Esteri
Noi da Charlie Hebdo andremmo via dopo una settimana
Charlie Hebdo è un obiettivo super sofisticato. Non è scaraventarsi con una macchina
esplosiva dentro un mercato pieno di umani, non è farsi saltare dentro un bus affollato
di prima mattina: è un fine esercizio stilistico-militare. Non è neppure fruibile, come
conseguenza diretta, da tutti quelli che in vario modo si applicano alla satira,
autorizzati da oggi ad avere paura per sè, per la propria vita. per i propri cari. Non si è
colpita la capacità di far satira in quanto tale, si è identificato un luogo – il luogo – in
cui la satira perde ogni possibile convenzione borghese, anche il più piccolo lacciuolo,
liberandosi persino della politica politicante, alimento eterno di tutti i vignettisti e i
satiristi, per abbracciare “mortalmente” la religione.
Da oggi probabilmente Charlie Hebdo sarà visto da milioni di ragazzi che amano la
libertà come l’approdo più appassionato possibile. È giusto che sia così, è giusto che
quella frontiera satirica venga identificata come uno snodo ineludibile nella lotta
contro tutti i fondamentalismi. Ma senza spegnere neppure una goccia di
quell’entusiasmo, è altrettanto onesto raccontarci che in quel giornale la maggiorparte
di noi, giovani e non più giovani, non resisterebbe per più di una settimana. Alla fine
della quale, considerare quei giorni come un’autentica esperienza di vita, così potente,
tormentata, dilaniante, da non poter essere sostenuta per un tempo più lungo. Una
sorta di Caienna del pensiero al contrario, non per restringere, non per coartare, non
per comprimere idee o passioni, ma esattamente per innescare il conflitto, per farlo
esplodere, per esercitare non tanto l’arte del dubbio, chè quella è radice comune e
condivisa, ma per spingere l’acceleratore del confronto molto oltre i limiti
dell’irrivenza, ben oltre il ciglio su cui si spalanca il crepaccio infernale e irreversibile
della nostra asticella morale, che ognuno pone a una (sua) altezza variabile ma che
Charlie H. sarà comunque in grado di abbattere, scavando come una talpa dentro la
profondità dell’animo, per temprare militarmente e poco eticamente la capacità di
battere sentieri inesplorati e abbattere “monumenti” che sino a quel momento avevano
costituito porzioni di vita da non mettere in discussione, e giammai da insultare,
stuprandone con il segno potente di una matita quel velo steso compassionevolmente
sulle nostre tranquillità.
È per tutti questi motivi che un luogo del pensiero inaccessibile per molti di noi come
poteva essere Charlie Hebdo, inarrivabile per senso delle sproporzioni,
incomprensibile per le parti che ognuno poteva considerare inconcepibili, diventa uno
straordinario obiettivo sensibile e sostenibile per i terroristi. Un obiettivo
assolutamente sofisticato. Un salto di qualità inimmaginabile.
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