America
L’incubo di Hillary Clinton
Il duello tra Hillary Clinton e Bernie Sanders si fa sempre più tortuoso. Per quanto vi siano realisticamente pochi dubbi sulla vittoria della nomination democratica da parte dell’ex first lady, appaiono comunque rilevanti alcuni elementi che emergono dagli ultimi sondaggi, in seno agli Stati in cui avranno ufficialmente inizio le primarie: New Hampshire e Iowa.
Innanzitutto il vantaggio dell’anziano socialista nel Granite State. È da ottobre che i due si sfidano in un costante testa a testa che vede tuttavia al momento prevalere Sanders di circa cinque punti percentuali. Una posizione non certo dominante che ciononostante continua a esemplificare uno dei maggiori paradossi di questa bizzarra campagna elettorale: il fatto, cioè, che uno Stato come il New Hampshire paia esprimere preferenza per un candidato radicale, voltando le spalle alla sua tradizionale impronta moderata. Non dimentichiamo infatti come, in occasione delle primarie democratiche del 2008, Hillary vi abbia trovato la vittoria proprio in forza del suo centrismo (all’epoca, molto più sbandierato di oggi): sebbene allora non si fosse trattato di un trionfo schiacciante, essendo il liberal Barack Obama arrivato secondo a soli tre punti di distanza (con il 36,5% dei consensi).
Oggi Bernie Sanders cerca di invertire la tendenza. E, al momento, i sondaggi sembrerebbero dargli ragione. E per quanto sia improbabile una sua vittoria nel Granite State, Hillary non dorme sonni tranquilli, perché sa di non potersi permettere una sconfitta proprio in quello che dovrebbe rappresentare uno dei suoi principali feudi elettorali. Probabilmente è anche per questo che l’ex segretario di Stato avrebbe intensificato la sua campagna sul territorio, portandosi dietro adesso anche il marito, Bill: che, un paio di giorni fa, all’Università di Nashua, ha tenuto un discorso, tutto volto a incensare la moglie (e glissando sulle accuse recentemente mossegli da Donald Trump di essere un donnaiolo).
Situazione ancora più ingarbugliata in Iowa. Per quanto i sondaggi diano qui in testa Hillary, la realtà appare comunque più complessa di quanto sembri. E non soltanto perché storicamente il voto dell’Iowa tende ad essere più radicale (ragion per cui durante le primarie del 2008 Obama vi sconfisse pesantemente l’ex first lady). Ma anche perché, come riporta oggi Politico, da una lettura analitica degli stessi sondaggi emergono particolari interessanti. Al di là del generale vantaggio di Hillary, pare che l’ex first lady sia particolarmente forte in loco su due segmenti elettorali: le donne e gli elettori anziani. Di contro, Sanders, prevarrebbe su altri due segmenti. I maschi (per quanto di poco, rispetto alla rivale) e soprattutto gli elettori giovani (e qui il vantaggio sull’avversaria risulterebbe notevole, sfiorando il 10%). Un dato assolutamente rilevante: perché se è vero che l’appoggio dei giovani potrebbe rivelarsi aleatorio, è altrettanto indubbio che Obama nel 2008 riuscì a vincere nell’Hawkeye State proprio per la mobilitazione massiccia di quella quota elettorale. Un’autentica bomba, che – se Sanders riuscisse ad usare – potrebbe veramente permettergli una vittoria importantissima.
Anche perché, se all’arzillo socialista potrebbe bastare una vittoria in uno dei due primi Stati, non altrettanto può dirsi di Hillary: a cui occorre vincere sia in Iowa che in New Hampshire, per sancire sin da subito il proprio assoluto primato nella conquista della nomination. E se pure Sanders non ottenesse alcuna vittoria in entrambi gli Stati, potrebbe comunque accontentarsi di buoni piazzamenti: piazzamenti che man mano gli permettano di erodere il consenso elettorale raccolto dall’ex first lady. Il vero rischio di Hillary non è infatti quello di perdere una nomination che (salvo clamorosi imprevisti) ha de facto già in tasca. Il suo vero rischio è quello di una guerra di logoramento, che la sfibri sempre di più, portandola azzoppata allo scontro nella general election. Azzoppata e con ben due grattacapi: lo sfidante repubblicano, da una parte, e il vecchio Bernie, dall’altra, che – correndo da indipendente – le succhia preziosi voti a sinistra.
Insomma, anche se quella di Sanders non dovesse rivelarsi altro che una candidatura di bandiera, potrebbe fare ugualmente male a Hillary. E la storia statunitense insegna difatti come le grandi dinastie politiche temano terribilmente le candidatura di bandiera: ne sa qualcosa George H. Bush, che nel 1992 perse contro Bill Clinton soprattutto a causa dell’indipendente Ross Perot, che attinse abbondantemente dal bacino elettorale repubblicano. E ora per Hillary potrebbe concretizzarsi la nemesi: non solo perché, banalmente, in termini di immagine resta ancora agli occhi di molti (giovani in primis) come un’espressione aristocratica della vecchia politica. Ma anche perché, alcuni pezzi del suo stesso partito (soprattutto a sinistra), potrebbero decidere di remarle più o meno tacitamente contro. A partire dalla senatrice radicale (e sua arcinemica), Elizabeth Warren. E chissà: la fronda potrebbe essere già partita.
Devi fare login per commentare
Accedi