America
USA 2016, nomination repubblicana: la situazione in New Hampshire e in Iowa
Con ben diciassette candidati alla nomination, il Partito Repubblicano si avvia verso una delle campagne elettorali più affollate (e probabilmente caotiche) della sua storia. Una campagna elettorale che si preannuncia sanguigna e che vede i candidati, già impegnati negli stati in cui si terranno – tra qualche mese – i principali appuntamenti elettorali.
Sotto questo profilo, è allora forse utile dare uno sguardo ai sondaggi recentemente pubblicati da “RealClearPolitics.com” in quelli che possono essere definiti gli stati maggiormente simbolici, in termini di corsa per la nomination, gli stati in cui – cioè – storicamente si inaugura la competizione elettorale vera e propria: stiamo parlando del New Hampshire e dell’Iowa.
Le primarie del New Hampshire si tengono generalmente nel mese di gennaio. Non garantiscono in realtà un elevato numero di delegati ma sono ritenute importanti in forza dell’esposizione mediatica di cui godono. Si tratta nella fattispecie di primarie “aperte”, in quanto potenzialmente possono parteciparvi elettori di qualsiasi fede politica. Un dato – questo – di particolare interesse che tendenzialmente favorisce i candidati più moderati ed inclusivi, in quanto capaci di attrarre voti trasversali e meno ideologici. A questo poi si aggiunga un ulteriore fattore non indifferente: soprattutto in termini di elezioni governatoriali, la storia degli ultimi quarant’anni mostra come il New Hampshire sia diventato sempre più uno “swing state”, avendo avuto un’alternanza discretamente equa di governatori democratici e repubblicani.
In virtù di tutto questo, non sorprende allora che gli ultimi sondaggi diano il moderato Jeb Bush in testa, con circa 16 punti percentuali ed un trend in crescita. Un piazzamento relativamente buono lo hanno anche altri candidati più vicini al centro, come Marco Rubio (che si attesta al 7,5%) e Chris Christe (al 5,3%). Il dato semmai più curioso è il posizionamento di Donald Trump, collocato al secondo posto, intorno al 10%: un posizionamento eccellente, per un candidato populista, che di moderato non ha praticamente nulla: un posizionamento che evidentemente stride con la storia elettorale del New Hampshire.
Tanto più che il conservatorismo maggiormente istituzionale – rappresentato dal governatore del Wisconsin, Scott Walker – arranca, posizionandosi al terzo posto con il 9,8%: per quanto sia tuttavia da rilevare come Walker stia probabilmente scontando l’aver snobbato il New Hampshire per settimane, preferendo concentrarsi sull’Iowa: e difatti mentre ad aprile i sondaggi lo davano al primo posto (con un grandioso 20%), tra maggio e giugno il suo gradimento è crollato, con un trend inoltre tutt’altro che positivo.
Ulteriore elemento di interesse – come riporta oggi Politico – è poi la sfida lanciata dalla new entry John Kasich a Bush per la conquista delle primarie. Al momento, non sembrerebbe esserci storia: Kasich si colloca difatti nella bassa classifica, dovendosi accontentare di un miserrimo 2%. Sennonché la sua corsa è appena agli inizi e – come notano diversi analisti – il suo messaggio di moderatismo inclusivo (lontano dagli eccessi demagogici) appare pericolosamente simile a quello di Jeb. Bush al momento registra la cosa, ma non sembra particolarmente preoccupato, vista la posizione di forza che indubbiamente lo caratterizza. Sennonché, anche lui qualche pensiero probabilmente inizia ad averlo, dal momento che non si limita più ad attaccare soltanto Trump e Walker ma talvolta cita – con sarcastico disprezzo – proprio quel Kasich che poi puntualmente replica, accusandolo di essere uno strumento delle lobby.
Come che sia, la situazione in New Hampshire resta aperta e potrebbe capovolgersi nel giro di poche settimane. Le incognite sono difatti molteplici. Innanzitutto bisognerà vedere se il “fenomeno Trump” continuerà a crescere o esploderà come una bolla: in quel caso, gli equilibri interni al fronte conservatore si ridisegnerebbero e alcune chances maggiori potrebbero quindi averle personaggi come Scott Walker o lo stesso Mike Huckabee (quello Huckabee che sei mesi fa era al 18% e che è intanto crollato al 7,5). Inoltre, non bisogna dimenticare che tra poche settimane avrà luogo il primo dibattito tra i primi dieci candidati repubblicani: bisognerà vedere se Bush sarà in grado di tenere salda la sua posizione o se invece sarà destinato ad essere scalzato dai suoi principali competitor.
E per quanto la storia insegni che alla fin fine non è così fondamentale vincere le primarie in New Hampshire (sia George Walker Bush nel 2000 che Barack Obama nel 2008 vi hanno trovato la sconfitta), si tratta comunque di un’ottima vetrina mediatica (che per questo fa gola a non pochi pesci piccoli come – attualmente – Kasich).
Situazione ben diversa in Iowa. Qui difatti non si tengono primarie ma bensì il caucus: ovverosia l’assemblea degli attivisti che – riunitisi – votano per il candidato desiderato. E’ chiaro allora che si tratti di un sistema indubbiamente più chiuso e partitico, in cui il peso delle correnti radicali risulta essere ben maggiore. E difatti questa situazione viene fotografata abbastanza fedelmente dai sondaggi.
Con un 19,8% di gradimento, il candidato conservatore, Scott Walker, domina pressoché incontrastato: un dato che non stupisce sia in termini ideologici (l’attuale governatore del Wisconsin è notoriamente su posizioni reaganiane) ma anche politici (sono settimane che difatti batte l’Iowa palmo a palmo e i risultati si vedono). Al secondo posto si attesta invece Bush al 9% dei consensi con trend negativo: un Bush tallonato da Trump, ora all’8,5 ma – sembrerebbe – in crescita.
La parte alta della classifica è poi appannaggio dei conservatori: da Ted Cruz a Ben Carson, passando per Mike Huckabee. Laddove i centristi annaspano: Marco Rubio si attesta a poco più del 6%, mentre Chris Christie non raggiunge il 3. John Kasich, praticamente morto, se ne sta sotto il 2. Deludente è poi la performance dell’ultraconservatore Rick Santorum: vincitore del caucus nel 2012 con un buon 25%, oggi è collocato nella bassa classifica a poco più del 4.
Anche per il caucus dell’Iowa – banalmente – valgono le stesse considerazioni di prima. Innanzitutto è da monitorare l’incognita Trump: che tuttavia qui potrebbe magari anche conquistare una clamorosa vittoria. In secondo luogo, è bene attendere l’imminente dibattito elettorale anche per capire di che pasta sia fatto Scott Walker e comprendere quindi se abbia effettivamente i numeri per farcela o meno. Un punto difatti decisivo è che l’offerta conservatrice questa volta è sovrabbondante. E per quanto Walker al momento conduca, non è detto sia in grado di continuare a farlo nei prossimi mesi. In una simile ipotesi, il voto conservatore dell’Iowa potrebbe frammentarsi nella miriade dei candidati radicali presenti. Per quanto, si spera che al momento del caucus ci sarà già stata una decisa scrematura.
Infine, una curiosità. In entrambi i sondaggi (per le primarie del New Hampshire e per il caucus dell’Iowa) il candidato libertarian Rand Paul si attesta più o meno sulla stessa posizione: intorno all’8,5%. Un dato grossomodo in linea con la storia elettorale del libertarianism interno al GOP che, se da una parte testimonia la sua strutturale incapacità nel conquistare la nomination, dall’altra evidenzia comunque la presenza (tutt’altro che indifferente) di un’anima importante che – forse – il Partito Repubblicano dovrebbe cercare di valorizzare maggiormente, anziché rinchiudersi (come spesso accade) su posizioni intolleranti e radicalmente ultraconservatrici.
E’ vero. La strada per la conquista della nomination repubblicana è ancora lunga. Ma la situazione che fotografano oggi sondaggi non è delle più rosee. L’immagine di un partito nettamente spaccato tra un’ala moderata ed una conservatrice. Un partito cui occorre urgentemente trovare una sintesi, se vuole evitare di inanellare il terzo fallimento consecutivo.
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