Asia
Minibignami per la Terza Guerra Mondiale a uso dei meno informati
Quando il papa annunciò che la Terza Guerra Mondiale era in atto, qualche anno fa, aveva probabilmente captato segnali che la maggior parte delle persone, almeno in Europa, difficilmente possono percepire, in un continente ormai abituato alla pace perpetua, dove addirittura i confini sono stati formalmente abbattuti, salvo poi rispuntare all’improvviso per le paure di singoli stati davanti alle emergenze migratorie. È singolare che oggi sia proprio il papa ad annunciarlo, mentre nel passato più remoto, quando il Papato era uno stato monarchico a tutti gli effetti, era, appunto, la figura del papa che, appoggiando ora questo ora quell’altro monarca, accendeva i conflitti in Europa e nel Mediterraneo colle sue Crociate.
In Europa, oggi, la guerra avviene altrove, anche ai confini, ma non ci sono conseguenze dirette di bombardamenti sul territorio. A ricordarci che la Terza Guerra Mondiale esiste già possono essere clamorosi attentati di matrice islamica come quelli di Charlie Hebdo, del Bataclan, del lungomare di Nizza e qualche isolato episodio individuale dove un fanatico urla Allah akbar! e ammazza un numero imprecisato di persone innocenti. Ma la guerra vera è sempre altrove. Anche quella nell’ex-Yugoslavia, pur essendo alle porte di casa nostra, essendo stata una guerra civile, nell’immaginario collettivo era qualcosa che riguardava affari interni di uno stato in disgregazione, non una guerra tra i colossi del mondo. Sebbene, a un certo punto, intervenisse la NATO, se qualcuno se lo ricorda. I conflitti interni nei paesi africani, che pur provocano ondate migratorie di profughi, con un bagaglio a mano di storie tristissime, anche quelli sono percepiti come lontani. Nonostante le conseguenze le tocchiamo con mano ogni giorno. La stessa cosa è successa per la Siria, dove è stato distrutto parecchio, sia materialmente che umanamente, o la Libia, anche quella fatta passare per una guerra civile tra le varie tribù e pure l’Afghanistan, alla fine, era qualcosa d’interno allo stesso stato, tant’è che le forze “liberatrici” hanno lasciato ipocritamente il paese nelle mani dei fondamentalisti talebani, con tutto quello che ne è conseguito. Tutti questi microconflitti sono parte del grande mosaico della Terza Guerra Mondiale annunciata ufficialmente dal papa.
Adesso, però, sono intervenute due guerre un po’ più macroscopiche che fanno percepire la realtà sotto un’altra luce.
La guerra russo-ucraina che imperversa ormai da oltre un anno mostra che le tensioni nei paesi dell’ex-Unione Sovietica sono tutt’altro che risolte e che i territori ricchi di materie prime o di sbocchi al mare fanno sempre gola al più forte. Poi ci sono ragioni culturali, naturalmente, ma non si esita, né da una parte né dall’altra, a cercare una via di mezzo e la cessazione del fuoco: è troppo bello, troppo macho, troppo energizzante fare la guerra, quasi futuristicamente. Perfino quel matto del patriarca ortodosso russo Kirill, figura medievale, benedice la guerra contro l’Ucraina. Una manifestazione di quanto un sovraccarico di testosterone possa mostrare i suoi effetti perniciosi, perché c’è anche questo. E ancora non si intravede come potrà finire.
Improvvisamente, e apparentemente senza alcun preavviso, almeno secondo l’efficientissimo servizio segreto israeliano Mossad (oggi non più così efficiente, evidentemente), pochi giorni fa arriva l’azione di Hamas su Israele ed ecco che scoppia un’altra guerra, stavolta con maggiori conseguenze di quella russo-ucraina, proprio perché coinvolge due culture parallele e radicate che non si possono incontrare nemmeno all’infinito, l’islam e l’ebraismo. Pur condividendo Gerusalemme, luogo santo e zona franca per le tre religioni monoteistiche, le questioni territoriali postesi al momento dell’insediamento dello Stato d’Israele, quasi un risarcimento per gli ebrei massacrati dal nazifascismo subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono state lasciate volutamente irrisolte, scatenando periodici conflitti tra le due forze presenti in loco, israeliani e palestinesi.
L’ultima, clamorosa, mai vista prima d’ora, azione di Hamas, il gruppo terroristico antiisraeliano e di estrema destra (se si può parlare di destra, meglio dire fondamentalista) che controlla totalmente Gaza e i suoi abitanti, ha sconvolto l’Israele di Netanyahu (di destrissima intollerante) e il mondo intero per l’efferatezza: invasione sul territorio israeliano in un rave pacifista, con morti, feriti e ostaggi, e nei kibbutz al confine colla Striscia di Gaza, anche qui con una sanguinosa scia di morti, feriti e ostaggi. Precisiamo che Hamas è ben altra cosa dell’ANP, l’altra faccia dell’attuale questione palestinese, con poteri assai limitati, che controlla per modo di dire la Cisgiordania, altro frammento di possibile stato palestinese.
La cosa tristissima è che tra i morti e gli ostaggi c’è un numero imprecisato, destinato a salire, di bambini, ossia persone che subiscono le decisioni degli adulti senza poter fare nulla. Naturalmente la reazione israeliana è sempre la solita, occhio per occhio, dente per dente, come da insegnamento biblico e quindi si ripaga l’azione terroristica colla stessa moneta, infischiandosene altamente se nella rappresaglia, che non si può chiamare che così, periscono bambini inermi, forse anche in numero maggiore di quelli israeliani. Bambini che, anche nel caso dei palestinesi, subiscono le azioni degli adulti dell’una e dell’altra fazione insieme. Ipocritamente Israele intima alla popolazione di Gaza di allontanarsi. Ma dove? In quell’esiguo territorio compresso tra Israele e il mare vivono milioni di persone stipati come le sardine, i valichi coll’Egitto sono chiusi, sbarrati: dove possono mai andare, a piedi, i profughi coi pochi oggetti personali per sfuggire alla reazione israeliana che si scatenerà tra non molto? Effetti collaterali, direbbe qualche cinico.
E vorrei ricordare qui, perché pochi ormai se lo ricordano, gli sciagurati proclami di Madeleine Albright, ex-segretario di stato U.S.A., sulla guerra irachena di non molti anni fa, dove anche lei parlava delle vittime innocenti, 500.000 bambini, delle sanzioni contro Saddam Hussein, come effetti collaterali: “ne valse la pena”, disse. Ne valse la pena. Senza parole.
Certo è che tutto questo è il frutto di aver lasciato aperti i problemi, senza la minima volontà di risolverli da parte dell’uno e dell’altro ma soprattutto da parte israeliana che non ha mai voluto sentir parlare della soluzione della creazione d’uno stato palestinese. E quelli, anche giustamente, si sono risentiti, soprattutto perché da un giorno all’altro qualcuno ha deciso di inventare lo Stato d’Israele su un territorio che era abitato dai palestinesi, usurpandolo.
Sarebbe stato più auspicabile, forse, dare agli ebrei, come possibile surrogato di riparazione dell’Olocausto, irreparabile, un pezzo di Germania e formare lì uno stato ebraico, sebbene lontano dai luoghi sacri, ma in un posto dove c’era stato uno sterminio di massa e un furto dei beni, pianificati dall’ordinata follia nazista, lasciando perdere la Palestina. D’altro canto c’erano più ebrei in Europa e nel resto del mondo che in Palestina, una piccola striscia di terra e deserto abitata anche da altri ormai da millenni. Errori clamorosi della Storia, dietro i quali, chissà come mai, c’è spesso se non sempre, il Regno Unito. Ma il pretesto della Terra Promessa era più forte.
Il problema principale è che questa non è una guerra civile come le altre. Israele è uno stato europeo, occidentale, moderno e ricchissimo, inserito in una realtà quasi esclusivamente islamica e radicale (e assai meno ricca o meglio, dove la ricchezza è meno equamente distribuita), dove religione e stato si confondono in un’unica entità, cogli assolutismi e soprusi che conosciamo bene, assai ben lontani dal concetto di democrazia che abbiamo in Europa e in Occidente. A ciò si accompagnano i sostegni delle grandi potenze all’una e all’altra squadra, Occidente schierato a favore di Israele, BRICS e satelliti dalla parte dei palestinesi. Schieramenti di blocchi che, più o meno occultamente, stanno sempre dietro a tutti i conflitti del mondo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi. Il classico schieramento tra bene e male, dove ognuno dice grottescamente a sé stesso che il bene è lui e il male l’altro.
Questo medesimo schieramento sta, naturalmente, anche dietro la guerra russo-ucraina ed è qui che s’intravede meglio lo scenario della Terza Guerra Mondiale che, a poco a poco, va allargando i suoi confini con focolai sparsi ma in realtà ben delineati nelle zone più incandescenti del pianeta.
Il prossimo focolaio – a parte l’Iran che è un supervulcano pronto a esplodere – sarà certamente nel Pacifico e riguarderà Taiwan, l’isola di Formosa, dove i cinesi che non erano d’accordo colla Repubblica Popolare Cinese instaurarono nel 1949 la Repubblica di Cina, già costituita nel 1912, alla fine dell’impero, per non farla morire sotto i colpi della Cina Popolare. E il sostegno della Cina continentale alla Russia nella guerra contro l’Ucraina presuppone che ci sarà presto un altro conflitto con Taiwan, mai riconosciuta dalla Cina Popolare e da molti altri stati, tra i quali, paradossalmente, gli U.S.A., il Regno Unito, la Russia, e gli stati dell’UE. Solo il Vaticano e pochi altri riconoscono Taiwan come stato indipendente.
Ovviamente, in caso di conflitto e di riconquista, questo aggraverebbe la posizione di Taiwan e non giustificherebbe l’intervento statunitense negli affari territoriali cinesi mentre è sotto gli occhi di tutti come il dominio sul Pacifico prema tanto alla Cina quanto agli U.S.A. , ognuno coi rispettivi alleati dell’Asia. Tra non molto ne vedremo delle belle anche lì, anche perché la Cina Popolare approfitterà sicuramente della situazione internazionale per “riprendersi” la provincia ribelle. Territorialmente la Cina Popolare non sembra interessata all’invasione di Stati oltre i propri confini. Alla Cina sembra importare solamente il dominio economico, e quindi fattivo, del mondo, e si è visto come finora ha agito e continua ad agire, potenziando a dismisura la propria economia e distruggendo il proprio paese, inquinando a più non posso e passando sul cadavere perfino dei propri cittadini. Da lì parte la rete imbastita coll’investimento in tutti i campi nei paesi dell’Africa, il continente che sarà alla ribalta in questo secolo e che sarebbe da tenere d’occhio, soprattutto per l’esplosione demografica, già in atto, che moltiplicherà i problemi un po’ dappertutto.
Una volta innescato questo terzo focolaio di guerra, però, le cose potrebbero riunirsi e coinvolgere tutte le potenze che, peraltro, in una guerra totale e nucleare, essendo tutte potenze con in mano la bomba atomica, non avrebbero nulla da guadagnarci proprio perché il dominio vero è l’economia e quest’ultima, colla distruzione atomica, che si estenderebbe inevitabilmente a tutto il pianeta, scomparirebbe insieme all’umanità come la conosciamo. Ma chi sta nella stanza dei bottoni non è sempre cosciente di ciò che fa.
Nel frattempo continueranno a morire atrocemente i deboli e i bambini ucraini, palestinesi, israeliani, siriani, mentre i medici senza frontiere cercheranno di fare del loro meglio, lottando come Davide contro Golia senza però vittorie in vista. E i fabbricanti di armi e di morte, anche italiani, si arricchiranno ulteriormente. Naturalmente, qualche conseguenza sul nostro territorio, prima o poi, ci sarà. Considerarsi immuni ed estranei al nuovo corso delle cose è davvero da stupidi. Ma noi siamo fatti così, finché non ci cadono le bombe in testa non ci rendiamo conto.
Che possa essere una strategia per contenere l’irrisolvibile problema della sovrappopolazione in modo da farla digerire meglio alle persone comuni, incapaci di un’analisi approfondita e sempre pronte a fare un tifo infantile per questo o per quello?
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