Cina

Taiwan: l’angoscia perenne dell’invasione

11 Novembre 2023

L’isola di Taiwan: soli 150 Km di distanza dalla Cina, 24 milioni di abitanti ed una superficie grande una volta e mezza la Sicilia, uno Stato che quasi nessun Paese al mondo riconosce, anche per paura di inimicarsi la Cina. È la preda ambita dal Paese del Dragone, che vuole annetterla. Un determinato Xi Jinping promette pubblicamente di volerlo fare “con le buone o con le cattive”.

Al centro di sanguinose contese da mezzo millennio, una delle più recenti ne decide le sorti di paese “sospeso”. Alla fine della seconda guerra mondiale il Giappone, impadronitosi dell’isola, perde la guerra e nel 1951 l’isola, che torna nelle mani della Repubblica Popolare Cinese attraverso la Conferenza di Pace di San Francisco[1]. Ma in Cina la situazione è complicata, il Partito Comunista Cinese (PCC) ed il Kuomintang (KMT, Partito Nazionalista Cinese) sono in lotta perenne: la prima Guerra Civile scoppia nel 1927, guerra in cui il PCC ha la peggio[2]. I due partiti, uniti nel cacciare i giapponesi, nel 1946 si dividono nella seconda fase della guerra civile, che si conclude con la vittoria dei comunisti guidati da Mao Zedong, mentre il governo del Kuomintang (KMT), guidato da Chiang Kai-Shek, si ritira a Taiwan[3].

La Cina continentale, sotto il controllo del governo comunista, crea la Repubblica Popolare Cinese (RPC), con Pechino come capitale, mentre a Taiwan si insedia la Repubblica di Cina (ROC). La Cina continentale adotta una politica di isolamento diplomatico nei confronti di Taiwan: ma mentre è intenta nella ricostruzione del paese e nel consolidamento del potere interno alla ricerca di stabilità economica e politica, si ritrova a dover fronteggiare pressioni ed aspre critiche da parte della comunità internazionale per questa sua linea politica[4].

La distanza tra Cina e Taiwan cresce progressivamente, e la prima sempre più osteggiata, soprattutto dagli Stati Uniti, che offrono a Taiwan supporto politico e militare[5]. Ma i tempi cambiano, la Cina inizia un profondo cambiamento nella politica estera per far crescere l’economia e migliorare le sue relazioni con il resto del mondo. Non ha scelta: la situazione con Taiwan deve anch’essa essere affrontata diplomaticamente, adottando tutta la tolleranza possibile, scongiurando così tensioni internazionali sempre in agguato. Di conseguenza, con Taiwan, la linea è di evitare conflitti su larga scala[6]. Taiwan si dota di un proprio sistema politico, di un governo, di una Costituzione, di un esercito, di una moneta. Dal 1996 il suo popolo elegge liberamente il proprio Presidente ed il Parlamento. Ma è uno Stato che la Cina si ostina a non voler riconoscere, cosa che ostacola anche il riconoscimento da parte di altre entità come le Nazioni Unite, dove la Cina possiede un posto permanente[7].

Una preda ambita

Il complesso industriale della TSMC a Taiwan, il più grande produttore di chip elettronici al mondo[8]
Nel corso degli anni la Cina assume un approccio pragmatico verso Taiwan, cercando di normalizzare i rapporti attraverso una serie di contatti economici, culturali e umanitari. Ma, malgrado l’apparente atteggiamento benevolo e cooperante, Pechino non smette mai considerare Taiwan come parte indivisibile del suo territorio, mantenendo la pressione politica e diplomatica per il riconoscimento internazionale e sottolineando il principio di “una sola Cina”: un obiettivo per cui non esiterebbe a ricorrere all’uso della forza. La pressione aumenta considerevolmente negli ultimi anni, fino a raggiungere livelli di allarme senza precedenti. La situazione tra Cina e Taiwan è complessa, in equilibrio tra conflitto e cooperazione, e continua a influenzare la politica globale.

Al di là della retorica nazionalista imperante, è importante comprendere perché Taiwan viene considerata una preda così ambita ed irrinunciabile. L’isola racchiude in sé alcuni aspetti che la rendono preziosissima per gli equilibri mondiali, sia dal punto di vista geopolitico che industriale. Vi risiede una delle economie più sviluppate e industrializzate dell’Asia orientale, specializzata nel settore manifatturiero e quello tecnologico. Ma la vera unicità sta nel settore elettronico: le aziende taiwanesi detengono una quota di mercato pari al 68% della produzione mondiale di semiconduttori, con Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) che è il più grande produttore di chip a contratto del mondo e che produce circa il 90% dei semiconduttori d’avanguardia, utilizzati ad esempio per l’intelligenza artificiale e per le applicazioni di calcolo quantistico.

Nessun’altra azienda è in grado di produrre chip su larga scala così sofisticati come quelli prodotti da TSMC, che riforniscono le maggiori big della tecnologia, come Qualcomm, Apple, MediaTek, Nvidia, Advanced Micro Devices (AMD), Intel, Samsung e molte altre. Se l’azienda per qualche motivo smettesse di distribuire i propri prodotti, sarebbe una catastrofe planetaria. Questo crea una situazione di forte dipendenza, perché il resto del mondo, malgrado gli sforzi, non riesce a competere. Secondo un rapporto pubblicato da Accenture[9], per raggiungere l’autosufficienza nell’industria dei chip, gli USA avrebbero bisogno di almeno 300’000 nuovi ingegneri, programmatori e personale specializzato. Il rapporto sostiene che nessun Paese al mondo è in grado da solo di formare abbastanza personale per raggiungere l’autosufficienza nel comparto dei semiconduttori: non è tanto una questione di tecnologia o investimenti, ma di risorse umane competenti.

Nei maggiori hub tecnologici americani, come la Silicon Valley ed il MIT (il Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo) la gran parte dei “cervelli” è di origine asiatica, in gran parte cinese e taiwanese: il mondo quindi non dipende soltanto dai materiali prodotti in queste aree, ma anche del personale specializzato che vi si forma. Emblematica è la “China Initiative” varata nel 2018 dall’amministrazione Trump[10], un provvedimento che promette di combattere lo spionaggio industriale, partendo dal presupposto che esista una rete di ricercatori e studenti orientali, prevalentemente cinesi, dediti nel trafugare proprietà intellettuali dal settore tecnologico americano. Il risultato è disastroso: l’iniziativa fa tremare i polsi ai leader del settore scientifico e industriale che ne intuiscono il pericolo, numerosi ricercatori vengono messi indebitamente alla gogna senza però arrivare mai ad una condanna, mettendo a repentaglio interi comparti di ricerca e scatenando il risentimento dei Paesi di appartenenza, pregiudicando le collaborazioni[11].

Nel febbraio 2022 l’iniziativa viene sospesa, dopo aver provocato danni inenarrabili ed essersi rivelata totalmente inefficace nel raggiungere gli obiettivi preposti[12]. Il disastro generato dall’idea che lo scambio globale riguardi soltanto le merci e non l’intelletto, è una dura lezione: applicare il protezionismo tecnologico è la cosa più stupida, deleteria se non impossibile in un mondo così fortemente interconnesso.

Il dominio del mare

Rappresentazione geografica della “First Island Chain”[13]
L’altro grande tema è il dominio geostrategico e la sicurezza: Taiwan è situata al centro della cosiddetta Prima Catena di Isole che va dal Giappone verso sud attraverso Taiwan e le Filippine e poi verso l’Indonesia e la Malesia. Tale posizione è considerata straordinariamente strategica poiché, se la Cina controllasse Taiwan, sarebbe per lei più semplice uscire dai propri porti verso il Pacifico, rappresentando una minaccia per il Giappone, che dipende totalmente dalle rotte marittime dell’Asia orientale per gli approvvigionamenti energetici e per molte altre materie prime. L’apertura di queste “autostrade marittime” potrebbe consentire alla Cina l’uso di sottomarini, una vera minaccia per la Settima Flotta americana, le Hawaii e realisticamente anche per le coste occidentali degli Stati Uniti. Inoltre tale controllo incoraggerebbe le ostilità della Corea del Nord, l’altro Paese che minaccia pace e stabilità nella regione e che gode della protezione della Cina.

Pechino non esita quindi a mostrare il proprio desiderio di riannettere Taiwan, ed il suo atteggiamento si fa sempre più aggressivo, soprattutto dopo l’elezione della Presidentessa Tsai Ing-wen nel 2016, la leader del DPP (Democratic Progressive Party), che persegue dalla linea intransigente nei confronti delle pretese cinesi e che rifiuta di accettare una formula distensiva che il suo predecessore, Ma Ying-jeou, approvava. Tsai, nel discorso inaugurale alla sua elezione (2016), sottolinea di essere stata “eletta presidente in conformità con la Costituzione della Repubblica di Cina”, che è un documento che unisce la Cina, e ha affermato che avrebbe “salvaguardato la sovranità e il territorio della Repubblica di Cina”. Promette inoltre che “condurrà gli affari nelle due sponde dello Stretto in conformità con la Costituzione della Repubblica di Cina”[14]. Ma questa è una formulazione che Pechino rifiuta, viene giudicata incompleta poiché non viene apertamente abbracciato il principio “One China”[15] e decide quindi di interrompere i contati diplomatici con Taiwan[16].

Da allora si assiste ad una costante escalation di dichiarazioni ostili ed azioni dimostrative cinesi, caratterizzate soprattutto dallo sfoggio della propria potenza militare. La tensione si innalza a livelli altissimi nell’agosto del 2022, in occasione della visita a Taiwan di Nancy Pelosi, la Speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, che sbarca a Taipei accompagnata da una delegazione di cinque parlamentari democratici in vista dell’incontro con la Presidente Tsai Ing-wen[17].

La visita di Nancy Pelosi

Agosto 2022: Nancy Pelosi, in visita a Taiwan, scatena la furia di Pechino[18]
È la prima visita a Taipei di un alto rappresentante USA dal 1997 e l’evento viene considerato, a Pechino, come una provocazione: non soltanto Pelosi rappresenta la terza carica istituzionale americana, ma è anche da sempre una delle voci americane più critiche verso il PCC. La settimana prima, saputo dell’incontro, Xi Jinping, furioso, chiama il Presidente Biden e, dopo una telefonata di due ore e mezza, chiosa con l’avvertimento: “chi gioca con il fuoco si brucerà”[19]. Il Ministro degli Esteri cinese afferma che “La visita di Pelosi danneggia gravemente la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, ha un grave impatto sul fondamento politico e sull’integrità delle relazioni sino-americane e viola gravemente la sovranità e il territorio della Cina”[20].

La visita avviene in un contesto di tensione altissima: il coordinatore della Casa Bianca per le comunicazioni strategiche presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale americano, John Kirby, la sera del 1° agosto avverte che la Cina potrebbe salutare la visita con un lancio di missili vicino a Taiwan o potrebbe condurre altre esercitazioni militari, affermando anche che, in caso di attacco, gli USA avrebbero reagito[21]. Ma malgrado un atteggiamento riluttante di Biden, non convinto della bontà del viaggio[22], Nancy Pelosi sceglie comunque di partire e, come previsto, la sua visita scatena una dura reazione cinese.

Il 3 agosto, la Marina dell’Esercito di Liberazione cinese (PLAN), assieme all’Aeronautica Militare (PLAAF), inizia una vasta serie di manovre nello spazio aereo e nelle acque circostanti Taiwan, compreso il lancio di 11 missili balistici a corto raggio Dongfeng-15 (DF-15, in grado di trasportare anche testate nucleari) nelle acque a est, nord-est e sud-est di Taiwan – cinque di quei missili cadono nelle acque della zona economica esclusiva giapponese[23]. Il 7 agosto, lungo la linea mediana tra Cina e Taiwan, sono impegnate in manovre militari 14 navi da guerra e 66 aerei da combattimento, mentre alcuni di questi attraversavano la parte orientale in direzione dell’isola; il giorno successivo 13 navi e 39 aerei cinesi conducono manovre simili, con cacciabombardieri che, ancora una volta, sconfinano[24].

In tutta risposta Taiwan schiera le proprie navi ed i propri aerei per difendersi da un eventuale attacco: lo scenario è quello di un imminente conflitto. Secondo il dispaccio pubblico diramato dalla agenzia cinese Xinhua, le esercitazioni hanno lo scopo di servire da “severo monito verso i separatisti sostenitori dell’indipendenza di Taiwan, verso elementi stranieri e le loro provocazioni”[25].

In un discorso televisivo del 4 agosto, la presidente taiwanese Tsai Ing-wen condanna il comportamento aggressivo della Cina e promette di “difendere risolutamente la sovranità e la sicurezza della nostra nazione come baluardo della democrazia e della libertà”, ma nel complesso la risposta politica e delle società civile sembra essere blanda. Il comportamento composto dei taiwanesi è il segnale inequivocabile di un popolo che ha già scelto da che parte stare, che ha già chiara la propria idea di futuro e che non si lascia facilmente intimidire.

Ma la tiepida reazione rischia di mettere in crisi i leader politici cinesi: se una dimostrazione di forza di questa portata non riesce ad avere un impatto significativo sul pensiero taiwanese, ci si ritrova difronte ad un bivio: optare per una politica di soft power oppure aumentare la dose di aggressività[26]. La scelta sarà invece quella di interrompere i rapporti militari con gli Stati Uniti[27].

Taiwan sfrutta i suoi vantaggi geografici per attuare la “strategia del porcospino”, tanti piccoli sistemi di difesa per ostacolare gravemente un eventuale attacco cinese[28].
Da allora si assiste ad una escalation di episodi di dimostrazione di forza: mentre lungo la costa della Cina continentale di fronte Taiwan l’esercito rafforza le sue basi militari[29], tra il 5 ed il 6 settembre di quest’anno si alzano in volo 103 aerei da guerra in direzione di Taiwan, un numero mai visto in precedenza. Gli aerei, come ormai di consuetudine, sconfinano e poi tornano indietro[30], mentre decine di navi da guerra solcano le acque circostanti: un vero assedio.

La domanda che il mondo intero si fa in durante quelle ore è se la Cina stia dando spettacolo per intimorire Taiwan o se si stia preparando concretamente a mettere in atto il suo antico disegno, la riconquista dell’isola. In realtà la questione, secondo gli osservatori, è piuttosto complessa e certamente la Cina, prima di sentirsi pronta per sferrare un eventuale attacco, attende di equiparare i propri arsenali almeno a quelli statunitensi, soprattutto per quanto riguarda la flotta navale. Secondo un rapporto statunitense del Pentagono[31] la Cina, altre ad incrementare tutti gli altri armamenti, starebbe per aumentare in modo molto rapido il suo arsenale di armi nucleari, con l’intenzione di quadruplicarle entro il 2035. Oggi ha in suo possesso 400 testate nucleari che potrebbero raggiungere il numero di 1000 entro il 2030 e 1500 entro il 2035[32]. La flotta navale, come quella aerea, cresce di anno in anno.

Inoltre l’esercito di liberazione cinese (PLA) è il più grande esercito del mondo con 2 milioni di elementi e con a disposizione una forza navale, aerea e di fuoco ben più forte di quella taiwanese, che conta soltanto 160.000 effettivi[33]. Ma negli ultimi anni anche Taiwan è cresciuta considerevolmente dal punto di vista militare[34]. Non soltanto vengono moltiplicati i fondi per ampliare la difesa aerea e la dotazione missilistica, ma Taipei riceve dagli Stati Uniti diversi nuovi armamenti ed aiuti sottoforma di tecnologia ed assistenza a vari livelli, come anche dal Regno Unito, Canada, Australia, Corea del Sud, India e Spagna[35].

Solo nel 2023, Taiwan ordina agli Stati Uniti armi e servizi per 1,55 miliardi di dollari, compresi sistemi di tracciamento a infrarossi per jet F-16, munizioni e pezzi di ricambio per aerei, mentre negli anni precedenti acquista droni, sistemi di munizioni anticarro, sistemi di artiglieria, obici Paladin, missili aria-aria AIM-9X Sidewinder, missili terra-aria Stinger, siluri per sottomarini MK-48 Mod6, missili aria-terra AGM-154C JSOW nonché apparecchiature di comunicazione da campo e pacchetti di addestramento[36].

Il vero jolly per Taiwan è il vantaggio geografico: gli esperti considerano l’entroterra dell’isola particolarmente ostile a causa della sua pronunciata montuosità e per la densità delle aree urbane. La breve distanza dalla Cina rende le coste continentali facile bersaglio missilistico e aereo come l’avvicinamento navale; difficile sarebbe anche l’attracco, per via di una conformazione costiera che lascerebbe non molto spazio per le operazioni anfibie[37]. Tale situazione spinge Taiwan ad una strategia di difesa soprannominata “del porcospino”: investire in un gran numero di piccoli sistemi di difesa, diversi tra loro, in modo da attuare una protezione asimmetrica che creerebbe serissimi problemi a chi volesse espugnare l’isola.

C’è poi la determinazione del popolo taiwanese, un aspetto che potrebbe fare la differenza, un po’ come accade con la determinazione del popolo ucraino ampiamente sottovalutata da Putin[38]. Ultimo, ma non ultimo, il ruolo degli Stati Uniti: anche se l’esperienza ucraina e la situazione internazionale attuale non proprio favorevole potrebbero indurre il governo americano ad una particolare cautela, è pur vero che difficilmente resterà a guardare, malgrado non esista nessun accordo formale relativo alla difesa di Taiwan, poiché il rischio di perdere gran parte del controllo del Pacifico porterebbe a modifiche sostanziali dalla vasta ripercussione negli equilibri geopolitici e nei quali gli Stati Uniti avrebbero tutto da perdere[39].

La partita è tutt’altro che scontata, ed in questa situazione il costo di un eventuale conflitto potrebbe essere altissimo per tutti gli attori coinvolti. Questo Pechino lo sa bene e cerca altre strade, come quella tentare di piegare la politica ed il sentimento popolare nella regione, nonostante i pochi amici di Xi Jinping nell’isola.

Le elezioni presidenziali alle porte

Da sinistra a destra, i candidati presidenziali taiwanesi Lai Ching-te, Hou Yu-ih, Ko Wen-je e Terry Gou[40]
In questa fase storica particolarmente complessa, Taiwan si prepara per le elezioni presidenziali, che si terranno nel gennaio del 2024. Esattamente come il mondo economico, diplomatico e militare, anche il mondo politico è fortemente condizionato dal conflittuale rapporto tra la Repubblica Popolare Cinese e Taiwan: da una parte la cosiddetta Coalizione pan-azzurra, guidata dal Kuomintang e fautrice di una linea di dialogo e collaborazione con Pechino – e che tradizionalmente non ha mai abbandonato l’idea di una riunificazione con il continente; dall’altra la Coalizione pan-verde, dominata dal DPP, da sempre favorevole all’indipendenza.

Un recente sondaggio vede gli indipendentisti rappresentati dal 48,9% della popolazione, il 26,9% vuole lo status quo mentre soltanto l’11,8% desidera l’unificazione con la Cina[41] ed un confronto con i sondaggi precedenti indica in crescita costante il desiderio di indipendenza. Interessante il sondaggio diviso per partito: tra i sostenitori del DPP il 72% è favorevole all’indipendenza, l’1% desidera lo statu quo mentre il 5% sostiene l’unificazione con la Cina. Il partito nazionalista KMT risulta invece più frammentato, con il 18% favorevole all’indipendenza, il 36% vuole lo statu quo mentre soltanto il 35% desidera l’unificazione[42].

L’elezione del presidente è una questione dal peso formidabile: eletto direttamente per un massimo di due mandati quadriennali, nomina il premier con il consenso del parlamento. Lo Yuan esecutivo, o gabinetto, è composto da ministri nominati dal presidente su raccomandazione del premier. In pratica, il presidente detiene la maggior parte del potere esecutivo.

Nel gennaio 2020, la prima presidentessa donna Tsai Ing-wen, del Democratic Progressive Party (DPP), vince un secondo mandato con il 57,1% dei voti (dopo il primo vinto nel 2016) sconfiggendo il conservatore Han Kuo-yu del KMT che ha il 38,6% dei voti, e James Soong del partito di centrodestra People First Party, con il 4,3%. A seguito però degli scarsi risultati ottenuti dal DPP alle elezioni locali del 2022, la presidente Tsai Ing-wen rassegna le dimissioni da capo del partito, la sua leadership è in discussione, il suo partito è sull’orlo della scissione per le tensioni con la corrente più radicale guidata da Lai Ching-te (noto anche col nome britannico William Lai), ex premier anche lui, ruolo cui rinuncia nel gennaio del 2019.

14 luglio 1987: il governo di Taiwan pone fine ad oltre 30 anni di leggi marziali[43]
Quest’anno Lai Ching-te si candida per le prossime presidenziali, mentre per Tsai Ing-wen, difficoltà politiche a parte, non sarebbe comunque possibile ricandidarsi, il suo eventuale terzo mandato non è consentito dalla Costituzione. L’attuale panorama politico vede schierati per la Presidenza principalmente tre ex sindaci ed un ricco imprenditore: Lai Ching-te, Ko Wen-je, Hou You-yi e Terry Gou.

Lai Ching-te, 63enne ex sindaco di Tainan ed esperto di sanità pubblica, è in politica dal 1996; attualmente schierato con DPP è convintamente uno dei più “verdi”, ovvero pro-indipendenza.  Rispetto alla Presidentessa uscente, Lai ha posizioni separatiste più esplicite e, nel caso di una sua elezione, si prospetta un duro confronto con Xi Jinping[44]. Le posizioni chiare e decise di Lai riscuotono grande popolarità: anche se recentemente subisce un importante calo, è considerato il favorito ed i sondaggi lo danno al 34%[45].

L’ex sindaco di Taipei Ko Wen-je è invece una figura discussa e da molti considerata ambigua: sostenuto dal DPP durante la sua candidatura a sindaco nel 2014 come indipendente, cinque anni dopo fonda il Partito Popolare di Taiwan (TPP) e diviene un feroce oppositore del partito al governo[46]. In tema di indipendenza sostiene la formula “un paese due sistemi”, ha idee piuttosto vicine al KMT, ma non disdegna quelle del DPP; è filo-americano ma non troppo, apprezza lo statu quo ma chiede a Pechino di cambiarlo. I sondaggi lo danno al 23%[47]: difficile possa vincere, ma ha comunque le potenzialità per influenzare il voto.

L’ex sindaco di Nuova Taipei City, il 65enne Hou You-yi, è membro del KMT dal 1975 ed è una popolare figura politica moderata che sposa l’idea di una nazione cinese unificata, non raccogliendo però così la maggioranza soprattutto dei giovani, in gran parte schierati per l’indipendenza. Questo è un grosso problema per lui poiché, anche in virtù della sua età anagrafica, ha una base piuttosto anziana. Inoltre ha un passato molto discusso: prima di entrare in politica, Hou vanta una carriera nelle forze di polizia taiwanesi, durata diversi decenni, operando in un clima autoritario di leggi marziali. È noto per essere stato particolarmente attivo nelle persecuzioni di leader democratici sostenitori dell’indipendenza ed è stato anche accusato di aver avuto legami con la criminalità organizzata[48].

Hou You-yi dichiara apertamente di essere contrario all’indipendenza di Taiwan, mentre considera possibile la formula “un paese due sistemi” a patto che si consenta alla Cina di prendere il controllo della nazione. Nelle sue dichiarazioni ripete che “la Repubblica Cinese è il nostro Paese e Taiwan è la nostra casa” e che “l’indipendenza di Taiwan non ha base legale, quindi mi oppongo”[49]. Malgrado le sue posizioni, è comunque popolare: i sondaggi lo danno per ora al secondo posto con poco meno del 25% di preferenze[50].

La sua candidatura è piuttosto sofferta: il KMT cerca di tenerlo fuori, per via del fatto che Hou è diffidato all’interno del partito in quanto “benshengren” (originario di Taiwan, in contrapposizione ai “waishengren”, che hanno la loro origine fuori Taiwan) e per la sua vicinanza in passato al DPP. Ma alla fine vince le primarie, malgrado il suo sfidante abbia un nome altisonante: Terry Gou, l’imprenditore multimiliardario fondatore della Foxconn[51].

Una candidatura complicata

 

Estate 2018: Terry Gou assieme a Donald Trump, allora presidente degli Stati Uniti[52]
Il 28 agosto di quest’anno arriva l’annuncio: il miliardario Terry Gou, fondatore di Foxconn, uno dei più grandi produttori al mondo di componenti elettrici ed elettronici, si candida alle elezioni Presidenziali del 2024. Gou nasce il 18 ottobre 1950 nel distretto di Banqiao, nella contea di Taipei. Figlio di genitori originari della provincia dello Shanxi, nella Cina continentale, che si rifugiano a Taiwan nel 1949, suo padre è un ex agente dell’Esercito Rivoluzionario Nazionale cinese che combatte durante la guerra civile per il Kuomintang[53].

Dopo essersi laureato in legge alla Soochow University di Taipei, Gou lavora in una fabbrica di gomma e poi in uno stabilimento di medicinali fino all’età di 24 anni. Nel 1974, con 7500 dollari avuti dalla madre e una forza lavoro di dieci dipendenti, fonda la Hon Hai Precision Industry a Taipei (oggi nota come Foxconn): produce parti in plastica per televisori in un capannone in affitto a Tucheng, un sobborgo di Taipei. Il primo salto in avanti avviene nel 1980 quando riceve l’ordine da Atari per realizzare il joystick della sua console[54].

Nel 1988 apre la sua prima azienda nella Cina continentale, a Shenzhen, dove oggi ha la sua fabbrica più grande. Da lì in poi la crescita è esponenziale: nel 1996 inizia a costruire chassis per i computer desktop della Compaq, e le sue commesse si allargano verso computer preassemblati per clienti di alto profilo, tra cui HP, IBM e Apple. Nel giro di pochi anni, Foxconn si trasforma in un gigante dell’elettronica di consumo, acquisisce Sharp, Belkin e Linksys e diviene fornitore di riferimento di giganti americani come Intel ed Apple[55]. Oggi fattura oltre 200 miliardi di dollari l’anno e dà lavoro a più di un milione di persone, che lavorano in 27 stabilimenti. A ciò si aggiunge un immenso indotto. Da anni è al centro delle critiche circa il trattamento disumano dei lavoratori: lunghi orari di lavoro, salari bassi e precarie condizioni di alloggio, condizioni che avrebbero addirittura portato alla morte alcuni lavoratori durante l’epidemia di Covid[56].

Tery Gou nel 2016, subito dopo l’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti, rivela di voler entrare in politica, candidandosi per le presidenziali del 2020: dice di voler entrare in politica perché insoddisfatto dell’inefficienza dell’attuale governo e perché in sogno la dea del mare, Mazu, gli dice di “farsi avanti e fare qualcosa per il popolo di Taiwan”[57]. Nel 2019 rivela la sua vicinanza al Kuomintang ed a Donald Trump[58]. Dotato di un ego enorme e di profondo disprezzo per i politici tradizionali, possiede una personalità rude e determinata, a tratti irascibile e violenta e che non teme di mostrare in pubblico, così come non nasconde la sua vicinanza a Pechino: si incontra con Xi Jinping per discutere di affari, e si dice che quest’ultimo coccoli Gou, vista la sua capacità di muovere miliardi di dollari e centinaia di migliaia di lavoratori – sicché la sua discesa in politica potrebbe cambiare le sorti del Paese[59].

Terry Gou sui cartelloni elettorali per le elezioni presidenziali del 2024[60]
La sua vasta attività industriale in Cina e la vicinanza con le stanze del potere comunista destano preoccupazioni nei taiwanesi. In molti lo vedono come una minaccia per la libertà e la democrazia. Malgrado le aspettative create attorno a lui, il 15 settembre 2019, con grande sorpresa, Gou annuncia il ritiro dalla corsa presidenziale, ma avverte: “anche se non ho partecipato alle elezioni presidenziali, ciò non significa che ho rinunciato alla politica”[61]. Mantiene la promessa e si ricandida come indipendente (il KMT rifiuta di supportarlo) per le presidenziali del 2024: alla fine di agosto del 2023 arriva l’annuncio in una fase particolarmente critica per Taiwan, con lo spettro dell’invasione cinese che incombe come mai in passato.

Le note posizioni di Gou rappresentano una minaccia concreta per l’indipendenza, con Tsai Ing-wen al termine del suo secondo mandato, con il DPP al potere da 8 anni ed una nuova vittoria rappresenterebbe un fatto senza precedenti in 27 anni di storia democratica; Lai Ching-te, il candidato favorito dalle posizioni oltranziste a favore dell’indipendenza, anche se ampiamente apprezzate dai cittadini, rappresenta una minaccia per la stabilità in prospettiva di un facile inasprimento dei rapporti già pesantemente tesi con la Cina (per Pechino Lai è un “separatista piantagrane”[62]).

Per potersi candidare, Gou deve raccogliere almeno 290’000 firme entro novembre, e la sua campagna va avanti spedita col messaggio chiaro e deciso: “una sola Cina”, e promette pace tra Taiwan e Cina nel giro di quattro anni. La candidatura irrita l’opposizione, poiché il campo è già abbondantemente affollato e lui non aggiungerebbe che frammentazione. Il KMT esorta l’elettorato a supportare Hou Yu-ih, ma Gou è determinato: il suo sogno è convincere le altre due figure dell’opposizione a ritirarsi e a seguirlo[63] ma per ora i sondaggi lo danno all’8%, senza dubbio perdente[64].

Il 1° novembre vengono consegnate le 290’000 firme alla commissione elettorale. Contemporaneamente le autorità rendono nota una indagine penale per corruzione nei confronti di Gou: avrebbe ottenuto le firme in cambio di denaro. I presunti casi di corruzione, almeno una ventina, sui quali i pubblici ministeri indagano, provocano anche l’arresto di numerose persone[65]. Uno di questi riguarda il tentativo piuttosto curioso di corruzione nei confronti di una associazione di agricoltori, ai quali sarebbe stata offerta, da parte dei sostenitori di Gou, una fornitura di carta igienica per un valore di 900 dollari in cambio dei loro voti![66]. La corruzione a Taiwan è punita con pene severissime: fino a 7 anni di carcere e una multa fino a 10 milioni di dollari taiwanesi (oltre 310’000 dollari americani)[67].

Le indagini sembrano allargarsi di ora in ora e starebbero per concentrarsi sui legami finanziari tra i sospettati e la campagna di Gou: se le accuse venissero confermate, la sua candidatura verrebbe seriamente compromessa. Molto verosimilmente, i tempi che intercorreranno tra le indagini e la pronuncia delle eventuali accuse fanno pensare che nulla possa accadere prima dello svolgimento delle elezioni[68].

Il tentativo di influenzare il voto

Quella cibernetica è una guerra silente ma imponente, cui Taiwan è sottoposta quotidianamente[69]
Nelle precedenti elezioni locali del 2018 e nelle presidenziali del 2020 una massiccia campagna di disinformazione viene messa in atto per contrastare l’elezione di Tsai Ing-wen: un rapporto del 2019 di V-Dem Democracy, un progetto dell’Università di Göteborg in Svezia che valuta il funzionamento delle democrazie, svela che Taiwan è oggetto di pratiche di disinformazione da parte della Cina più di qualsiasi altro paese al mondo[70]. Gli strumenti più utilizzati sono soprattutto hacker e bot (strumenti di generazione automatica di disinformazione) attraverso piattaforme di social media come Facebook, servizi di blogging come Weibo ed app di chat popolari come Line; alcuni media taiwanesi vengono acquistati da ricchi imprenditori cinesi mentre altri collaborano direttamente con il partito comunista cinese: alcuni media, come il potente Want Want China Times Media Group, concordano le proprie pubblicazioni direttamente con il governo cinese[71].

I Taiwanesi sono dei consumatori piuttosto assidui di media online, quindi Pechino sa di poter contare anche oggi sulla stessa strategia e con strumenti ancora più raffinati. Il direttore generale dell’Ufficio per la Sicurezza Nazionale di Taiwan, Tsai Ming-yen, afferma che la Cina si muove su tre fronti principali: la pressione militare, la coercizione economica e le fake news; con la digitalizzazione sempre più spinta a far da padrona è senza dubbio l’attività di disinformazione che, nell’intento di manipolare la pubblica opinione, sfrutta società di sondaggi d’opinione e società di pubbliche relazioni al soldo di Pechino[72].

Le false informazioni che alimentano i social media mirano a danneggiare il morale dei cittadini, a seminare sfiducia nei confronti degli Stati Uniti (circola un video di una conferenza della Casa Bianca con sottotitoli inventati e con una finta minaccia: “Gli Stati Uniti abbandoneranno Taiwan in caso di invasione”) e creare aspettative nella Cina continentale. Malgrado il sentimento anti-cinese sia piuttosto diffuso, Puma Shen, direttore del gruppo di ricerca DoubleThink Lab, chiede a diversi studenti universitari taiwanesi secondo loro quale fosse la paternità della disinformazione, ed il 20 % crede si tratti di USA e Giappone[73].

Da anni Taiwan è sotto il costante fuoco incrociato dei cyber-attacchi: il vice-ministro degli Affari Digitali (un ministero creato ad hoc nel 2022 a causa dell’aumento esponenziale dei rischi informatici – basti pensare che tutte le infrastrutture critiche come gas, acqua ed elettricità sono altamente digitalizzate), Lee Huai Jen, parla di almeno 100 milioni di attacchi l’anno, la stragrande maggioranza dei quali dalla Cina[74]. Una guerra informatica fatta di interruzioni, attività ed hacking, attacchi su larga scala verso le infrastrutture, assalti contro obiettivi digitali tra cui il blocco degli accessi o la deturpazione di siti web governativi[75].

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Un’altra guerra si svolge sul fronte commerciale: l’Ufficio investigativo del Ministero della Giustizia di Taiwan rivela che Pechino cerca di influenzare diverse piccole e medie imprese taiwanesi che investono in Cina, offrendo loro denaro in cambio di finanziamenti o semplice assistenza a politici filo-cinesi[77]. L’Associazione delle imprese di investimento di Taiwan sulla terraferma è il veicolo più importante dell’influenza cinese: fondata nel 2007, ATIEM è un’associazione imprenditoriale, gestita sotto gli auspici dell’Ufficio per gli affari di Taiwan (TAO),composta da circa 300 imprese finanziate da Taiwan e dai loro membri in Cina, che opera lobby per le imprese taiwanesi sia in Cina che a Taiwan[78]: l’associazione è nota per le pressioni esercitate sul governo di Taiwan nel 2012 nel tentativo di annullare una regola che impedisce ai cittadini di assumere ruoli negli organi statali o e nei partiti nella Cina continentale[79]. Le pressioni di tali gruppi potrebbero avere un impatto elevato sulle elezioni, se si considera che almeno 163’000 taiwanesi lavorano in Cina[80] e rappresentano un bacino dal grande potenziale politico.

Il 12 aprile di quest’anno Pechino avvia un’indagine sulle presunte misure commerciali restrittive di Taiwan contro la Cina prendendo di mira oltre 2500 prodotti relativi ai settori agricoli, minerali, chimici e tessili. L’Ufficio per i negoziati commerciali del governo di Taiwan accusa Pechino di mettere in atto azioni in violazione delle norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e l’accusa di attività politicamente motivata al fine di interferire con le elezioni di Taiwan attraverso la coercizione economica. Il rischio è l’adozione di contromisure che potrebbero danneggiare pesantemente le esportazioni e lo sviluppo economico dell’isola, con gravi conseguenze nei mercati finanziari[81].

Durante il primo mandato di Tsai, Pechino approva politiche di incentivi economici per attirare più imprese e persone da Taiwan, e vengono messe in atto almeno due importanti misure tra il 2018 ed il 2019[82]. Ma durante il secondo mandato, l’atteggiamento cinese cambia radicalmente ed instaura una combinazione di restrizioni relative all’importazione di una vasta gamma di prodotti, l’applicazione di regolamenti arbitrari mirati contro determinati prodotti, contro determinate aziende per le loro attività politiche e utilizzati per sanzionare individui e organizzazioni[83].

Al centro delle coercizioni ci sono soprattutto gli agricoltori e pescatori taiwanesi, cui viene impedito di esportare in Cina diverse decine di prodotti accusati di trasportare dei parassiti dannosi, sostanze chimiche od altre irregolarità – tutte motivazioni considerate pretestuose da Taiwan. Le restrizioni aumentano considerevolmente dalla visita di Nancy Pelosi del 2022: la Cina rincara i blocchi di importazione per oltre 2000 dei circa 3200 prodotti provenienti dall’isola e riguardanti settori come il petrolchimico, il tessile, macchinari e trasporti[84].

Gli anticorpi di una giovane democrazia

Taiwan dimostra di essere una solida democrazia[85]
Pluralismo politico e partecipazione sono due elementi che caratterizzano Taiwan. Sul cittadino taiwanese incombe lo spettro di Hong Kong – sa bene che nel caso di una annessione non avrebbe grandi probabilità di venir trattato meglio: le proteste di massa del 2014 e del 2019 non hanno fatto altro che accelerare in Hong Kong l’egemonia di una Pechino che vìola tutte le promesse di indipendenza; anno dopo anno democrazia e diritti sono stati erosi da un governo sempre più autoritario e assetato di vendetta contro gli oppositori, i media o chiunque ostacoli il pensiero del PCC; repressioni, arresti arbitrari e torture sono pratiche diffuse[86].

In Taiwan il compimento di una democrazia vivace si dimostra un efficace anticorpo verso le influenze cinesi e le costanti minacce vengono vissute dalla popolazione con realismo, pragmatismo e con relativa calma, in netto contrasto con il modo in cui le osserva la comunità internazionale. I taiwanesi sono coscienti che un’aggressione rappresenti una reale prospettiva, e per questo si preparano: grazie a gruppi specializzati come la Forward Alliance, che organizzano corsi ad hoc[87], decine di migliaia di cittadini partecipano ad addestramenti militari dove acquisiscono le tecniche di difesa e imparano l’utilizzo di armi da guerra, oppure a corsi di primo soccorso dove imparano a curare ferite da arma da fuoco o da coltello, o a steccare una gamba fratturata e a trasportare feriti[88].

Ci si prepara anche con attività più sofisticate: associazioni come la Kuma Academy (finanziata dal magnate della tecnologia taiwanese Robert Tsao) organizzano corsi per far fronte alla guerra mediatica e cibernetica, addestrano i cittadini a riconoscere fake news e a difendersi dalla propaganda anti taiwanese e da attacchi informatici[89]. Ma è senz’altro l’esperienza a giocare un ruolo fondamentale: ormai è chiaro a tutti che l’informazione gioca un ruolo cardine in questo conflitto, e la stessa Presidente Tsai, molto attiva sui social media, è solita usare toni calmi e rassicuranti. Anche l’account del Ministero della Difesa Nazionale fornisce informazioni basate sui fatti e senza enfasi propagandistica.

Fatto è che questa parte del Pacifico è divenuta il punto di convergenza delle priorità strategiche degli Stati Uniti e di alcuni dei suoi principali alleati. Il dinamismo economico dei Paesi dell’Indo-Pacifico rende quest’area il motore della crescita economica globale e l’ascesa politica, economica e militare della Repubblica Popolare Cinese ha trasformato questa regione nel principale teatro della competizione strategica tra una potenza emergente e quella statunitense in declino, assumendo il ruolo di “rivale cardine” per gli Stati Uniti.

Il comportamento assertivo di Pechino, fonte di preoccupazione per molti paesi, spinge ad un rafforzamento delle alleanze: un esempio è il Dialogo di Sicurezza Quadrilaterale QUAD[90], nata nel 2007 per scoraggiare l’aggressione cinese, guidata da americani e giapponesi, indiani e australiani. O il patto militare AUKUS[91] annunciato nel 2021 tra USA, Regno Unito e Australia, il quale consta di tre elementi: la vendita all’Australia da parte degli Stati Uniti da tre a cinque sottomarini di classe Virginia a partire dal 2032; il co-sviluppo di un nuovo sottomarino di classe AUKUS da parte del Regno Unito e dell’Australia che entrerà in servizio intorno al 2040; un impegno multimiliardario da parte di tutti e tre i paesi per espandere la capacità di una base industriale sottomarina trilaterale.

Settembre 2021: La prima uscita in mare del nuovo sottomarino nucleare australiano AUKUS[92]
Ma la Cina lancerà mai il suo fendente? Nessuno sa se e quando l’attacco potrebbe essere sferrato – diversi funzionari statunitensi ipotizzano una finestra temporale che va da 2024 al 2035. Ma cosa potrebbe accadere in caso di un attacco?  Una delle valutazioni più importanti arriva dal Center for Strategic and International Studies (CSIS), un think tank di Washington che esegue una simulazione computerizzata di un’invasione anfibia cinese di Taiwan[93]: la ricostruzione basata su un attacco avviato nel 2026, rivela che “gli Stati Uniti, Taiwan e il Giappone hanno sconfitto un’invasione anfibia convenzionale da parte della Cina e hanno mantenuto una Taiwan autonoma”. Ma secondo la simulazione il costo sarebbe enorme per tutte le parti: due portaerei sul fondo del Pacifico assieme a dozzine di navi statunitensi e dei suoi alleati, con decine di migliaia di soldati americani uccisi, la marina cinese nel caos ed il partito comunista cinese destabilizzato. La simulazione afferma: Non rimane che la deterrenza e scongiurare la guerra[94].

Gli analisti non possono prevedere se accadrà, ma la quasi totalità concorda su un fatto: l’attacco avrebbe conseguenze imprevedibili nello scacchiere internazionale e senz’altro disastrose anche per l’aggressore, e nessun capo di stato che sappia usare il raziocinio e che ami il proprio paese lo scaglierebbe mai. Questo però lo si sarebbe detto anche per il conflitto ucraino nei confronti di Vladimir Putin, eppure i fatti dimostrano che tutto sia possibile. Non rimane che sperare che Xi Jinping scelga almeno la strategia della Soft Power come in passato, e che sia sempre e comunque il popolo di Taiwan a rimanere libero di poter scegliere per il proprio destino.

 

 

 

[1] https://treaties.un.org/doc/publication/unts/volume%20136/volume-136-i-1832-english.pdf
[2] https://www.oxfordreference.com/display/10.1093/oi/authority.20110803095608165
[3] https://www.oxfordreference.com/display/10.1093/oi/authority.20110803095608165
[4] https://core.ac.uk/download/pdf/19135781.pdf
[5] https://avalon.law.yale.edu/20th_century/chin001.asp ; https://www.ait.org.tw/taiwan-relations-act-public-law-96-8-22-u-s-c-3301-et-seq/
[6] https://core.ac.uk/download/pdf/19135781.pdf
[7] https://core.ac.uk/download/pdf/19135781.pdf
[8] https://www.taipeitimes.com/News/biz/archives/2022/10/11/2003786778
[9] https://www.accenture.com/it-it/insightsnew/high-tech/semi-talent-shortage
[10] https://www.justice.gov/opa/speech/attorney-general-jeff-sessions-announces-new-initiative-combat-chinese-economic-espionage
[11] https://www.theguardian.com/us-news/2021/sep/15/abolish-trump-era-china-initiative-academics-urge-amid-racial-profiling-criticism
[12] https://www.theguardian.com/us-news/2022/feb/24/china-initiative-us-rebadges-trump-era-scheme-seen-as-persecuting-chinese-academics
[13] https://japan-forward.com/taiwan-a-tasty-target-chips-or-no-chips/
[14] https://english.president.gov.tw/News/4893
[15] https://www.cnbc.com/2016/05/22/china-pressures-taiwans-president-tsai-ing-wen-to-acknowledge-one-china.html
[16] https://apnews.com/article/a9482a5d03d14ab3a134bff857eaaf4b
[17] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/pelosi-expected-arrive-taiwan-tuesday-sources-say-2022-08-02/
[18] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/pelosi-expected-arrive-taiwan-tuesday-sources-say-2022-08-02/
[19] https://www.ndtv.com/world-news/those-who-play-with-fire-eventually-get-burned-xi-tells-biden-on-taiwan-3203743
[20] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/pelosi-expected-arrive-taiwan-tuesday-sources-say-2022-08-02/
[21] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/pelosi-begins-closely-watched-asia-tour-singapore-2022-08-01/
[22] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/pelosi-taiwan-una-visita-non-gradita-35933
[23] https://www.armscontrol.org/act/2022-09/news/china-reacts-aggressively-pelosis-taiwan-visit
[24] https://www.armscontrol.org/act/2022-09/news/china-reacts-aggressively-pelosis-taiwan-visit
[25] https://www.aljazeera.com/news/2023/8/29/taiwan-warns-of-surge-in-tensions-as-chinese-fighter-jets-cross-median-line
[26] https://www.armscontrol.org/act/2022-09/news/china-reacts-aggressively-pelosis-taiwan-visit
[27] https://apnews.com/article/taiwan-china-asia-beijing-b252479810add6a225fa1e4a6d441983
[28] https://epicenter.wcfia.harvard.edu/blog/protecting-porcupine-why-taiwan-matters
[29] https://apnews.com/article/china-taiwan-warships-military-drills-aircraft-carrier-b537171dff8a187933afb0fde004ea9a
[30] https://apnews.com/article/taiwan-china-flights-b8a78493341bd3af15f4fd58be692e4d
[31] https://media.defense.gov/2023/Oct/19/2003323409/-1/-1/1/2023-MILITARY-AND-SECURITY-DEVELOPMENTS-INVOLVING-THE-PEOPLES-REPUBLIC-OF-CHINA.PDF
[32] https://apnews.com/article/taiwan-europe-china-united-states-beijing-af4dd76e993f450df7af8e63d1a0187c
[33] https://www.aljazeera.com/news/2023/10/10/how-prepared-is-taiwan-for-a-war-with-china#:~:text=By%20some%20estimates%2C%20a%20huge,China’s%20population%20and%20military%20strength.
[34] https://www.aljazeera.com/news/2023/10/10/how-prepared-is-taiwan-for-a-war-with-china#:~:text=By%20some%20estimates%2C%20a%20huge,China’s%20population%20and%20military%20strength.
[35] https://www.aljazeera.com/news/2023/10/10/how-prepared-is-taiwan-for-a-war-with-china#:~:text=By%20some%20estimates%2C%20a%20huge,China’s%20population%20and%20military%20strength.
[36] https://www.aljazeera.com/news/2023/10/10/how-prepared-is-taiwan-for-a-war-with-china#:~:text=By%20some%20estimates%2C%20a%20huge,China’s%20population%20and%20military%20strength.
[37] https://tnsr.org/2021/12/a-large-number-of-small-things-a-porcupine-strategy-for-taiwan/
[38] https://tnsr.org/2021/12/a-large-number-of-small-things-a-porcupine-strategy-for-taiwan/
[39] https://epicenter.wcfia.harvard.edu/blog/protecting-porcupine-why-taiwan-matters
[40] https://asia.nikkei.com/Politics/Taiwan-elections/Taiwan-s-presidential-front-runner-faces-potential-coalition
[41] https://www.taipeitimes.com/News/taiwan/archives/2023/09/02/2003805648
[42] https://www.taipeitimes.com/News/taiwan/archives/2023/09/02/2003805648
[43] https://gulfnews.com/today-history/july-14-1987-taiwan-lifts-martial-law-1.2058229
[44] https://www.aljazeera.com/news/2023/8/25/taiwan-vice-president-emphasises-islands-autonomy
[45] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/5030519
[46] https://www.ft.com/content/3a6978d7-0367-4801-9c9d-2319186aa6aa
[47] https://www.ft.com/content/3a6978d7-0367-4801-9c9d-2319186aa6aa
[48] https://newbloommag.net/2018/04/10/hou-kmt-ntaipei-candidate/
[49] https://www.taipeitimes.com/News/taiwan/archives/2023/05/11/2003799597
[50] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/5030519
[51] https://www.taipeitimes.com/News/taiwan/archives/2018/04/07/2003690847
[52] https://forbes.it/2021/05/03/terry-gou-re-elettronica-partito-capannone-taiwan/
[53] https://min.news/en/taiwan/470dfd0164e4c4c33cced9e41d9b0b52.html
[54] https://www.emsnow.com/icons-of-industry-terry-gou-foxconn/
[55] https://thrivemyway.com/foxconn-stats/
[56] https://www.wsj.com/articles/SB10001424052748704026204575267603576594936 ; https://www.wsj.com/articles/deaths-of-foxconn-employees-highlight-pressures-faced-by-chinas-factory-workers-1471796417 ; https://www.youtube.com/watch?v=m9DXebls8Bc
[57] https://thediplomat.com/2019/04/foxconn-ceo-terry-gou-says-a-sea-goddess-has-told-him-to-run-for-president/
[58] https://www.ft.com/content/bb5833c6-61eb-11e9-b285-3acd5d43599e
[59] https://www.ft.com/content/bb5833c6-61eb-11e9-b285-3acd5d43599e
[60] https://time.com/6330382/taiwan-alleged-bribery-foxconn-terry-gou-election/
[61] https://www.reuters.com/article/us-taiwan-election-idUSKBN1W11XR
[62] https://edition.cnn.com/2023/09/01/asia/taiwan-presidential-election-terry-gou-intl-hnk/index.html
[63] https://www.forbes.com/sites/russellflannery/2023/05/17/tech-billionaire-terry-gou-loses-taiwan-presidential-election-bid-again/?sh=5499ff927149
[64] https://www.agenzianova.com/en/news/presidential-elections-in-taiwan-three-terry-gou-supporters-arrested-for-collecting-signatures-by-giving-away-toilet-paper/
[65] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/5035937
[66] https://economictimes.indiatimes.com/tech/technology/toilet-paper-bribes-taiwan-probes-foxconn-founder-terry-gous-campaign/articleshow/104916293.cms
[67] https://economictimes.indiatimes.com/tech/technology/toilet-paper-bribes-taiwan-probes-foxconn-founder-terry-gous-campaign/articleshow/104916293.cms
[68] https://www.taiwannews.com.tw/en/news/5035937
[69] https://www.cbsnews.com/news/china-cyber-assault-taiwan-60-minutes-2023-06-18/
[70] https://v-dem.net/documents/16/dr_2019_CoXPbb1.pdf
[71] https://www.cfr.org/in-brief/how-china-interfering-taiwans-election
[72] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/taiwan-says-china-has-very-diverse-ways-interfering-election-2023-10-04/
[73] https://www.cbsnews.com/news/china-cyber-assault-taiwan-60-minutes-2023-06-18/
[74] https://timesofindia.indiatimes.com/world/china/taiwan-suffering-from-cyber-attacks-from-china-claims-taiwanese-deputy-minister-of-digital-affairs/articleshow/101170960.cms?from=mdr
[75] https://www.cbsnews.com/news/china-cyber-assault-taiwan-60-minutes-2023-06-18/ ; https://www.reuters.com/world/asia-pacific/taiwan-defence-ministry-website-hit-by-cyber-attacks-amid-china-tensions-2022-08-04/
[76] https://zizonline.com/republic-of-china-taiwan-national-day-2023/
[77] https://globaltaiwan.org/2023/04/china-ramps-up-economic-coercion-on-taiwan-ahead-of-2024-elections/
[78] https://web.archive.org/web/20200225163302/http://www.qgtql.com/dsq/
[79] https://globaltaiwan.org/2023/04/china-ramps-up-economic-coercion-on-taiwan-ahead-of-2024-elections/
[80] https://www.taipeitimes.com/News/biz/archives/2023/04/12/2003797746
[81] https://focustaiwan.tw/cross-strait/202310090015
[82] https://globaltaiwan.org/2019/11/fortnightly-review-v4-i22/
[83] https://globaltaiwan.org/2023/04/china-ramps-up-economic-coercion-on-taiwan-ahead-of-2024-elections/
[84] https://globaltaiwan.org/2023/04/china-ramps-up-economic-coercion-on-taiwan-ahead-of-2024-elections/
[85] https://www.nextgenpolitics.org/blog/taiwans-fight-for-independence
[86] https://apnews.com/article/voting-rights-china-hong-kong-932009be8d2a91ef2f84e6e406d290b4
[87] https://en.wikipedia.org/wiki/Forward_Alliance  ; https://www.upi.com/Top_News/World-News/2023/04/05/taiwan-Kuma-Academy-Taiwan-civil-defense-training-China-invasion/3671680721096/
[88] https://www.axios.com/2022/07/26/taiwan-civil-defense-china-russia-invasion-ukraine
[89] https://www.axios.com/2022/09/27/taiwanese-citizens-training-cyber-war-china
[90] https://www.cfr.org/in-brief/quad-indo-pacific-what-know
[91] https://www.defense.gov/Spotlights/AUKUS/
[92] https://www.businessinsider.com/australia-aukus-nuclear-powered-subs-in-pacific-amid-china-tensions-2021-11?r=US&IR=T
[93] https://www.csis.org/analysis/first-battle-next-war-wargaming-chinese-invasion-taiwan
[94] https://www.cbc.ca/news/world/taiwan-china-invasion-1.6969717

2 Commenti
  1. Invasione? L’invasione non ci sarà per alcune semplici ragioni:
    1) gli Stati Uniti non hanno mai disconosciuto la tesi di una sola Cina anche se ufficialmente appare altro
    2) la montatura dei BRICS con annesso congelamento della capacità di manovra della Russia da parte di Pechino serve a Xi Jinping per poter attuare un accordo con Washington in stile Patto Molotov-Ribbentrop scevro da pregiudiziali ideologiche per la costituzione di un Nuovo Ordine Mondiale all’insegna del bipolarismo in chiave ex Guerra Fredda che risulta attuabile anche monetariamente avendo sia la Cina che gli USA due aree geografiche da gestire come feudi in chiave Bretton Woods rivisitato
    3) la Cina abbisogna dell’Occidente per avere un volano economici e l’Occidente della Cina per tenere sotto controllo il Sud del mondo (questo spiega il perché dell’appoggio USA ad Israele e i toni di fatto moderati di BRICS e Pechino che si sono guardati bene dal dare un via libera agli Hezbollah per tramite dell’Iran per iniziare un Proxy War inutile tanto a Xi quanto a Biden visto che nell’area Mediorientale agli USA serve la testa di ponte Israele esattamente come a Pechino serve la via alternativa alla via della seta trans-europea il cui fulcro era l’Ucraina: una via nuova che abbisogna di Israele
    4) Taiwan progressivamente perderà peso strategico perché sia gli USA che la Cina stanno facendo passi da gigante nella produzione in patria dei famosi chip taiwanesi, per non parlare dei problemi energetici di Taiwan di cui scrissi qui su Gli Stati Generali parlando dell’ eolico off-shore di Taiwan
    Quello che accadrà in un futuro molto lontano non si può dire ma parlare oggi di rischi di invasione è poco verosimile.

  2. Beh, hai premesso “semplici ragioni”, non le definirei tali!
    Sono ipotesi di grande complessità (definirle “ragioni” mi pare una forzatura), per carità, anche verosimili e molto interessanti, ma che esulano dalla missione che mi propongo in questi dossier.
    Poi davanti ad un caffè facciamo tutta la fantapolitica che vuoi, ne sarei felice.
    Ti abbraccio.

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