Geopolitica
Baviera che abbaia non morde. Nessuno mette nel sacco la Merkel
“Rechts von mir ist nur noch die Wand”, alla mia destra c’è solo il muro. Così diceva Franz Josef Strauß, per anni dominus della CSU, e quindi anche della Baviera. Sia chiaro: Strauss era sì un conservatore, grande avversario di Kohl, ma anche un eurofilo; fu uno dei grandi promotori dell’Airbus, e sognò un’Europa forte, unita, integrata. Insomma, un politico molto diverso dai suoi eredi: il ministro degli interni Horst Seehofer, Vorsitzender della CSU, e il governatore (meglio: Ministerpräsident) della Baviera Markus Söder.
Il punto è che in Baviera a ottobre ci saranno le elezioni. E temendo di perdere la maggioranza assoluta al Landtag (dove oggi la CSU ha 101 seggi su 180), sia Seehofer che Söder hanno iniziato a cannoneggiare la Merkel e la sua politica di accoglienza nei confronti dei migranti. Il timore dei cristiano-sociali è di essere superati, a destra, dagli estremisti della AfD, in grande spolvero; e di essere costretti a un qualche tipo di Große Koalition in quello che è il loro feudo dal 1957.
«Angela Merkel viene criticata, anche da esponenti del suo partito o di partiti alleati, come il suo ministro Seehofer, per la gestione troppo “moderata” del flusso di migranti – nota Luca Basso, professore di filosofia politica all’Università di Padova e profondo conoscitore di cose tedesche – ma il problema è un razzismo diventato senso comune, con una drammatizzazione, compiuta per ragioni elettoralistiche, di questioni, come quella appunto dei migranti, che non presentano affatto quel carattere apocalittico che viene propagandato continuamente».
Nel tentativo di far recuperare consensi alla CSU, Seehofer cerca di intercettare quegli elettori stanchi della Mutti (mamma, così viene chiamata dai tedeschi la Merkel) atteggiandosi a vero decisionista bavarese, a uomo forte in un governo troppo debole, moderato e permissivo (non si dimentichi che Orbán, in Baviera, gode di una certa stima).
«L’elettorato conservatore, che era saldamente legato alla CDU nel resto della Germania e alla CSU in Baviera, si è spostato in parte verso la AfD, rompendo così quello che era stato una sorta di patto sociale costituitosi nel dopoguerra, grazie al quale i conservatori erano stati attratti al centro dai partiti cristiano democratici – dice a Gli Stati Generali Stefano Cavazza, docente di storia contemporanea dell’Università di Bologna ed esperto di Germania –. Questo cambiamento profondo spiega anche le mosse di Seehofer, che sta cercando di riconquistare questo elettorato conservatore».
Chi fa paragoni tra Seehofer e Salvini sbaglia. Mentre il secondo è leader di una formazione macroregionalista diventata nazionale, e ormai punto di riferimento dell’elettorato di destra, Seehofer teme per la tenuta del suo partito nel Land più peculiare della Bundesrepublik. Sono passati gli anni d’oro (per i bavaresi) in cui si diceva, tra il serio e il faceto, che Monaco fosse la capitale segreta della Germania: da qualche anno la Baviera si è scoperta, all’interno della federazione, gigante economico (il Land vale come il PIL della Svizzera), ma nano politico. A Berlino si concentra il potere politico, a Francoforte quello finanziario, e all’est la protesta, un tempo orientata a sinistra (Die Linke), e oggi a destra (la AfD).
Se i cristiano-sociali sono preoccupati, i cristiano-democratici non sono certo tranquilli. La crescita della AfD (che secondo un recente sondaggio della Emnid per la Bild am Sonntag toccherebbe il 16%) va di pari in passo con il declino dell’alleanza CDU-CSU, al 31% sempre secondo lo stesso sondaggio. «La Merkel ha spostato la CDU e il governo su una posizione centrista molto aperta a sinistra per certi aspetti – osserva Cavazza – Alcune riforme che il governo Merkel ha fatto sono state non solo concordate con la SPD, ma a volte hanno persino anticipato i socialdemocratici. Questo ha tolto ai socialdemocratici spazio di manovra, ma ha spostato inevitabilmente la CDU su un centro che è più lontano dalle posizioni conservatrici. Quindi all’interno del partito c’è da tempo un certo malumore, che non aveva mai trovato modo di esprimersi, perché la Merkel è un leader di grande capacità».
In effetti, se qualcuno è uscito rafforzato dal recentissimo vertice UE sui migranti, è proprio la Merkel. «Dal documento conclusivo del Consiglio Europeo del 28-29 giugno la cancelliera sembra aver rafforzato la sua posizione interna – nota Paola Bilancia, professoressa di diritto costituzionale alla Statale di Milano –, grazie alla decisione di non ammettere i movimenti secondari dei migranti, ovvero da uno stato all’altro, che l’ha avvicinata alla posizione del suo ministro degli interni».
E del resto la Merkel sa che Seehofer dovrebbe pensarci due volte, prima di sfiduciare la sua cancelliera. «Il sistema tedesco prevede che le mozioni di sfiducia siano costruttive, nel senso che chi le propone deve anche proporre il leader del nuovo governo. E questo è un problema, perché se prevalessero le posizioni anti-Merkel, non si potrebbe più proporre lei come leader. A quel punto le alternative sarebbero proporre un’altra figura della coalizione attualmente al governo, oppure andare allo scioglimento anticipato del Bundestag» spiega Bilancia.
E uno scioglimento del Bundestag non lo vuole nessuno, al momento. Né la CDU, né la CSU, né la SPD. E neanche gli altri paesi europei, che vedono nella Merkel, bene o male, un’ancora di stabilità. Lo conferma a Gli Stati Generali un diplomatico scandinavo residente a Bruxelles: «I finlandesi, gli olandesi, i belgi, gli sloveni sono terrorizzati: se cade la Merkel, ci si deve preparare al caos». E sarebbero problemi anche per i francesi, perché senza la Merkel Parigi potrebbe contare, in Europa, solo sul sostegno degli spagnoli, dei portoghesi e (con qualche distinguo) di belgi e lussemburghesi: un po’ poco per far marciare il continente.
«Poiché la Germania è chiaramente lo stato più autorevole e che influenza significativamente le politiche europee, la crisi in Germania aumenterebbe lo stallo dell’UE in un momento in cui l’UE ha bisogno di tutto meno che di una posizione di stallo, perché deve reagire alle molte sfide – spiega Cavazza –. La solidità tedesca è un prerequisito necessario per avere un’Europa solida».
Dice Basso: «Dopo la fine del socialismo reale e l’unificazione delle due Germanie (per molti versi, un inglobamento della DDR da parte della Germania occidentale), la Germania ha ripreso ad esercitare una funzione centrale». E aggiunge: «La mia impressione è che quando, negli ultimi anni, la Germania è venuta ad esercitare un ruolo egemonico in Europa, ciò sia avvenuto in modo tutt’altro che moderato, rovinando un paese come la Grecia, e comunque, sulla base di un culto ossessivo per l’austerità».
Austerità che però in patria è piaciuta molto. Oltre a un sostegno politico più ampio di quanto non sembri, la Merkel può contare, in patria, sul supporto dell’industria. Sui migranti, tallone d’Achille della cancelliera, la BDI – la potente Confindustria tedesca – ha chiesto a CDU e CSU, sostanzialmente, di lavare i panni sporchi in famiglia. Anche Hans Peter Wollseifer, a capo dell’influente ZDH (l’associazione degli artigiani e dei commercianti), ha invitato i due partiti di centrodestra alla cautela: perché un collasso del governo avrebbe “problematiche conseguenze sociali ed economiche che non possono essere stimate”. Inutile dire che anche i sindacati sono molto preoccupati…
Insomma, la Merkel non è più la “cancelliera di ferro” del 2015, quando sembrava decidere le sorti d’Europa: è senz’altro più debole. Ma gli altri sono ancora più deboli. E questa è la grande forza della donna che, sulla sua scrivania, tiene un quadro di Caterina di Russia. La zarina che nessuno riuscì mai a mettere nel sacco.
Immagine in copertina: Pixabay (CC0 Creative Commons)
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