Geopolitica
Catalogna, il referendum più pazzo del mondo
Finalmente è successo, il sogno di qualsiasi amante della distopia è diventato realtà: una regione d’Europa sta per dichiarare l’indipendenza in seguito a un referendum che considera “democratico”, mentre lo Stato nazionale di cui fa parte continua a giocare a Bingo, bere birra e ascoltare le canzoni di Manuel Serrat. La Catalogna ha invitato una commissione di esperti internazionali per vigilare sulla validità del voto di oggi, ma il Ministro degli Esteri spagnolo si è limitato a dire “Non c’è proprio niente da osservare”.
Il Presidente della Generalitat attribuisce la vergogna delle manganellate allo Stato. “Rimarrà nella storia”, afferma, ma in Spagna tornano a circolare spettri che sembravano dimenticati. Lo scrittore Javier Cercas parla di “rischio di una nuova guerra civile”, mentre tutto il paese è cosparso di bandiere spagnole che sventolano dai terrazzi e dagli zigomi sporgenti dei patrioti più accaniti. Ringhiano gli uni difronte agli altri, con buona pace di chi al termine “nazione” non dedicherebbe neanche un brindisi.
Il Tribunale Costituzionale ha inflitto ai rappresentanti del popolo catalano pene pecuniarie di 12.000 euro al giorno. Moltiplicate per i giorni d’infrazione accertati, che risalgono al 26 luglio 2017, con l’opposizione fuori dall’aula per protesta contro la Legge di Disconnessione dalla Spagna, dànno la quantità totale che gli indipendentisti devono alle casse pubbliche. L’ex Avvocato generale dello Stato, Eduardo Torres Dulce, si dimise a causa delle ingerenze governative nei procedimenti a carico dei suddetti rappresentanti del popolo. Il suo sostituto, José Manuel Maza, non ha però battuto ciglio.
Dieci anni fa i sostenitori della Repubblica indipendente della Catalogna erano il 15%, oggi circa il 50%: o gl’indipendisti hanno notevolmente migliorato i loro strumenti di propaganda, oppure lo Stato spagnolo ha commesso una lunga serie di errori. È vero che la Costituzione non prevede la possibilità d’indire una referendum secessionista da parte di una singola regione, ma è altrettanto incontrovertibile che la Costituzione non è legge di natura, bensì un libero accordo tra pari. Almeno, così dovrebbe essere.
Si sono verificati scontri tra polizia regionale e polizia nazionale. Una delle maggiori irresponsabilità politiche di questa giornata surreale, in effetti, è stata lasciare i Mossos catalani senza ordini precisi. Le autorità spagnole pretendevano che sgomberassero i seggi, mentre quelle catalane li hanno lasciati liberi di non intervenire, li hanno anzi incoraggiati a farlo: saranno sanzionati dalle autorità giudiziarie. Il capo dei Mossos è Josep Lluís Trapero, scelto tra i più convinti nazionalisti nel giugno del 2017, sembra una strategia suicida pianificata a freddo.
Intanto, le cariche della polizia hanno lasciato oltre 300 feriti. Il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha definito “vigliacco” il Presidente Mariano Rajoy per aver inviato 10.000 poliziotti di rinforzo, mentre la vice di Rajoy, Soraya Sáenz de Santamaría, ha dichiarato semplicemente che “Non si è svolto nessun referendum”. Quelli tornati a casa con la testa rotta si domanderanno se non siano diventati tutti matti.
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