Geopolitica

Allargamenti, eserciti, gas. Come cambierà l’Europa dopo la guerra in Ucraina?

10 Marzo 2022

Bombardamenti russi sulle principali città ucraine, mezzi militari distrutti, corpi di soldati e civili senza vita sotto, profughi in fuga o rifugiati dai bombardamenti. La guerra scatenata da Vladimir Putin cambierà la società, il volto e forse anche i confini dell’Ucraina. Ma tra le conseguenze dell’invasione c’è anche il mutamento che investirà – e in parte ha già investito – l’Unione europea.

Delle sanzioni di Bruxelles e di tutto l’Occidente – perfino della neutrale Svizzera! – nei confronti di Mosca si è già parlato, così come dell’invio di armi a Kiev. Spedizioni da più parti del Vecchio Continente, anche da Paesi tradizionalmente cauti e con politiche precise, come per esempio la Svezia. Tuttavia nelle ultime ore alcune dinamiche fanno presagire che dalle ceneri di questa guerra, la storia europea cambierà. A partire dalla decisione della Germania di Olaf Scholz di riarmarsi, un fattore che influenzerà in maniera pesante le sorti di una difesa comune targata Ue. O dal possibile ciclo di nuove adesioni al progetto comunitario, tra cui l’Ucraina in primis, insieme a Moldavia e Georgia, e arrivando poi alle questioni economico-energetiche e alla candidatura di Emmanuel Macron come leader europeo.

ALLARGAMENTI

Non possiamo sapere se i documenti per la richiesta di entrare a far parte dell’Unione europea, firmati dal presidente Volodymyr Zelensky dentro il suo bunker a Kiev, serviranno veramente a un’adesione dell’Ucraina tra i Paesi membri. Quella che sembrava una mossa quasi pubblicitaria per attirare le simpatie degli europei potrebbe però rivelarsi una possibile soluzione da discutere nei negoziati – fin qui abbastanza sterili – con Mosca. Il punto fermo del Cremlino, il paletto dichiarato necessario per qualsiasi trattativa, è l’abbandono delle velleità di far parte della Nato da parte di Kiev. Un’Ucraina neutrale dal punto di vista militare. Zelensky potrebbe accettare questa condizione – imposta con la violenza, vale sempre la pena ricordarlo – ma potrebbe puntare ad entrare nell’Ue. Un’ipotesi non totalmente indigesta a Putin, considerando anche che la Finlandia, altro Paese vicino alla Russia, è membro europeo dal 1995. Si compirebbe la ormai famosa “finlandizzazione” dell’Ucraina.

Peraltro, lo scoppio della guerra ha fatto sì che anche altre nazioni come la Moldavia e la Georgia abbiano quasi di colpo sentito la necessità di bussare alla porta di Bruxelles. A prescindere dalle condizioni economiche e sociali lontane dal raggiungere i parametri europei, viene difficile ipotizzare altri allargamenti estesi dell’Ue, già alle prese – almeno prima del conflitto – con alcuni membri più o meno riottosi, Polonia e Ungheria su tutti, che oltre ad aver allargato la comunità europea, ne hanno anche allungato e smagliato la struttura. Ma mai dire mai.

RIARMO

Invece, la notizia passata quasi in sordina del riarmo deciso da Berlino può avere ripercussioni importanti non solo per la Germania ma per tutto il continente. Scholz, nel suo discorso al Bundestag ha parlato di “svolta epocale”, lasciandosi andare a un laconico “il mondo non è più quello di prima”. Il cancelliere stanzierà un fondo da 100 miliardi di euro con l’obiettivo di rafforzare, in certi casi anche ricostruire, un esercito che – per usare un eufemismo – non gode di buona salute. Scholz ha anche avvertito che il proprio Paese arriverà a spendere almeno il 2% del Pil nel settore della Difesa, la quota richiesta a gran voce dagli Stati Uniti a tutti i Paesi dell’Alleanza Atlantica. Se il primo scopo è quello di rendere la Bundeswehr realmente efficiente, il secondo è di tornare a svolgere un ruolo geopolitico e militare importante nel continente, visto che quello economico è già consolidato. Tornare, quindi, ad avere un peso specifico sulle questioni militari, come nel caso dell’iniziativa dell’esercito comune europeo.

E l’attore principale in Europa su questo fronte, ovvero la Francia di Emmanuel Macron, guarda con attenzione alla mossa tedesca. Parigi, soprattutto dopo la Brexit e l’uscita dal campo di Londra, è consapevole del suo ruolo predominante a livello militare, dato anche il possesso di armamenti nucleari. Per evidenti motivi storici vorrebbe evitare di ritrovarsi un vicino – oggi senza dubbio amico – con una forza pari o simile alla sua. A meno che non rientri nel contesto europeo. I francesi sono i maggiori promotori di un’autonomia strategica europea, delineata anche dalla cosiddetta dottrina Macron, a condizione che a guida della compagine ci siano loro. In tal caso un aumento degli sforzi tedeschi potrebbe essere ben visto e servirebbe da impulso a una difesa comune. D’altronde il momento sembra – purtroppo e/o per fortuna – propizio per un passo avanti.

Lo stesso Macron ha cercato di assumere un ruolo di mediatore con Putin in questi giorni concitati. Un attivismo diplomatico non sempre riuscito ma che sembra stia pagando in vista delle elezioni di aprile, visto che gli ultimi sondaggi registrano un netto incremento del consenso per l’attuale presidente francese. A tal punto che a oggi sembra quasi scontata una sua rielezione. Se dovesse avvenire, incoronerebbe il capo dell’Eliseo come nuovo leader europeo.

ENERGIA E GAS

Un altro fattore che potrebbe cambiare l’Europa è la questione energetica. Le sanzioni alla Russia hanno reso evidente il problema della dipendenza dal gas di Mosca per molti Paesi dell’Unione. Bruxelles vuole correre ai ripari e smarcarsi dal problema, per questo la Commissione europea ha annunciato il piano RePowerEu per rendersi totalmente indipendente dalle importazioni di gas russo entro il 2030 e diminuirle per due terzi entro la fine dell’anno. L’idea è di diversificare le fonti di approvvigionamento ma anche di dare il via libera all’acquisto e allo stoccaggio comune di risorse e di gas. Nel progetto, infatti, si ipotizza la creazione di una piattaforma europea congiunta. Anche questo è un passo che rientra nell’ottica di un’autonomia strategica totale, non solo quindi militare ma anche energetica.

Inoltre a Bruxelles, stando alle indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg, si è aperta la discussione su un possibile Eurobond europeo, ovvero obbligazioni “di guerra” per drenare risorse e riversarle in particolare sul settore energetico. Non c’è ancora unità di intenti tra gli Stati, ma l’idea sarebbe comunque in piedi. Comunque vada a finire la guerra in Ucraina, stravolgimenti grandi e piccoli riguarderanno anche l’Unione europea. Su tutti i fronti.

Immagine: Alisdare Hickson, Flickr

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