Geopolitica
Adesso con Putin bisogna piantarla, anche se difende i “nostri” valori
Un po’ di italiani e un po’ di europei sono fulminati dalla Terza Roma e sostengono l’autocrate euroasiatico come fosse il Gesù Bambino (ortodosso e scismatico) in grado di risolvere i problemi dell’Occidente Cristiano (perché dovrebbe farlo a gratis non se lo chiede nessuno ma così sia, per ora). La Russia dell’Aquila bicipite che guarda a est e ovest vuole tornare nel Grande Gioco del XXI secolo, ma cosa è oggi la Russia di Putin? È credibile nel suo sforzo?
Per capirlo uscendo dal tifo da stadio facciamo scorrere rapidamente un po’ di dati (ne bastano una manciata) e mettiamoli non in rapporto con gli Stati Uniti, giacché la guerra fredda è finita, ma anche con l’Italia, che magari ci capiamo meglio. Prendiamo, cosí a caso, il PIL, prodotto interno lordo, (che nel 2015 per noi sarà quel + 0,9 ridicolo ma che in Russia complice le efficaci sanzioni sarà un tragico –tanto%) : nel 2014 la Russia nel ranking mondiale era nona con l’Italia ottava; valeva grosso modo la metà della Germania, un quinto della Cina, un nono degli Stati Uniti e dell’Unione Europea (dati FMI). Nel Pil pro capite (dati FMI) precipitava al cinquantesimo posto, con l’Italia trentaduesima, la Germania diciottesima, e gli Usa decimi.
Se la guerra si fa coi quattrini, Moskva, We have a Problem: le misure contano sempre e qui si scarseggia. Se si facesse con le sole armi Italia e Germania uscirebbero dal confronto perché non sono potenze nucleari. Grazie al piano di riarmo varato da Vlad qualche anno fa le spese militari francesi toccate dalla crisi sono oggi l’80% di quelle russe, simile il conto per il Regno Unito mentre Putin rimarrebbe a un nono scarso di quelle statunitensi. Per quanto ci riesce? Mah, insomma: il crollo dei prezzi del petrolio per la Rodina è roba da infarto, le sanzioni una gomitata al plesso solare ma il peggio è che la spesa per armi vale uno sproposito, quasi il 5% della ricchezza nazionale mentre in Francia e Gran Bretagna meno della metà (velo pietoso sull’Italia, che non ce la faccio a scrivere il numero). Quanto sia sostenibile nel tempo una simile economia di guerra, chiedere per sms a Gorby ‘89. (Fonte: Stockholm International Peace Research Institute)
Nella sostanza Mosca è una potenza regionale senza capacità di proiezione strategica dove, a secondo dei settori, la impaglia con Italia, Francia, Germania o i sudditi di Sua Maestà; se qualcuno crede che lo zio Vladimir abbia la forza politica, economica e militare per risolvere la crisi siriana o qualsiasi altra crisi allora dovrebbe ammettere che lo potrebbero fare singolarmente anche Francia o Gran Bretagna, l’una per l’altra: fate voi…. Aggiungiamo, en passant, che lo sforzo in Siria si limita ad una manciata di aerei bene assortiti (più o meno un nostro stormo) e una brigata di fucilieri di Marina con qualche eccellente Tank T90, rinforzata da un potente schieramento… però difensivo: i missili antiaerei S400 e i sistemi da difesa elettronica con i complessi antiaerei e antinave dell’incrociatore Moskva (dato che l’IS non ha Marina e Aeronautica, per cortesia, chiedersi a che servono). Lo schieramento difensivo è coerente con l’idea di difendere le due storiche basi ex sovietiche di Latakia e Tartus, l’autentico obiettivo di Putin essendo le uniche, oltre a una in disarmo nel Vietnam, fuori dal territorio russo e in procinto di cadere nelle mani dei ribelli a seguito del dissolversi delle forze di Assad.
Veniamo agli italici filorussi disordinatamente vocianti, prevalentemente di centrodestra, per i quali i numeri di cui sopra rispetto alla Verità ovviamente non contano; la prima domanda che farei è ma quanto valgono in termini di consenso i finanziamenti che generosamente il governo russo devolve a partiti e organizzazioni europee? Liberi di non rispondere, il compagno Greganti ad esempio non lo fece, ma è un vizio consolidato per i partiti prendere quattrini da governi di altri paesi. Eviterò la solita ramanzina che dovrebbe ricordare al centrodestra le origini liberali (origini? ma lasciamo stare, va’).
Andiamo anche qui sul concreto con qualche numero prendendo tra i quattro o cinque a disposizione il Democracy Index dell’Economist che mette insieme diritti civili e libertà economiche con democrazia. Nelle Full Democracy al numero 13, 16, 19, 21 troviamo rispettivamente Germania, UK, USA e Francia. L’Italia che si arrabbia sempre per le classifiche sta in seconda fascia tra le Flawed Democracy allo scalino 29. Come è giusto la Turchia scivola nella terza fascia negli Hybrid Regime (98). La Russia però un po’ più giù, diciamo al 132 posto insieme a Siria (163), Iran (153), UAE (152) tanto per parlare di quelli dalle parti della guerra ma per nemesi storica dietro al Vietnam (130): peccato che la sezione però sia quella degli Authoritarian Regimes, la peggiore.
Bene, così è conciato il Paese creato a propria immagine da Vladimir Putin: corsa agli armamenti, povertà diffusa nonostante il gratuito dono di materie prime pregiate, l’uso ricattuale delle stesse, la illiberalità culturale che si tramuta in censura per la stampa, omicidi politici, rottura di accordi internazionali. In una parola tutto quanto abbiamo combattuto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma l’Italia di quel substrato cattolico che mai accettò fino in fondo l’alleanza con l’occidente, di quel pezzo di destra che negli Stati Uniti e nella democrazia jeffersoniana ha visto e vede il nemico e da sempre accetterebbe l’idea dello scambio tra sicurezza (propria) e meno libertà (per gli altri) personificata dal profilo dell’uomo forte; l’Italia descritta da Piero Gobetti dove il fascismo è l’autobiografia della nazione, dove un autocrate straniero è un ottimo alleato contro il proprio avversario politico, ebbene questa Italia che non mi piace e mai accetterò, nelle piazze, nei fori cadenti e nei cenacoli di partito, tra cerchi magici e sacre ampolle è la naturale alleata di Vladimir Putin non nella guerra siriana ma come leader al quale rivolgersi e come prototipo politico per la politica romana. In una parola, Putin va bene perché difende quei nostri “valori” nazionali che non sono parte dei valori occidentali.
In un paese serio, membro di una alleanza militare occidentale e uscito solo grazie a una sconfitta in una guerra di aggressione, a una occupazione militare e a una guerra civile da un ventennale regime autoritario, leggere quanto sopra dovrebbe essere sufficiente per tacitare il vocio ma purtroppo il paese in questione è anche quello il cui ventre senza spina dorsale Alberto Sordi sapeva leggere come pochi. Non il Nando Moriconi l’Americano ma il Borghese Piccolo Piccolo che quando gli chiedono cosa è la Libertà, dopo un momento di impaccio se ne esce con un magistrale “La Libertà? La libertà è una bella cosa, peccato ce ne sia troppa”.
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