Commercio globale

Australia alle urne

29 Giugno 2016

L’Australia andrà alle urne il 2 luglio per elezioni politiche generali anticipate, sia per Camera che per Senato. Il Premier Malcolm Turnbull le ha richieste con un paio di mesi di anticipo sulla naturale scadenza della legislatura. Campagna elettorale lunga, iniziata da mesi, e alquanto nervosa. Niente a che vedere con le tensioni che si registrano in Europa, ma i temi in agenda sono davvero tanti e il dibattito è comunque aspro.

Ultime battute dedicate al vasto tema del Same-Sex marriage (matrimonio omosessuale). Tema, evidentemente, al centro del dibattito politico in mezzo mondo. Il Premier in carica ha chiarito, una volta per tutte, che porterà  entro la fine dell’anno, gli elettori alle urne per un Referendum sulla materia. In questo modo toglie dal tavolo una questione fortemente divisiva per i parlamentari del Partito Liberale (centro-destra). Molti di loro evitano come la peste di schierarsi sul tema in questa campagna. Mentre i Laburisti hanno chiaramente detto che la questione dovrebbe e potrebbe essere risolta serenamente dal Parlamento.

Nelle settimane precedenti  si è parlato molto di tasse a seguito dell’ultima finanziaria del Governo Turnbull che ha proposto significativi cambiamenti che colpiscono prevalentemente le classi popolari (meno esenzioni). Si è parlato molto del ruolo dell’Australia nella gestione del Climate Change e dell’implementazione dell’accordo di Parigi. Con generiche dichiarazioni di buona volontà da parte sia Laburista che Liberale. I Greens, che hanno invece un programma in materia, saranno con ogni probabilità una delle sorprese di queste elezioni. Con una nuova leadership (l’Italo-Australiano Richard Di Natale) e un partito che ormai parla a tutta la società, un personale politico giovane e brillante, l’ascesa degli ambientalisti è probabile che continuerà.

Non enormi le differenze dei programmi economici dei due maggiori partiti: entrambi dichiarano di voler riportare al surplus il budget federale, ma con tempistiche diverse. I Laburisti promettono meno tagli a educazione e sanità e più tasse sui redditi elevati. Ma entrambi garantiscono l’indipendenza totale della banca centrale. La nuova Leadership liberale di Turnbull, che ha sostituito il più ideologico Abbott a settembre 2015 con una manovra dietro le quinte degna dei più navigati democristiani italiani della prima repubblica, appare sicuramente più brillante e tecnocratica di quella dell’ex sindacalista Bill Shorten, alla guida dei Laburisti dalle scorse elezioni. Il risultato è molto incerto, anche per l’ascesa dei micro partiti e soprattutto dei Greeens tra le nuove generazioni urbane.

Altra grande questione è ovviamente l’immigrazione e, in particolare, il centro di “gestione” dell’immigrazione clandestina di Manus Island, per le condizioni di vita del quale la federazione è stata richiamata anche dalla commissione diritti umani delle Nazioni Unite. I Verdi hanno già dichiarato che in caso di hung parliament (nessuno dei due maggiori partiti ottiene la maggioranza assoluta per governare), non negozieranno alcun accordo di coalizione senza una discussione su questa spinosa questione.

Nel frattempo, la Brexit, è piombata anche sulla campagna elettorale agli antipodi, dando paradossalmente nuova linfa al movimento repubblicano. L’eventuale ma non impossibile secessione di Scozia e Ulster dal Regno Unito renderebbe sempre più insostenibile la permanenza degli Windsor al vertice dello stato Australiano e il mantenimento di un anacronistico legame con “Little Britain”. Il Governo aveva precedentemente dichiarato di voler iniziare un negoziato per un trattato di libero scambio con la UE entro il 2017. La Brexit complica decisamente il negoziato.

 

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