America

USA 2016, nomination repubblicana: la situazione in Iowa e New Hampshire

2 Dicembre 2015

A due mesi dall’inizio delle primarie (il caucus dell’Iowa aprirà le danze il 1 febbraio), la situazione in casa repubblicana appare tutt’altro che delineata, a fronte di un Asinello ormai scontatamente aggregato attorno alla figura di Hillary Clinton. Ed è proprio in seno agli stati in cui le votazioni avranno inizio, Iowa e New Hampshire, che i sondaggi fotografano una confusione decisamente nevrotica.

In Iowa, per il momento, poco di nuovo. Donald Trump domina incontrastato, dall’alto di un 26,7% dopo aver abbattuto la concorrenza dell’ex neurochirurgo Ben Carson, che lo aveva scalzato dalla posizione di front runner nelle scorse settimane. Un Carson che ciononostante regge al secondo posto (con il 20%), seguito da Ted Cruz (collocato al 18,3%). Una terna di candidati radicali che non stupisce alla fine più di tanto: differentemente dalle primarie, i caucus (configurandosi come assemblee chiuse degli attivisti) tendono a favorire i candidati più duri, laddove i centristi notoriamente languono (e difatti né Bush né Kasich né Christie superano la soglia del 5%).

In New Hampshire la situazione appare invece più complicata e balzana. Trattandosi di uno stato in cui si tengono primarie aperte, tende storicamente a favorire candidati più moderati e in grado di intercettare voti trasversali. Eppure anche qui al momento Trump si pone fortemente in testa con un 26% di consensi. Carson al terzo posto con il 10, tallonato al quarto da Cruz con il 9,5. Evidente sintomo del fatto che anche nel Granite State il blocco radicale (conteso tra antipolitici e ultraconservatori) sembrerebbe particolarmente vigoroso.

Allarme rosso, poi, per Jeb Bush: proprio nello stato che avrebbe dovuto costituire uno dei suoi principali feudi elettorali appare sempre più in difficoltà. Non solo i sondaggi lo danno a un misero 7,5% (addirittura dietro a Kasich) ma recenti interviste tra gli elettori locali non lascerebbero ben sperare. Secondo Politico, il suo staff continuerebbe anche in queste ore a ostentare ottimismo, ribadendo che alla fine i suoi dollari e la sua colossale organizzazione faranno la differenza. Non è da escludere, per quanto il problema di Bush sembrerebbe ancora essere legato a un assetto comunicativo blando e carente (tanto che anche in Florida, paese di cui è stato governatore, non riesce a decollare).

Più in generale, dai sondaggi emergono poi ulteriori elementi interessanti. Innanzitutto il declino di Carson: non soltanto perché – come accennato – non è riuscito a mantenere in Iowa il sorpasso su Donald Trump. Ma anche perché il suo andamento manifesta un trend negativo che non accenna a cambiare verso: proprio in uno stato in cui l’ex neurochirurgo sta impiegando da tempo ingenti sforzi organizzativi ed economici.

Buone notizie invece per Marco Rubio: il giovane “sognatore” della Florida si piazza discretamente tanto in Iowa (al quarto posto, con il 12,3% dei consensi) quanto nel Granite State (dove è addirittura secondo, con il 12,5%). Dati che confermerebbero la sua capacità di attrarre voti trasversali da destra e dal centro: un’abilità che potrebbe permettergli uno scatto importante contro la retorica (spesso inconsistente) del fulvo miliardario.

Occhio poi a Ted Cruz. Le uscite di scena di Scott Walker e Bobby Jindal (legate poi al declino di Carly Fiorina) sembrano averlo favorito. E’ in rapida ascesa e – c’è da giurarci – riuscirà tra poco a fagocitarsi Carson. Trump resta il suo più grande dilemma: in un eventuale scontro col miliardario non è facile capire chi potrebbe avere la meglio. E non credo sia neppure da escludere un’eventuale alleanza tra i due, magari un ticket. Ma è ancora troppo presto per fare previsioni in merito.

Infine concediamoci uno sguardo a Rand Paul. Il candidato libertarian galleggia miseramente intorno al 4% sia in Iowa che in New Hampshire: ha dilapidato più della metà del consenso con cui era partito. C’è anche da dire che da settembre avrebbe adottato una precisa strategia: ignorare gli stati in cui si vota all’inizio, per concentrarsi sui successivi. Vedremo se questo piano si rivelerà efficace ma è assai poco probabile che il riccioluto isterico riesca veramente ad andare da qualche parte.

Mancano due mesi. Il tempo è poco. L’incertezza moltissima. E difatti, sotto questo punto di vista, la tenaglia dell’Iowa aiuterà a fare chiarezza: non soltanto – banalmente – a sfoltire una pletora di contender inchiodati a percentuali ridicole ma anche a capire chi sarà il vero candidato della destra radicale. A capire, cioè, se l’enorme consenso sondaggistico accumulato da Trump riuscirà effettivamente a tradursi in voti concreti o se sarà destinato invece a sgonfiarsi in un fuoco di paglia (come accaduto a Howard Dean nel 2004 e a Rudolph Giuliani nel 2008). E probabilmente Cruz non aspetta altro, per intestarsi il ruolo che fu di Santorum nel 2012.

Stesso discorso vale per l’area più moderata. Bisognerà comprendere se Rubio sarà veramente capace – come sembra oggi – di catalizzare voti trasversali, presentandosi come candidato di sintesi in seno a un partito spaccato. O se si rivelerà una meteora evanescente e non all’altezza dell’ambizioso messaggio che propone. Anche perché come oratore sarà anche bravo. Ma in termini di raccolta fondi e organizzazione non è proprio il massimo.

Occhio quindi a Bush. E’  vero che – come abbiamo visto – i sondaggi lo stiano condannando in modo inclemente. Ma è pur vero che anche John Kerry, quando si presentò alle primarie democratiche nel 2004, era additato da tutti come odioso e imbelle esponente dell’establishment: salvo poi distruggere tutti quegli avversari che fino a poco prima i sondaggi avevano dato per vincenti. E non bisogna poi dimenticare come i recenti fatti di Parigi e della Siria stiano esercitando un peso crescente nell’opinione pubblica statunitense.

Un’opinione pubblica che – al netto della sua rancorosa carica antipolitica – nel momento dell’emergenza potrebbe riconsiderare positivamente il fattore dell’esperienza: scegliendo infine di affidarsi a un candidato noioso ma competente. Anziché a un esagitato che ignora la differenza tra Hamas e Hezbollah.

0 Commenti

Devi fare login per commentare

Login

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.