Ambiente

A che ora è la fine del mondo? Manuale per il 2024

17 Dicembre 2023

Venti di fine del mondo arrivano da tutte le parti, anche se i vagiti di Greta si sono momentaneamente ovattati, superati dagli eventi bellici in corso.

Ma siamo sicuri che la fine del mondo non sia, anche quella, un’invenzione del capitalismo? In fondo, come diceva Mark Fisher “k-punk” nel 2009, nella sua opera Capitalist Realism: Is There No Alternative?, sembra che sia più facile immaginare la fine del mondo che quella del capitalismo. Il povero Fisher non ha potuto vedere le prove di fine del mondo perché si è suicidato il 13 gennaio 2017, a soli quarantotto anni. Non sapremo mai le sue motivazioni, di certo era assai depresso. E non aveva visto la pandemia, la guerra in Ucraina né quella in Palestina, però aveva intuito che in Gran Bretagna stava per succedere qualcosa di insolito: nel 2016 il popolo aveva votato per la Brexit. Forse non ha retto a questa manifestazione di stupidità dei suoi connazionali.

In realtà la fine del mondo, almeno secondo quanto ci insegna la fantascienza, che poi si lega a complottismi vari, a millenarismi, a religioni che prevedono l’apocalisse come fine dei tempi, o palingenesi di vario tipo, insomma teorie magiche, eccetera, potrebbe significare la fine di un mondo come lo conosciamo.

Ma se ci pensiamo bene la fine del mondo come lo conosciamo avviene di continuo, almeno stando alla Storia. Ogni grande cambiamento è giunto non dal nulla ma da una preparazione, più o meno lenta, e ha avuto varie fasi. Certamente i cambiamenti hanno sparso parecchio sangue nei dintorni, sempre e comunque, non sono stati indolori e hanno cancellato intere generazioni di persone, con tutto ciò che quest’azione si porta dietro.

Sono stati avanzamenti da un lato e regressi da un altro, in una cinica bilancia che fa capolino dalle cronache successive, quando ormai si vede il cambiamento storicizzato e le ferite sono, almeno in parte, rimarginate. Però, molte volte, non si rimarginano e si trasformano in piaghe purulente, all’apparenza inguaribili.

Basti vedere il conflitto israelo-palestinese, per esempio. Sembra non finire mai. È una ferita che, al contrario, pur tenuta a bada con palliativi, ha delle recrudescenze che annientano le cure precedenti. Tutto ciò può significare cose diverse. La prima cosa che si pensa è che la terapia fosse sbagliata, e qui la colpa è del medico che l’ha prescritta. Infatti, se quel medico l’avesse studiata meglio, avrebbe capito che si sarebbe presto manifestata un’incompatibilità tra la ferita e l’ambiente circostante. Forse il medico aveva sopravvalutato le risorse dei due corpi o forse voleva tentare la creazione di un impossibile Frankenstein.

Il medico primario – con la sua équipe di sapienti internazionali – era la solita Gran Bretagna, che già in quelle stesse terre, insieme alla Francia, aveva deciso una spartizione della torta ex-ottomana, fregandosene delle promesse fatte alle tribù arabe che aveva aiutato a rivoltarsi contro l’Impero di Istanbul. Lawrence d’Arabia… ricordate?

La terapia, ossia creare lo stato d’Israele dopo il conflitto mondiale, sempre senza considerare le esigenze dei popoli arabi che vi abitavano da secoli, si è dimostrata abbastanza impropria: le Nazioni Unite sbagliarono clamorosamente, sapendo benissimo che accontentare entrambi i popoli era impossibile, proprio per la mancanza di volontà delle due parti, tant’è che le conseguenze si vedono ancora oggi, sempre più sanguinose, concimando l’idea di una fine del mondo ancora più vicina. D’altro canto bisogna anche considerare che agli ebrei, essendo stati nei secoli considerati una malattia e quindi espulsi o perseguitati fino all’orrendo olocausto germanico, una volta ottenuta una terra ove stabilirsi, peraltro negli stessi luoghi biblici da cui quella popolazione aveva origine (ah, le radici!), non parve vero di avere finalmente una patria. La Gran Bretagna, nel suo piano di decolonizzazione, concesse quelle terre e tolse le tende. Difficile dire chi abbia ragione e chi abbia torto in un’escalation di terrore che ha interessato ora gli uni ora gli altri, tra due assolutismi infrangibili che non permettono mediazioni.

Pensare che, sotto l’Impero Ottomano, gli ebrei, profughi dalla Spagna dal 1492, avevano impiantato a Salonicco, in territorio greco sebbene controllato da Istanbul, in un clima di tolleranza, una fiorente comunità che resistette fino a quando arrivarono i nazisti che svuotarono la Gerusalemme dell’Egeo, deportando tutti. Anche i Greci contribuirono, va detto, molto probabilmente per invidia. La florida storia degli ebrei di Salonicco è lunga e articolata ed è piena di soprusi da quando l’Impero Ottomano venne smembrato. Sembra un paradosso ma alla fine c’era più tolleranza sotto la Sublime Porta.

Le piaghe purulente, però, non stanno solamente in Medio Oriente.

Sempre d’impronta anglosassone sono le sciagure che avvolgono l’America Latina, con dittatori manipolati dagli Stati Uniti d’America, i quali hanno manipolato le società di emigrati che vi si erano lentamente costituite e che avevano trovato un equilibrio, chiamiamolo così, dopo secoli di conquiste e di schiavismo. Le dittature di Pinochet e Videla hanno un solo burattinaio, Henry Kissinger, recentemente scomparso e fatto passare, in molti coccodrilli, come un grande statista mentre, invece, era un criminale. Punti di vista, naturalmente.

La sua storia è una delle più oscene che si possa immaginare. L’Argentina di oggi è il frutto di quello sconvolgimento pluridecennale che ha prodotto la dittatura, dove intere generazioni sono state fatte sparire e dove si sono succeduti presidenti, a fasi alterne, che hanno provato a risollevare il paese o a inabissarlo nuovamente, con figure da avanspettacolo come Menem e adesso Milei, un pagliaccio senza precedenti, che fa il paio con la star del trash Leevon Kennedy. Chi non la conoscesse vada a cercarsela perché è veramente emblematica del trash fuori di zucca argentino.

I nuovi equilibri che si stanno delineando nel mondo potrebbero far presagire che prima o poi il capitalismo avrà una fine, come tutte le cose. Oppure si trasformerà in qualcosa di diverso, una specie di Frankenstein anche quello, con pezzi vari raccattati qui e là. In parte lo è già. Perché mi pare che il modello capitalista sia stato adottato in pieno da paesi canaglia come l’Arabia Saudita, monarchia assoluta dove il potere è in mano a una famiglia reale senza scrupoli e oscurantista, nonostante il moderno principe voglia mostrare quanto abbia a cuore la tecnologia e l’innovazione, che però non passano attraverso la reale evoluzione della società, ancora chiusa in medievalismi inammissibili e guerre fratricide con paesi vicini. L’Arabia Saudita è solo un esempio tra i tanti. Alcuni occidentali pensano che il principe arabo sia il pianificatore di un Rinascimento. Mah!

La fine del mondo come lo conosciamo la stiamo vedendo anche da noi, con un regime populista che va contro il popolo stesso, illudendolo che sia il contrario, con altri pagliacci alla guida. Anche se lui ha detto che non si candiderà, qualche tempo fa, la Lega e i Fratelli d’Italia faranno a gara per candidarlo. Si tratta dell’illuminato generale Vannacci, l’autore dello squinternato Mondo al contrario, nuova bibbia dei conservatorissimi, pieno di luoghi comuni e pregiudizi che speravamo sepolti. Evidentemente i cadaveri non erano tali e sono stati disseppelliti in tempo e messi in rianimazione per tornare a nuova vita. Vannacci sarà sicuramente la nuova superstar delle prossime elezioni. Potrebbe essere uno dei segni dell’Apocalisse nostrana, uno dei quattro cavalieri. Altro cavaliere de noantri è Salvini, che da comunista padano si è metamorfosato, giorno dopo giorno, in varie crisalidi, che hanno dato vita a farfalle mostruose che sarebbero da disinfestare con un bel Raid antiparassitario. L’ultima falena con cui si è manifestato il Capitano, a Firenze, ha riunito il peggio della destra internazionale, i più retrogradi, i più fascisti, i più nazisti, come se niente fosse, pur di esternare il proprio patologico narcisismo e quindi il proprio bisogno di farsi notare. Brutto segno, comunque. Un metaforico Evento di Carrington in mano a questa gente potrebbe far ripiombare il mondo nell’oscurantismo più di quanto non lo stiano già facendo le guerre in Ucraina e in Palestina, che, diciamolo bene, hanno radici completamente distinte sebbene si accomunino nella Terza Guerra Mondiale diffusa.

L’altra faccia del capitalismo, ossia gli aspiranti, ossia il mondo BRICS+, sta vedendo crescere la famiglia ma i modelli sociali che propone non sono ovunque univoci e chiari. L’India e la Cina, i due colossi dello schieramento, per esempio, hanno modelli sociali assai distanti tra loro e, mentre in un paese pascolano libere le vacche sacre e ci s’immerge nel Gange per purificarsi, mentre è ancora vivo il sistema delle caste (sebbene ufficialmente abolito nel 1947), nell’altro i cani vengono allevati per essere mangiati e si cementifica qualsiasi angolo con grattacieli, anche dove non si dovrebbe, per far posto alle nuove generazioni di lavoratori, in quartieri ghetto di megalopoli sempre più affollate. Entrambi i paesi sono, peraltro, forti inquinatori, anche perché “producono” per sé stessi e per il resto del mondo, a cui vendono roba scadente a prezzi bassi. Bassi per il mondo ricco, chiaro.

Un canale di Pechino

Il povero Brasile, che in realtà avrebbe una struttura sociale più simile a quella occidentale, anche se lì poi tutto è mescolato, soprattutto adesso che è tornato Lula, si trova a gestire un territorio devastato dal capitalismo selvaggio di Bolsonaro e i rapporti con una nuova Argentina che aspirerebbe ad aumentare la famiglia dei BRICS+ ma che allo stesso tempo vorrebbe usare il dollaro come moneta. Idee poche ma confuse, quelle di Milei. E quindi, alla fine, Lula si troverà a dover far scambi commerciali con Milei in che valuta? Staremo a vedere.

Cos’abbia, comunque, in comune il Brasile con India e Cina dev’essere poco chiaro allo stesso Lula. Anche perché Xi si è sentito offeso dal fatto che Biden, interrogato da una giornalista sul fatto che sia un dittatore, ha risposto che il cinese lo è. E, in effetti, se si va a vedere la costituzione cinese, la Cina è la dittatura del proletariato e quindi Xi è un dittatore a tutti gli effetti. E come tale si comporta, facendo epurazioni nella dirigenza a suo arbitrio. Eppure si offende se viene chiamato tale. Mah. Lula che ha in comune con questi?

Il capitalismo come sistema però non cessa di affascinare anche i BRICS+, che vogliono partecipare alla festa del mercato internazionale proponendo consumi piuttosto che visioni alternative al consumo.

Le ultime uscite di altri aspiranti a entrare in famiglia, ossia gli Emirati Arabi, altro paese canaglia come l’Arabia corteggiato dall’Occidente, per bocca del sultano Al Jaber, che guida la Cop28, che non è una Coppa del mondo ma una conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, ha affermato che continueranno a produrre e vendere petrolio perché non influisce sull’ambiente e che senza petrolio il mondo tornerebbe alle caverne. Ipse dixit. Lo dice, peraltro, anche Elon Musk, beniamino di Giorgia meloni e ospite d’onore ad Atreju. Ottime premesse per un radioso futuro da parte di questi paesucoli ricchissimi e stupidissimi. Una famiglia allargata di mentecatti. Poi, al solito, si sente dire “Le mie parole sono state male interpretate”. Sembra di sentire i nostri politici che prima fanno la frittata e poi pretendono di restaurare le uova come nuove.

The Line, la città lineare lunga 170 km che l’Arabia vorrebbe realizzare

Di fatto il capitalismo è lungi dal finire, viste le aspirazioni dei nuovi che si affacciano, e dovremo tenercelo ancora per un po’, con conseguenze sempre peggiori per tutti, perché è una catena di Ponzi via via più stretta e si sa che chi è l’ultimo arrivato ci rimane fregato mentre chi si arricchisce sono solo i primi che hanno iniziato la catena. La fine del capitalismo spaventa quindi molto di più della fine del mondo e, per impedire che il capitalismo finisca, i paesi più ricchi hanno escogitato che se instilli la paura di un’apocalisse la gente ti segue. Per farlo si serve di tanti mezzucci, uno dei quali è la religione. Non una in particolare bensì tutte le religioni. Inculcare una fede è un’arma importantissima per il potere, perché una fede è qualcosa di profondamente primitivo e irrazionale, che dà risposte a domande insolubili pur ricorrendo a spiegazioni magiche, cioè illusorie.

La religione può anche essere travestita da una qualche cosa di trascendente con cui avere un approccio fideistico come il riscaldamento globale corretto, per tutte le eventualità casomai il mondo decidesse di raffreddarsi, in cambiamento climatico. I nuovi sacerdoti di questa religione dogmatica sono gli adolescenti, e cosa di meglio di una vergine svedese, autistica, colle trecce al posto giusto, petulante quanto basta per decorare il palcoscenico dell’apocalisse prossima ventura?

Attenzione a tutti questi segnali. Non è un complotto, naturalmente, perché i complotti così ben organizzati si ritrovano solo nelle trame dei film di 007, e durano al massimo due ore di proiezione. Un complotto così dettagliato avrebbe bisogno di cervelloni in cooperativa e non mi pare di vederne. Ve li immaginate i nostri politici coinvolti in un complotto come questo? I nostri Capitani e le nostre sore(le)lle d’Italia farebbero andare a male tutto, sconvolgendo i piani della Spectre e rendendo il complotto un’Operazione San Gennaro. Non migliora la situazione cisalpina, visto il livello di Macron, che spesso si agita come un pipistrello preso nella rete, si salvi chi può.

Gli ultimi giorni dell’umanità sono ancora lontani però, di sicuro, ne vedremo delle belle proprio per il disordine che impera ovunque, e non sarà per i cambiamenti climatici che sommergeranno Londra o Venezia o New York. I paesi produttori di petrolio, forse, saranno messi in crisi dalle energie alternative. Forse, però, eh! Paesi cinici come India, Cina e Russia (e Stati Uniti!) continueranno a inquinare senza ritegno, tanto a loro che gliene frega, morto più morto meno. La fine del capitalismo aspetterà ancora qualche decennio, tranquilli. Poi, a un certo punto, improvvisamente, il collasso. Ya se acabó.

 

 

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