America
USA 2016, il candidato repubblicano Chris Christie apre all’Iran
L’accordo sul nucleare con l’Iran si pone sempre più al centro del dibattito politico statunitense. Mentre la front runner democratica, Hillary Clinton, sostiene ad oggi la linea del presidente Obama di sostanziale apertura nei confronti di Teheran, Jeb Bush ha recentemente dichiarato la sua netta contrarietà ad un simile accordo, tacciandolo di rappresentare un serio pericolo tanto per la sicurezza nazionale quanto per la stabilità in Medio Oriente. Una presa di posizione forte, che – pur caratterizzata da toni moderati e riflessivi – si allinea alle dure critiche anti-iraniane in questi giorni espresse da gran parte degli attuali candidati repubblicani (da Scott Walker a Bobby Jindal).
Ora, in seno a questa rovente levata di scudi propugnata dal GOP, si nota comunque una parziale eccezione. Quella del neocandidato Chris Christie. Durante una manifestazione tenutasi ieri a Wolfeboro in occasione dell’Independence Day, l’attuale governatore del New Jersey – già de facto in campagna elettorale per le importanti primarie del New Hampshire – ha affrontato la questione iraniana, mostrando dei tratti distintivi rispetto alla pletora dei suoi rivali di partito.
Pur criticando aspramente Obama, la sua disapprovazione si è difatti appuntata sul modo in cui le trattative con l’Iran sono state condotte e non invece sul contenuto dell’accordo. In altre parole, la questione del nuclear deal per Christie si pone come un problema di metodo, non di merito. Il governatore del New Jersey non lesina difatti accuse al segretario di Stato John Kerry, colpevole – a suo dire – di una negoziazione debole, esitante, incerta e assolutamente lesiva per gli States in termini di immagine internazionale. Una negoziazione che sembra voglia chiudere a tutti i costi, rischiando così di concedere all’ambiguo Khamenei più del dovuto.
Sennonché, a queste dure critiche di natura metodologica, Christie non fa seguire poi un rifiuto del nuclear deal in quanto tale. Un nuclear deal che – di contro – per lui apparirebbe quasi auspicabile o comunque un accordo che non possa essere aprioristicamente rifiutato. Anche perché – questo è il ragionamento del governatore repubblicano – al tavolo delle trattative con Teheran, oltre agli Stati Uniti, siedono anche Gran Bretagna, Germania, Francia, Cina e Russia: in tal senso, se gli States fossero lasciati soli da questi partner, le loro sanzioni contro l’Iran produrrebbero uno scarso effetto, autocondannandosi dunque all’inefficacia e all’inutilità. Questo non significa per Christie accettare un accordo a qualunque costo (da qui – come detto – trae la sua dura critica a Kerry): ma – ricondotto l’Iran a più miti consigli – il nuclear deal dovrebbe per lui essere siglato.
Per quanto al momento queste dichiarazioni di Christie non abbiano suscitato un’eccessiva attenzione, è molto probabile che una simile posizione possa avere delle ricadute pesanti all’interno del dibattito elettorale repubblicano. Con questa posizione difatti, il governatore del New Jersey prende nettamente le distanze dall’ala più conservatrice del partito: quell’ala che alcuni mesi fa spedì la famosa lettera di Cotton ai vertici politici iraniani, determinando un caso diplomatico di proporzioni notevoli.
Ma dall’altra parte con questa dichiarazione Christie si smarca anche dall’ala più moderata del GOP: un’ala che – pur non pervenendo agli eccessi politici e retorici dell’ultraconservatorismo – si è comunque sempre schierata contro un’intesa statunitense con Teheran: le suddette posizioni espresse da Bush due giorni fa sulla questione, rievocano difatti il tradizionale approccio neocon, tendente a considerare l’Iran il perno portante del cosiddetto “Asse del Male”.
Dinanzi a una politica estera repubblicana composta da falchi (più o meno agguerriti), la posizione di Christie rappresenta attualmente un unicum, esprimendo una linea di Realpolitik che al momento sembrava assente tra le fila dei candidati repubblicani. Anche il libertarian Rand Paul si è difatti generalmente detto favorevole al nuclear deal. Ma mentre nel suo caso si tratta di una diffidenza generale verso la foreign policy (da molti conservatori in patria tacciata di “isolazionismo”), nel caso di Christie la sua posizione sembrerebbe maggiormente dettata da considerazioni di opportunità geopolitica. Una Realpolitik quindi che potrebbe annunciarsi del tutto scandalosa.
L’Iran ha difatti sempre rappresentato per il GOP in questi anni un argomento di dura battaglia ideologica verso l’appeasement obamiano e il fatto che adesso un suo esponente (candidato alla nomination) si dica aperturista sulla questione – pur a determinate condizioni – è una notizia non di poco conto. Anche perché – c’è da giurarci – potrebbe diventare facile bersaglio di quei falchi che avrebbero buon gioco a dipingerlo come un candidato “di sinistra” (cosa che tra l’altro stanno già facendo). E se si guarda alla spietata campagna di delegittimazione condotta dal bellicoso Lindsay Graham contro Rand Paul proprio sulla politica estera negli scorsi mesi, si capisce bene come a Christie potrebbe ben presto toccare la stessa sorte.
Il punto sarà capire quale risulti essere la strategia complessiva del governatore in materia di Esteri. Capire, cioè, se la sua posizione sul nuclear deal si inserisca all’interno di un piano organico e coerente di foreign policy o si tratti invece soltanto di una dichiarazione estemporanea.
Ad oggi il Nostro non ha ancora presentato un programma globale sulla politica estera. Se veramente ci fosse un ritorno della Realpolitik in seno al GOP, si tratterebbe di un fatto di interesse notevole, all’interno di un partito sempre più ideologico e interventista, che ha da tempo gettato il kissingerismo nel dimenticatoio della sua storia.
Ma Christie deve essere rapido e chiarire. Perché i suoi nemici non aspettano altro, per cercare di annientarlo.
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