Cina
Cina, l’arresto di Xu Zhangrun
L’intellettuale e noto Professore di Diritto è stato arrestato due giorni fa nella sua casa di Pechino. Dopo la repressione di Hong Kong e la nuova legge che “stabilizza” l’ex colonia britannica, e che cancella il mantra che per anni era stato ripetuto – Un paese e due sistemi – il governo cinese compie altri passi verso una evidente stretta delle libertà e un maggior controllo della popolazione.
Nel 2018, racconta un editoriale di Le Monde di ieri, Xu aveva criticato la riforma della Costituzione cinese che eliminava il limite dei due mandati alla carica di Presidente. Secondo Xu, questo avrebbe segnato la fine della stagione delle riforme. “Mi interrogo: assistiamo alla fine delle riforme e delle aperture per un ritorno a un regime totalitario?”, scriveva all’epoca. Una scelta politica dettata dal consolidamento al potere di una classe dirigente molto più aggressiva (e nazionalista). Dopo essere stato isolato (anche virtualmente) e sollevato dall’insegnamento, due giorni fa, il governo cinese ha ben pensato di arrestare Xu Zhangrun. L’ennesimo gesto liberticida degli ultimi mesi.
Diversi analisti sostengono che questa situazione sia uno dei frutti più perversi della politica estera trumpiana. Come nel caso iraniano, attaccando ogni giorno paesi politicamente in bilico, a cavallo di delicate transizioni e divisi tra riformisti e conservatori, si finisce per spostare l’equilibrio a favore dei secondi. E la campagna populista, a tratti diffamatoria, messa in campo da Donald Trump dal giorno del suo insediament0, quattro anni fa, ha offerto insperati argomenti alle componenti più radicali e nazionaliste della Cina, producendo un unico risultato: indebolire i riformisti a vantaggio dei nuovi nazionalisti.
Un argomento di scontro con la stessa Unione Europea, indirizzata a sviluppare una politica estera differente; quella che è stata giornalisticamente chiamata “dottrina Sinatra”. Un rapporto attento a monitorare i nuovi investimenti cinesi in Ue, con nuovi paletti economici per il gigante asiatico, con nuove richieste esplicite in materia economica e di libertà al governo di Xi Jinping, ma non per questo in stile trumpiano, non in modo sprezzante e antagonista.
Presto vedremo se la “Dottrina Sinatra” esposta nei mesi scorsi dall’Alto Rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, darà o meno i suoi frutti. E presto vedremo se le elezioni americane produrranno un cambio di politica estera. Di certo, non potranno essere peggiori di quella trumpiana.
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