America

USA 2016, il tacchino dei Koch Brothers

27 Novembre 2015

Errare è umano, perseverare è diabolico. Lo sa bene il Partito Repubblicano che di errori in questi anni ne ha inanellati a bizzeffe. E che, in materia di presidenziali, teme seriamente di restare a bocca asciutta per la terza volta consecutiva dopo le disfatte di John McCain e Mitt Romney. Ed effettivamente il cospicuo nugolo di candidati alla nomination non è che faccia esattamente ben sperare per la conquista dello Studio Ovale.

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Eppure qualcosa inizia a muoversi. E gli indicatori di una possibile reazione sono molteplici. Innanzitutto, come riporta oggi Politico, ci si attende un’imminente sfoltita del numero di contender in campo: al di là delle inevitabili scartoffie burocratiche, l’iscrizione alla competizione elettorale per le primarie esige il pagamento di una tassa in ciascuno stato in cui ci si presenti. A questo si aggiungano le ovvie necessità organizzative per sostenere delle campagne efficaci.

Una serie di costi, insomma, che favorirà scontatamente i candidati più danarosi e organizzati (come Bush e Cruz), costringendo gli altri a ritirarsi o a partecipare elettoralmente soltanto in un numero risicato di stati (con tutti i rischi che ciò comporta, come ricorda il fallimento di Rudolph Giuliani nel 2008). E difatti, candidati smorti come Gilmore e Pataki pare stiano seriamente pensando di ritirarsi prima di affrontare la tenaglia dell’Iowa. E anche Kasich, Paul e Christie non sembrano particolarmente in buona salute.

Tuttavia, che la vittoria del GOP alle prossime presidenziali passi attraverso i dollari, è testimoniato anche dall’iperattivismo dei fratelli Koch. E’ da mesi che gli storici finanziatori dell’Elefantino sono difatti scesi in campo per cercare di aiutare il partito a riconquistare la Casa Bianca. E lo hanno fatto con una certa energia: dall’organizzazione di eventi elettorali ad hoc (sponsorizzati dal loro opulento network)  al tentativo di mettere ordine all’interno di un partito rissoso, aiutandolo ad individuare rapidamente un leader e – possibilmente – tentando di influenzarne la linea politica.

Ma è soprattutto con i360 che i Koch sperano di riportare il GOP alla vittoria. Un complesso sistema di dati incrociati, con cui auspicano di riuscire a captare informazioni elettorali, da utilizzare poi nel corso dello scontro per la Casa Bianca. Un progetto ambizioso, nato in seguito alla sconfitta di McCain nel 2008, che i due miliardari portano avanti, affinandolo progressivamente. Cercando di usarlo per avere un controllo sempre maggiore sul partito e isolando i candidati a loro sgraditi.

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E proprio i360 è recentemente tornato al centro della scena politica. E lo ha fatto attraverso l’associazione Libre. Una realtà cospicuamente finanziata dagli stessi Koch ed esplicitamente indirizzata all’elettorato ispanico. Una no-profit, che si articola in una componente culturale (il Libre Insitute) e una di carattere maggiormente sociale (la Libre Initiative): il tutto rivolto alla promozione e alla salvaguardia della cultura e dei cittadini ispanici: un’organizzazione evidentemente finalizzata ad avvicinare il Partito Repubblicano verso una quota elettorale sempre più importante e ancora in gran parte vicina alle frange democratiche.

Ebbene, come riporta il New York Times, ieri a Miami, in occasione della Festa del Ringraziamento, l’associazione Libre ha organizzato una distribuzione di tacchini, dietro compilazione di appositi questionari, su cui inserire alcuni dati personali: un modo evidente per alimentare i file di i360 e orientare così maggiormente il marketing elettorale repubblicano verso gli ispanici.

Una  mossa non certo eclatante. Ma che evidenzia alcuni elementi interessanti. In primo luogo, il fatto di come l’establishment repubblicano si sia ormai reso conto dell’importanza del voto ispanico. E di come sia stata proprio l’incapacità nel saperselo accattivare una delle cause principali delle sconfitte subite nel 2008 e nel 2012. In secondo luogo, più nello specifico, questa iniziativa mostra una volta di più la strategia politica dei Koch: una strategia che vuole sottrarre l’Elefantino alle frange più radicali, portandolo su posizioni maggiormente moderate (soprattutto in tema di immigrazione). In tal senso, si spiegherebbe la crescente simpatia dei due cresi per figure come Jeb Bush e Marco Rubio. Laddove il loro nemico giurato resterebbe sempre e soltanto uno: Donald Trump.

Un Donald Trump che i Koch non digeriscono per una serie di ragioni. Antipatia personale, innanzitutto. Ma, più in profondità, i due fratelli non lo vedrebbero di buon occhio sia perché ne temerebbero l’autonomia balzana sia – soprattutto – perché riterrebbero che con il suo radicalismo potrebbe finire con l’alienare al GOP il supporto del voto moderato: condannandolo così, ancora una volta, alla sconfitta in sede di general election.

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E’ nuovamente dalle minoranze dunque che passa la possibilità di vittoria dell’Elefantino. E questo i Koch lo hanno capito. Idealismo? Macché: calcolo machiavellico, semmai. Big data e pancia piena spesso arrivano ben più in là di articolati programmi politici: perché, alla fine, Washington val bene un tacchino.

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