Geopolitica
Bucarest, Seoul e Roma: la dottrina Trump e gli effetti in Ucraina
Negli ultimi mesi, la politica internazionale ha mostrato segni di profonda trasformazione, riflettendo il passaggio da un approccio tradizionalmente interventista, dei Democratici americani, a una visione più pragmatica del Partito Repubblicano e del Presidente Trump
Negli ultimi mesi la politica internazionale ha mostrato segni di profonda trasformazione, riflettendo il passaggio da un approccio tradizionalmente interventista, spesso associato ai Democratici americani, a una visione più pragmatica e nazionalista incarnata dalla cosiddetta dottrina Trump. La Dottrina Trump ormai appare chiara nelle crisi che coinvolgono Germania, Francia, Romania e Corea del Sud. Nazioni che sullo sfondo hanno la Guerra in Ucraina.
Romania: il bastione orientale della NATO
La Romania si conferma un attore chiave nel sistema di sicurezza europeo, non solo per la sua posizione geografica al confine orientale della NATO, ma anche come principale snodo logistico per il trasferimento di armi e munizioni all’Ucraina. Tuttavia, il recente annullamento delle elezioni presidenziali e la proroga del mandato dell’attuale presidente fino a marzo evidenziano una fase di instabilità politica. Questa incertezza interna potrebbe sicuramente avere contraccolpi sulla fornitura di armi all’Ucraina. Del resto, per battere le politiche della destra, il Partito Social Democratico romeno, per certi versi il partito socialista più conservatore nel panorama politico, difficilmente potrà chiedere ulteriori sacrifici alla propria popolazione. La maggior parte dell’elettorato del PSD è infatti costituita da salariati, operai e pensionati che già sentono nelle loro tasche gli effetti della guerra cosi come buona parte del mondo agricolo romeno.
La “dottrina Trump”, orientata a una politica pragmatica di gestione del conflitto, emerge in modo chiaro nelle dinamiche legate alla Romania. Nell’ottica di Donald Trump, la fornitura di armi all’Ucraina non è solo un elemento di supporto bellico, ma uno strumento negoziale: più armi per incentivare Kiev al dialogo, meno per dissuadere una resistenza prolungata.
Sapendo, infatti, che la linea di confine sul quale iniziare la trattativa di pace, sarà la linea del fuoco al momento che cesseranno i combattimenti.
Questo approccio condiziona il futuro del conflitto e sottolinea l’importanza della Romania come veicolo per l’attuazione di tale strategia. La pressione sul governo di Kiev affinché consideri un percorso negoziale si intreccia con la funzione della Romania come snodo logistico essenziale.
Negli ultimi anni, l’ultradestra ha guadagnato terreno in molti paesi europei, e la Romania non fa eccezione. L’ascesa di movimenti nazionalisti, alimentata da un crescente malcontento verso le politiche di Bruxelles e un’eventuale percezione di subordinazione agli interessi internazionali, rappresenta una minaccia concreta per il possibile governo socialdemocratico. Qualsiasi scelta percepita come contraria agli interessi nazionali, come un coinvolgimento troppo marcato nel conflitto ucraino o decisioni che sacrificano priorità economiche locali per soddisfare alleati esterni, potrebbe essere utilizzata come leva politica dall’ultradestra.
Per evitare di alimentare questa narrativa, il probabile governo socialdemocratico potrebbe adottare una linea di equilibrio, mantenendo il proprio impegno verso gli alleati occidentali e la NATO, ma cercando al contemporaneo di proteggere gli interessi nazionali e il consenso interno, quindi volente o nolente in linea con la Dottrina Trump.
Il provvidenziale tentato colpo di Stato in Corea del Sud
Negli ultimi mesi, la Corea del Sud, guidata dal People Power Party (PPP) e dal presidente Yoon Suk-yeol, ha mostrato un crescente interventismo nel conflitto ucraino, allineandosi sempre più con le posizioni dell’Occidente e della NATO. Questo cambio di rotta rappresenta una significativa evoluzione nella politica estera di Seoul.
Un momento cruciale in questo percorso è stato il 2023, quando, subito dopo il Summit NATO, il presidente Yoon ha visitato l’Ucraina. Durante questa visita, è stato firmato un Accordo quadro sul Fondo di cooperazione per lo sviluppo economico esterno, che ha consolidato i rapporti bilaterali tra i due paesi. Inoltre, è stato annunciato un pacchetto di sostegno finanziario da 150 milioni di dollari, destinato a sostenere gli sforzi di ricostruzione e le necessità economiche dell’Ucraina, dimostrando l’impegno concreto della Corea del Sud.
Nel 2024, al vertice NATO di luglio, la Corea del Sud ha ulteriormente rafforzato il proprio ruolo dichiarando l’intenzione di raddoppiare il contributo al fondo fiduciario della NATO per l’Ucraina, portandolo a 24 milioni di dollari entro il 2025. Questo aumento segnala la volontà di Seoul di giocare un ruolo più attivo nell’assistenza all’Ucraina, non solo sul piano finanziario e logistico.
A tutto ciò si aggiunge una possibile svolta sul fronte militare. La Corea del Sud ha iniziato a valutare seriamente la possibilità di fornire armamenti all’Ucraina, una decisione che rappresenterebbe un netto cambiamento rispetto alla tradizionale cautela del paese nel fornire aiuti militari letali. Questa mossa sembra essere anche una risposta all’aiuto militare che la Corea del Nord sta offrendo alla Russia, sottolineando un ulteriore irrigidimento delle relazioni tra le due Coree.
All’interno della penisola coreana, infatti, il People Power Party mantiene una politica meno dialogante con la Corea del Nord, privilegiando una postura più rigida per contrastare le crescenti provocazioni di Pyongyang. Questo approccio riflette non solo le tensioni regionali, ma anche la volontà di Seoul di consolidare la sua posizione come alleato forte e affidabile delle democrazie occidentali.
Dopo il tentato colpo di Stato, la Corea del Sud, come la Romania, si trova a vivere uno stallo istituzionale che potrebbe portare a nuove elezioni presidenziali. Questa situazione rappresenta una sfida cruciale per il People Power Party (PPP), che dovrà riposizionarsi strategicamente per contenere i “danni” politici e mantenere il consenso.Uno scenario possibile è che il PPP scelga di ricalibrare la sua politica estera ispirandosi alla cosiddetta Dottrina Trump.
In parallelo, il PPP potrebbe cercare di rafforzare un asse strategico per contenere l’influenza cinese in Asia, una mossa che risponderebbe sia agli interessi geopolitici sudcoreani che alle pressioni di alleati chiave come gli Stati Uniti. Questo approccio sarebbe coerente con l’idea di privilegiare il teatro indo-pacifico come priorità per la sicurezza nazionale e regionale, spostando l’attenzione da conflitti lontani, come quello in Ucraina, verso un fronte più vicino , senza escludere la ripresa del dialogo con la Corea del Nord, ipotesi maggiormente più realistica in caso di affermazione del partito democratico della Corea del Sud . Atteggiamento più in linea con l’Amministrazione Trump. Infatti, non dimentichiamo che Donald Trump è stato de facto il primo Presidente USA a mettere piede oltre il 38° parallelo dopo uno scambio di accuse pesanti con la dirigenza di Pyongyang.
Roma il nuovo centro della dottrina Trump
Il governo Meloni, malgrado le critiche delle opposizioni, sembra essere una delle amministrazioni europee più pronte a seguire una politica estera che si allinea con quella di Donald Trump, almeno sotto alcuni aspetti. Se da un lato la politica internazionale del governo italiano ha cercato di mantenere un equilibrio tra i legami tradizionali con gli Stati Uniti e la posizione europea, dall’altro la determinazione mostrata in alcune scelte chiave suggerisce una certa affinità con la visione “America First” promossa dal pensiero di Trump.
Una delle questioni centrali in questo contesto è la gestione del conflitto in Ucraina. Il governo Meloni ha infatti mantenuto un atteggiamento di forte supporto a Kiev, ma con una precisione che richiama quella filosofia di non intervento diretto nelle dinamiche militari sul terreno. Roma ha sempre sostenuto l’idea che l’uso delle armi italiane deve essere limitato al territorio ucraino e solo per fini difensivi, senza mai superare il confine della guerra diretta contro la Russia. Una posizione che in qualche modo rispecchia la filosofia di Trump di limitare l’intervento militare all’estero.
Inoltre, nonostante la continuità con gli alleati occidentali, come dimostrato dal sostegno all’Ucraina, l’Italia sembra anche aver mantenuto una certa distanza da una visione troppo inclusiva della NATO e dell’Unione Europea nelle dinamiche di difesa globale, preferendo soluzioni che siano più funzionali agli interessi nazionali e che evitino l’ingerenza in conflitti esterni senza una chiara giustificazione difensiva. Questo, per certi versi, richiama la “dottrina Trump” di un approccio più pragmatico, incentrato su accordi bilaterali.
Anche se la retorica della “dottrina Trump” è lontana dalla posizione ufficiale del governo italiano, le sue azioni suggeriscono una certa apertura a linee di estera politica che non sono esclusivamente dettate dalle dinamiche globaliste europee, ma piuttosto da una visione di realismo e interesse nazionale . In questo, l’Italia si sta trovando in una posizione che la rende una delle nazioni più vicine alla linea adottata da Trump, a dispetto delle critiche.
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