la partecipazione, ad un Governo con l’Unione, anche se può affermare che è per salvare il Paese dal caos di nuove elezioni, assecondando l’appello del Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, anch’egli socialdemocratico. L’unica strada resterebbe così il ritorno alle urne.
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