Geopolitica
I Giochi olimpici della discordia, tra pandemia e boicottaggi
È iniziata a Pechino la 24esima edizione delle Olimpiadi invernali, che tra Covid e boicottaggi è già tra le più controverse di sempre. A partecipare in 15 discipline diverse saranno 2874 atleti, divisi tra il 45% donne e il 55% uomini, provenienti da 91 Paesi. L’Italia sarà protagonista con 118 sportivi e sportive che rappresenteranno il Belpaese. Durante la cerimonia di chiusura, inoltre, ci sarà il passaggio di consegna della bandiera olimpica ai sindaci di Milano e Cortina che ospiteranno i Giochi del 2026. Ma a far discutere sono state le politiche cinesi adottate per gestire i giochi olimpici durante la pandemia in corso, seppur in fase regressiva in alcune parti del mondo, e il boicottaggio diplomatico occidentale.
Dalle prime settimane della diffusione del Covid – o meglio, dopo il primo periodo in cui hanno tentato di tenerla nascosta – Xi Jinping ha optato per una strategia ferrea con l’obiettivo di evitare in tutti i modi possibili aumenti di contagi e casi positivi. Pur contraendo lo stato di libertà personale della popolazione. La cosiddetta strategia zero Covid. Un programma continuato pure in occasione delle Olimpiadi. La manifestazione è suddivisa in tre “bolle”: una nella capitale Pechino, una a Yanqing e una a Zhangjiakou. Tre città in cui sono stati disposti dei villaggi olimpici autonomi, non comunicanti tra loro, con regole precise per spettatori e soprattutto atleti. Non ci sarà il pubblico straniero e i cinesi che potranno assistere dagli spalti alle gare sono stati invitati ad applaudire solamente, niente cori o grida di incoraggiamento, per evitare contagi. Per gli sportivi, invece, che hanno dovuto passare un periodo in quarantena dopo essere entrati nel Paese, il vaccino è obbligatorio e quotidianamente verranno testati. Anche gli staff saranno controllati costantemente. Ha fatto scalpore il video postato da Kim Meylemans, atleta belga, costretta a un doppio isolamento dopo un primo tampone positivo ma poi negativizzata. Una (ennesima) conferma della rigidità dei protocolli sanitari imposti da Pechino.
Ma nelle ultime settimane non sono solo le restrizioni anti-Covid ad aver fatto discutere. Lo sport – anche e soprattutto quello mondiale – non è immune alla politica, tutt’altro. E forse, nell’attuale contesto internazionale, i legami tra i due ambiti sono ancora più stretti (e il caso di Novak Djokovic lo ha dimostrato). Molti Paesi occidentali hanno infatti annunciato un boicottaggio che non coinvolge gli atleti ma solo i funzionari di governo. Stati Uniti, Regno Unito, Nuova Zelanda, Canada, Australia e anche Giappone hanno infatti deciso di non mandare in Cina i loro rappresentanti. Una scelta dovuta alle accuse che questi Paesi lanciano alla Cina di violare i diritti umani e commettere crimini contro le minoranze, soprattutto nella regione dello Xinjiang ai danni degli uiguri. Ma anche di reprimere il dissenso a Hong-Kong o di minacciare politiche assertive nei confronti di Taiwan.
L’Europa si è spaccata: la Francia dovrebbe inviare la ministra dello Sport Roxana Maracineanu, mentre non ci saranno membri del nuovo governo tedesco di Olaf Scholz. L’Italia sarà rappresentata dall’ambasciatore a Pechino Luca Ferrari, oltre che dai sindaci delle città della prossima edizione dei Giochi invernali.
Singolari anche i consigli di alcuni comitati olimpici ai propri atleti di non usare i telefoni personali durante le Olimpiadi, per paura di intercettazioni e monitoraggi illeciti da parte della Cina. Stati Uniti, Olanda, Canada hanno fornito agli sportivi nuovi cellulari e computer che dopo la manifestazione verranno disattivati. Come particolare, ma emblematico, è stato l’avviso della speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi agli sportivi americani: andate lì solo per gareggiare, non organizzate proteste simboliche contro la Cina perché c’è il rischio di ripercussioni.
Ma per la Cina – e per Pechino, prima città al mondo a ospitare sia un’edizione invernale sia quella estiva – queste Olimpiadi rappresentano anche un momento di grandezza, da affermare all’interno e all’esterno dei propri confini. Xi Jinping, in un messaggio video, ha annunciato che il Paese è pronto “e dedicherà al mondo con tutto il suo cuore Giochi olimpici semplici, sicuri ed emozionanti”. In risposta alle accuse occidentali, nella cerimonia di apertura di venerdì 4, il braciere olimpico è stato acceso da un’atleta uigura. Un gesto considerato provocatorio da molti. Per esaltare l’evento Xi ha invitato e accolto con tutti gli onori altri capi di Stato e di governo non allineati al blocco guidato dagli Usa. Fra tutti il presidente russo Vladimir Putin, che ha incontrato Xi Jinping personalmente e con cui ha rilasciato una dichiarazione congiunta. Un modo per attestare il rapporto amichevole tra Cina e Russia definito nella nota in un momento “senza precedenti”. Tra l’altro Putin osserverà i propri concittadini in incognito visto che gli atleti russi sono presenti come Comitato Olimpico Russo, senza bandiera nazionale e senza inno, perché il Paese è ancora escluso a causa del recente scandalo di doping.
Ma non solo Putin, anche il presidente egiziano Al Sisi o il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman. Presenti anche i leader dei Paesi dell’Asia centrale e l’emiro del Qatar. Particolare anche il ruolo e l’opinione del Comitato olimpico internazionale (Cio) dopo il caso della tennista cinese Peng Shuai che prima aveva accusato di molestie sessuali il vice premier Zhang Gaoli, poi era sparita facendo temere una repressione di Pechino per poi ricomparire e ritrattare la versione dei fatti. Una vicenda che prevedibilmente aveva scatenato polemiche contro il governo e l’amministrazione cinese. Il presidente del Cio, Thomas Bach, aveva incontrato virtualmente Peng Shuai e ha promesso di farlo di persona proprio a Pechino durante i Giochi, un modo per sgombrare il campo da ipotesi di abusi alla libertà personale della tennista. Bach ha anche dichiarato che le Olimpiadi di Pechino apriranno “un nuovo capitolo nella storia dello sport. Saranno l’inizio di una nuova era degli sport invernali. Oggi la Cina è un Paese di sport invernali.” Parole che di sicuro hanno fatto piacere a Xi Jinping.
(Immagine di copertina, Credit: Slice of Light, Bird’s Nest)
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