America

USA 2016, il repubblicano Scott Walker si ritira

22 Settembre 2015

Fuori due! Dopo l’ex governatore del Texas, Rick Perry, è ora il governatore del Wisconsin, Scott Walker, ad abbandonare la corsa elettorale per la nomination repubblicana: una notizia indubbiamente di rilievo ma non poi così inattesa, visto il crollo nei consensi da lui registrato nell’ultimo mese.

Partito a luglio come papabile front runner dello schieramento GOP, Walker aveva impostato la propria campagna elettorale su un programma di conservatorismo ortodosso: reaganiano, vicino alla religious right e non estraneo al libertarismo del Tea Party. Un programma, che aveva cercato di supportare attraverso l’immagine di uomo forte, popolare, a tratti rustico: un “fighter” (come amava definirsi), deciso a conquistare la Casa Bianca, per difendere gli interessi della classe media e delle autonomie individuali, contro l’invasività di un potere federale liberticida.

E d’altronde, bisogna dirlo, l’immagine del combattente almeno all’inizio poteva anche permettersela, forte del suo incarico amministrativo in Wisconsin che lo aveva visto vincere ripetutamente le elezioni governatoriali in una roccaforte democratica, riuscendo inoltre a piegare le durissime proteste sindacali levatesi nel 2011 contro di lui. Un curriculum che dunque non poteva che affascinare l’elettorato conservatore, il quale – per tutta la primavera – aveva non a caso espresso forte simpatia nei suoi confronti (soprattutto in Iowa).

Poi, improvvisamente, il declino. In ottima forma fino a luglio, a partire da agosto ha visto scemare rapidamente il consenso accumulato nei mesi precedenti: in Iowa, da front runner, è crollato al settimo posto, mentre – a livello nazionale – è precipitato a un miserevole 2%. Roba da crisi di nervi.

Anche perché, se Rick Perry, dalla sua discesa in campo, nei sondaggi era sempre rimasto inchiodato a percentuali irrisorie (tanto che nessuno ha mai preso sul serio la sua candidatura), Walker ha al contrario dilapidato un’autentica fortuna in termini di consenso, affondando velocemente, senza alcuna capacità di reazione. Com’è stato possibile? Forse si possono individuare alcune motivazioni.

Innanzitutto, Donald Trump. Con il suo radicalismo, infarcito di efficacia oratoria, il biondo magnate ha iniziato una vera e propria cannibalizzazione della sovraffollata pletora conservatrice interna al GOP: candidati come Jindal e Santorum non hanno mai spiccato il volo, Huckabee è rovinosamente retrocesso, Perry si è ritirato e adesso lo segue Walker. Quel Walker che ha non a caso subìto violenti attacchi da parte di Trump in queste settimane (tra cui l’accusa di essere un pessimo governatore, incapace di garantire la manutenzione delle strade in Wisconsin). Senza poi contare come – più in profondità – il miliardario sia furbescamente riuscito a intestarsi non poche delle battaglie imbracciate dal povero Scott (in particolare, linea dura sull’immigrazione e difesa della libertà religiosa), rendendolo così sempre più un candidato superfluo.

A tutto questo si aggiunga poi il disastro compiuto da Walker in termini di comunicazione. Per tutto questo tempo in ogni suo discorso non ha fatto che ripetere la solita tiritera delle sue vittorie anti-sindacali. Mai qualcos’altro, mai un guizzo di novità: totalmente incapace di offrire una narrazione che incarnasse speranza, sogno e innovazione. Il tutto condito da uno stile piatto, noioso e grigio. Un morto di sonno, insomma, che – anche in occasione dei due dibattiti televisivi a cui ha partecipato – si è rivelato assolutamente monotono, a tratti fastidioso, con quella sua aria da “amicone”, quando faceva fintamente sì con la testa, mentre parlavano gli altri candidati.

Infine, anche sul piano programmatico – a dispetto della sbandierata coerenza – Walker ha spesso mostrato esitazioni e voltafaccia. Elementi che non sono sfuggiti all’elettorato più radicale e che gli hanno attirato da più parti accuse di indecisione e opportunismo. Accuse che – soprattutto nelle ultime settimane – avrebbero contribuito a rendergli la vita difficile in particolare nella raccolta di finanziamenti.

Con la sua uscita di scena, se ne va un altro pezzo del fronte conservatore. Un fronte sempre più in affanno: schiacciato tra il populismo dell’antipolitica (Trump, Carson, Fiorina) e il moderatismo tendente al centro (Bush, Kasich, Chrisitie).

E così ci saluta Scott Walker. Il candidato entrato in conclave come papa e uscito cardinale. L’uomo che voleva essere un redivivo Reagan. E che invece somigliava a Mr Bean.

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