America
USA 2016, la guerra repubblicana del New Hampshire
Il destino della nomination repubblicana sembra sempre più giocarsi in New Hampshire. Contrariamente all’Iowa, dove secondo molti analisti si dà già quasi per scontata una vittoria del fronte radicale (con Donald Trump o Ted Cruz), è nel Granite State che si guarda con interesse per cercare di capire quale candidato possa finalmente emergere in rappresentanza dell’ala moderata. Se la giocano per ora in quattro: il governatore del New Jersey, Chris Christie; l’ex governatore della Florida, Jeb Bush; il governatore dell’Ohio, John Kasich; il senatore della Florida, Marco Rubio. Un quartetto agguerrito, che in queste settimane sta scatenando un conflitto particolarmente aspro, per cercare di aggiudicarsi il gradimento del New Hampshire. Stato, in cui – ricordiamolo – si tengono primarie aperte: un sistema elettorale che storicamente tende a favorire i candidati meno radicali e più vicini al centro. E difatti, nonostante al momento i sondaggi vi diano ancora Trump al primo posto (con il 26,5% dei consensi), quasi nessun analista scommette su una sua vittoria nelle urne. Anche perché, come sottolinea Eli Stokols oggi su Politico, l’elettorato del Granite State tende generalmente ad essere piuttosto infido e indeciso: scegliendo effettivamente il candidato per cui votare a pochissime ore dal voto (se non direttamente all’interno della cabina elettorale).
Chris Christie sembrerebbe al momento il candidato più promettente. Rimasto per mesi inchiodato alla parte bassa della classifica sondaggistica, ha attuato da tempo una vigorosa campagna elettorale sul terreno nel New Hampshire, riuscendo così gradualmente a piantare solide radici in questo Stato. Una campagna capillare, costituita da innumerevoli tappe, comizi ed eventi. Una campagna, altresì legata a una precisa strategia politica: da sempre considerato esponente dell’ala sinistra del GOP, Christie ha utilizzato questi mesi per cercare di conferire alla propria immagine un cambiamento significativo, proponendosi sempre più come uomo d’ordine ed esperto di antiterrorismo (spassosi i suoi battibecchi col libertarian Rand Paul, in difesa del Patriot Act). Anche le sue posizioni, storicamente amichevoli nei confronti del mondo musulmano, hanno lasciato spazio ad una certa freddezza verso l’Islam, soprattutto a seguito della strage di San Bernardino. E ora, dopo il dimenticatoio in cui era piombato, Christie sembrerebbe in procinto di emergere proprio nel New Hampshire, per dare la scalata al partito.
Discorso parzialmente simile per Jeb Bush. Partito in primavera come il naturale front runner dello schieramento repubblicano, ha subìto la spietata concorrenza di Donald Trump che – soprattutto grazie alle sue efficaci performance televisive – lo ha condannato a risultati sondaggistici assolutamente grami. Tanto che, il suo bellicoso spin doctor, Danny Diaz, ha deciso un mese fa di dare una sterzata alla narrazione della sua campagna elettorale: cercando di presentarlo come un candidato alla riscossa, capace di risollevarsi gagliardamente dalle avversità. E Bush non è rimasto con le mani in mano: ha tentato di rivitalizzarsi, cercando – come anche Kasich – a più riprese lo scontro maschio con Trump. A tutto questo ha poi legato una campagna capillare in New Hampshire: come Christie, non si è risparmiato tra comizi, selfie e interviste. Ha inoltre mobilitato il suo potentissimo network (dai grandi finanziatori ai piccoli sostenitori) per cercare di consolidare la propria forza nel Granite State e sperando che da lì possa infine aver luogo l’agognata rimonta.
D’altronde, le somiglianze tra Christie e Bush non si fermano al piano organizzativo. Anche in termini di contenuto, i due sembrano talvolta quasi alleati nel tentativo di allontanare dal New Hampshire lo spettro di Trump e (più in generale) dell’ultraconservatorismo. Recentemente il New York Times ha messo in luce come entrambi in questi giorni stiano facendo appello al senso di responsabilità dell’elettorato del Granite State. Proprio perché storicamente – sostengono – il voto del New Hampshire tenderebbe ad influenzare quello negli Stati successivi, i suoi elettori sarebbero chiamati a esprimere una certa avvedutezza, non lasciandosi traviare dalla vacuità delle proteste anti-sistema né dai barlumi di speranza, agitati da candidati privi di esperienza.
Perché alla fine il nemico numero uno potrebbe chiamarsi proprio Marco Rubio. Il giovane senatore della Florida è attualmente secondo nei sondaggi (al 12,8%) con una popolarità in crescita. Probabilmente, pur nel suo storico moderatismo, si tratta del candidato più a destra tra i quattro (anche a causa di alcune sue giravolte programmatiche in tema di bioetica e immigrazione). E la sua fresca retorica sulla realizzazione di un New American Century sembrerebbe farlo apprezzare soprattutto tra i giovani, nonché tra frange elettorali variegate in seno al Partito Repubblicano. Tanto che diversi analisti lo danno seriamente in corsa anche per il caucus dell’Iowa.
Sennonché Rubio appare ancora oggi un mistero. Grandissimo retore e abile comunicatore, non si è ancora capito se il consenso che va via via accumulando nei sondaggi potrà tramutarsi concretamente in voti effettivi. Soprattutto perché (contrariamente a Cruz in Iowa e a Bush e Christie in New Hampshire), non sembra che ad oggi il senatore si sia poi speso moltissimo in termini di campagna elettorale sul terreno. Tanto che non pochi analisti sostengono che la sua crescente popolarità sia primariamente dovuta alle ottime performance sostenute durante i dibattiti televisivi, più che a una presenza capillare sul territorio. E non a caso Christie lo ha recentemente attaccato, accusandolo davanti alle platee del New Hampshire di essere una sorta di fantasma e accreditando così la critica che già oggi diversi elettori gli muovono: quella di essere un candidato algido e distaccato. Una sorta di aristocratico che non vuole mischiarsi con la plebe. La stessa accusa che nel 2008 numerosi democratici rivolsero all’allora candidata Hillary Clinton: che difatti – guarda caso – finì col perdere le primarie.
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