America

USA 2016, Iowa: Jeb Bush e Hillary Clinton in difficoltà

16 Agosto 2015

Jeb Bush e Hillary Clinton hanno un problema: lo stato dell’Iowa. Teatro del famoso caucus con cui da tradizione prende ufficialmente avvio la corsa elettorale per le primarie, il suddetto stato si sta rivelando particolarmente ostico per entrambi i candidati, i quali – non a caso – lo stanno da settimane battendo palmo a palmo, nella speranza di utilizzarlo come trampolino di lancio verso la nomination.

Certo, di per sé l’Iowa è piccolo e in termini concretamente elettorali, laddove conquistato, non garantisce numeri elevati. Sennonché, esso appare notevolmente importante proprio in forza dell’interesse mediatico che da sempre è in grado di attirare. Tanto che – generalmente – i front runner si impegnano in modo particolare nella sua conquista non tanto  (o comunque non solo) per ottenere una visibilità che in fin dei conti in buona parte già hanno. Ma anche – e soprattutto – per evitare l’emergere di outsider, che potrebbero imporsi e magari scalfire la loro posizione di leadership. Ne sa qualcosa Hillary Clinton, che, in occasione delle primarie democratiche del 2008, si vide colà pesantemente sconfitta da Barack Obama: quello stesso Barack Obama che – guarda caso – sfruttò la notorietà acquisita con quella vittoria, per iniziare così la sua scalata al partito dell’Asinello.

Ebbene, in uno stato tanto rilevante, sia Jeb che Hillary si trovano attualmente in profonda difficoltà. Una difficoltà che in primo luogo li attanaglia a causa di un problema comune: sono entrambi percepiti come candidati troppo centristi e moderati. Non solo bisogna difatti considerare che l’Iowa sia notoriamente uno territorio dell’America profonda, quindi pragmatico e non particolarmente amante delle sfumature politologiche e intellettuali. Ma a questo si aggiunga – come accennato – il fatto che ospiti un caucus. A differenza del sistema delle primarie difatti, il caucus si configura essenzialmente come una riunione degli attivisti di partito: quei duri e puri che generalmente tendono a preferire il candidato più energico, netto e schierato. E difatti in occasione delle primarie democratiche del 2008 vinse – come detto –  il liberal Obama contro la centrista Clinton. Mentre in quelle repubblicane del 2012 ci fu un testa a testa tra il moderato Mitt Romney e l’allora semisconosciuto senatore ultraconservatore Rick Santorum. Segno, questo, di come in Iowa risultino tendenzialmente favoriti da entrambe le parti i candidati più radicali. Ed eccoci allora ai guai odierni di Jeb e Hillary.

Storicamente poco amato dalle frange conservatrici del GOP, l’ex governatore della Florida sta attuando una strategia di comunicazione particolarmente vigorosa. Pur mantenendo pressoché invariate le proprie posizioni centriste (quantunque venate di un rinnovato vigore in politica estera), ha avviato un tour de force, in giro per lo stato, tenendo numerosi comizi e – soprattutto – dedicando parte cospicua del suo tempo all’incontro diretto con gli elettori: eventi, fotografie, colloqui, strette di mano.

Proprio per il suo carattere “rustico”, oltre al programma, in Iowa viene difatti valutato molto il calore umano del candidato: la disponibilità, la concretezza e la sua attitudine a stare in mezzo alla gente. Tutti elementi che gli spin doctor di Bush hanno capito bene e che sperano dunque gli permettano di risalire in termini di gradimento elettorale, visto che attualmente non oltrepasserebbe ancora la soglia psicologica del 10%. Bush, dal canto suo, ha definito i sondaggi “irrilevanti” e ha dichiarato di voler impiegare tutte le sue energie per la conquista dello stato.

Una strategia senza dubbio efficace, per quanto di per sé non sufficiente: Jeb dovrà faticare non poco a scrollarsi di dosso l’immagine di uomo dell’establishment e –  cosa più importante –  a far digerire il suo programma moderato ad un elettorato tendenzialmente ostile.

Ma se Sparta piange, Atene non ride. Hillary Clinton anche ha i suoi problemi. E la strategia che sta attuando non è poi molto dissimile da quella di Jeb. Anche perché, secondo diversi analisti, la sua sconfitta ad opera di Obama nel 2008 non fu dovuta soltanto al fattore ideologico-programmatico ma anche alla questione dell’immagine e della comunicazione. Tradizionalmente, durante le campagne elettorali la Clinton si è sempre contraddistinta per uno stile particolarmente elitario, algido e aristocratico. Uno stile, basato sulla deferenza, che gli elettori dell’Iowa non apprezzarono affatto: e difatti, in occasione del caucus del 2008, fu relegata a un miserando terzo posto.

Uno stile fallimentare, quindi, che la front runner democratica sta cercando di cambiare, mostrandosi più aperta, cordiale e vicina (anche nei modi) alle istanze della gente: una strategia da “principessa del popolo” che – spera il suo staff – possa aiutarla finalmente a sfondare in uno Iowa che, tuttavia, ancora non si fida di lei.

Eh sì, perché qui, oltre al dato comunicativo e d’immagine, ci sono altri problemi ben più rilevanti. Innanzitutto, ovviamente, la questione politica. Nonostante le svolte a sinistra attuate negli ultimi mesi e sebbene ancora saldamente in testa, secondo gli ultimi sondaggi, molti attivisti liberal dell’Iowa continuano a considerare Hillary una esponente dell’establishment. Tutto questo, mentre Bernie Sanders, sembra – grazie al suo radicalismo –  ascendere sempre più negli indici di gradimento. Sennonché, per quanto il candidato socialista rappresenti un’indubbia spina nel fianco per l’attuale front runner democratica, il vero pericolo sembrerebbe attualmente essere un altro: Joe Biden.

Sono difatti giorni che l’ipotesi di una sua discesa in campo per la conquista della nomination è tornata a farsi insistente. E alcuni sondaggi stanno mostrando come un’eventuale candidatura dell’attuale vicepresidente sarebbe accolta con particolare favore dai democratici dell’Iowa. Un problema non di poco conto, che aggrava ulteriormente la posizione di una Hillary in difficoltà sempre maggiore.

Una difficoltà intensificata dagli scandali che notoriamente hanno colpito l’ex first lady negli ultimi mesi. Come riporta Rachel Bade oggi su “Politico”, buona parte dell’antipatia riservata dagli attivisti liberal locali alla front runner sarebbe dovuta proprio alla questione di Bengasi e dell’Emailgate: uno scandalo che non accenna a scemare ma che – anzi – pare ingrandirsi ogni settimana di più, coinvolgendo strati sempre più ampi del potente e complesso network clintoniano (dalla fondazione di famiglia ai più stretti e discussi collaboratori, come la controversa Huma Abedin).

Le forche caudine dell’Iowa attendono quindi Jeb e Hillary. Il paradosso di due aristocratici che cercano disperatamente il voto popolare dell’Iowa: l’America profonda. Loro ci provano. Anche se il rischio è che alla fine rimedino soltanto una sonora pernacchia.

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