Esteri

Noi da Charlie Hebdo andremmo via dopo una settimana

8 Gennaio 2015

Charlie Hebdo è un obiettivo super sofisticato. Non è scaraventarsi con una macchina

esplosiva dentro un mercato pieno di umani, non è farsi saltare dentro un bus affollato

di prima mattina: è un fine esercizio stilistico-militare. Non è neppure fruibile, come

conseguenza diretta, da tutti quelli che in vario modo si applicano alla satira,

autorizzati da oggi ad avere paura per sè, per la propria vita. per i propri cari. Non si è

colpita la capacità di far satira in quanto tale, si è identificato un luogo – il luogo – in

cui la satira perde ogni possibile convenzione borghese, anche il più piccolo lacciuolo,

liberandosi persino della politica politicante, alimento eterno di tutti i vignettisti e i

satiristi, per abbracciare “mortalmente” la religione.

 

Da oggi probabilmente Charlie Hebdo sarà visto da milioni di ragazzi che amano la

libertà come l’approdo più appassionato possibile. È giusto che sia così, è giusto che

quella frontiera satirica venga identificata come uno snodo ineludibile nella lotta

contro tutti i fondamentalismi. Ma senza spegnere neppure una goccia di

quell’entusiasmo, è altrettanto onesto raccontarci che in quel giornale la maggiorparte

di noi, giovani e non più giovani, non resisterebbe per più di una settimana. Alla fine

della quale, considerare quei giorni come un’autentica esperienza di vita, così potente,

tormentata, dilaniante, da non poter essere sostenuta per un tempo più lungo. Una

sorta di Caienna del pensiero al contrario, non per restringere, non per coartare, non

per comprimere idee o passioni, ma esattamente per innescare il conflitto, per farlo

esplodere, per esercitare non tanto l’arte del dubbio, chè quella è radice comune e

condivisa, ma per spingere l’acceleratore del confronto molto oltre i limiti

dell’irrivenza, ben oltre il ciglio su cui si spalanca il crepaccio infernale e irreversibile

della nostra asticella morale, che ognuno pone a una (sua) altezza variabile ma che

Charlie H. sarà comunque in grado di abbattere, scavando come una talpa dentro la

profondità dell’animo, per temprare militarmente e poco eticamente la capacità di

battere sentieri inesplorati e abbattere “monumenti” che sino a quel momento avevano

costituito porzioni di vita da non mettere in discussione, e giammai da insultare,

stuprandone con il segno potente di una matita quel velo steso compassionevolmente

sulle nostre tranquillità.

 

È per tutti questi motivi che un luogo del pensiero inaccessibile per molti di noi come

poteva essere Charlie Hebdo, inarrivabile per senso delle sproporzioni,

incomprensibile per le parti che ognuno poteva considerare inconcepibili, diventa uno

straordinario obiettivo sensibile e sostenibile per i terroristi. Un obiettivo

assolutamente sofisticato. Un salto di qualità inimmaginabile.

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