America

USA 2016, il candidato dem Jim Webb attacca Obama sull’Iran

16 Luglio 2015

Durante la conferenza stampa tenuta a seguito dell’accordo siglato con Teheran, Barack Obama ha difeso l’intesa a spada tratta: una soluzione diplomatica – ha sostenuto – che permetterà di evitare una guerra (altrimenti certa) con l’Iran. Una soluzione che conseguentemente dovrebbe garantire una maggiore stabilità all’interno del complicato scacchiere politico mediorientale.

Il presidente non si è comunque abbandonato a facili irenismi: ha ribadito il costante impegno alla vigilanza da parte dello Zio Sam (“this deal is not built on trust, – ha detto –  but on verification”)  ma ha al contempo rispedito al mittente le critiche piovutegli addosso da Israele e dalla stragrande maggioranza del Partito Repubblicano.

L’Asinello intanto fa quadrato intorno a Obama: moltissimi senatori dem esaltano l’ “intesa della pace”, mentre la stessa Hillary Clinton (storicamente restia ad aperture verso il regime di Teheran) ha celebrato la vittoria del presidente. Un partito al momento compatto, dunque. Anche perché la strada è ancora lunga. Il GOP  sta difatti già in queste ore organizzando una pesante controffensiva al Congresso, per cercare in ogni modo di abolire l’accordo. Ma non si sa con quanta speranza.

Perché i repubblicani dispongono – è vero – della maggioranza: ma ad una (probabile) bocciatura dell’accordo, Obama risponderebbe con il veto presidenziale, aggirando così l’ostacolo. A quel punto la strada per l’Elefantino si farebbe in salita, giacché, per controbattere alla misura della Casa Bianca, necessiterebbe di una maggioranza congressuale di due terzi: una maggioranza di cui – numeri alla mano – di fatto non dispone. In tal caso, l’unica speranza per il GOP di sconfessare l’intesa con Teheran sarebbe quella di conquistare la Casa Bianca nel 2016: ma questa è un’altra storia.

Sennonché, neppure Obama dorme sonni tranquilli. La sua fissazione in queste ore consisterebbe nel desiderio che il Congresso approvasse il nuclear deal a larga maggioranza, evitando di replicare spaccature simili a quelle avvenute in passato sul tema della riforma sanitaria. Obama non vuole difatti a passare alla storia come uno dei presidenti più divisivi che gli USA abbiano mai avuto (punto – questo – che lo ha reso facile bersaglio della retorica repubblicana): e proprio per tale ragione – come riportano Jennifer Steinhauer e Jonathan Weisman sul “New York Times” – il presidente avrebbe sguinzagliato in queste ore Joe Biden: nel tentativo di creare un fronte parlamentare il più largo possibile, che includa repubblicani pro-Iran, indipendenti e democratici scettici.

Ed è qui che sorge però un altro problema: in quanto, a fronte della dichiarata compattezza dell’Asinello, in realtà un discreto numero di suoi esponenti non sembra particolarmente felice per l’accordo con Teheran.  Si tratterebbe di una dozzina di senatori, capitanati dal dem Chris Coons, fortemente perplessi, sia in termini di sicurezza nazionale che di salvaguardia per Israele. Una dozzina di senatori che – pur non dichiarandosi al momento esplicitamente contrari – stanno in queste ore chiedendo ampie rassicurazioni a Biden e che hanno chiaramente asserito che il loro voto a favore della ratifica non sarà per nulla scontato.

Ma, nell’ambito di questa polemica serpeggiante, la voce maggiormente dissonante è senza dubbio quella di Jim Webb. Attuale candidato alla nomination democratica, ieri, durante il “Diane Rehm radio show”, ha duramente dichiarato: “Nutro grandi preoccupazioni per questo accordo con l’Iran: in quanto potrebbe consentirgli alla fine di arrivare all’arma nucleare”. Il candidato si è detto quindi anche favorevole ad un’apertura verso Teheran: ma ad un’apertura che avrebbe dovuto essere più graduale e – soprattutto – molto più cauta.

Un’asserzione forte, non soltanto perché proveniente da un ex senatore dem ma anche perché asserita da un candidato alla nomination: il che evidenzia come il problema iraniano sia probabilmente destinato a diventare tema di dibattito elettorale non solo (ovviamente) tra i repubblicani ma altresì tra i democratici (anche perché – ricordiamolo ancora una volta – il fatto che Hillary abbia ieri un po’ opportunisticamente appoggiato il nuclear deal, non cancella certo le sue precedenti posizioni sull’argomento).

Si potrebbe anche ritenere che Webb non abbia (almeno al momento) il peso politico per orientare il dibattito elettorale interno all’Asinello, dal basso del suo misero 4% di consensi (si posiziona difatti terzo, dietro alla Clinton e Bernie Sanders). Sennonché questo si rivelerebbe un ragionamento assai miope. Per quanto elettoralmente debole, non bisogna dimenticare infatti che Webb goda comunque di ampia credibilità in patria relativamente alle problematiche di foreign policy: è stato Segretario alla Marina ai tempi di Ronald Reagan e membro  per anni della Commissione Esteri al Congresso.

E, proprio nel corso di quest’ultimo incarico, non ha mai tenuto posizioni particolarmente morbide: non solo si è da sempre detto contrario ad ogni sostanziale apertura verso Teheran (paventando la minaccia atomica) ma si è altresì sempre mostrato come strenuo oppositore della Russia di Vladimir Putin: fu difatti tra i maggiori sostenitori delle sanzioni anti-russe a seguito della questione ucraina e appoggiò per questo apertamente Obama. Quello stesso Obama che ora però ringrazia Putin per aver favorito il nuclear deal. Quello stesso Putin che è da sempre – guarda caso –  tra i massimi alleati del regime di Teheran (tanto in termini geopolitici quanto economici). Un corto circuito dunque che potrebbe far salire il falco Webb rapidamente alla ribalta all’interno di un dibattito elettorale ( quello democrat) sino ad oggi non particolarmente interessato alle questioni di foreign policy.

La posizione di Webb, per quanto minoritaria, evidenzia dunque la presenza di un malumore strisciante tra le fila del Partito Democratico: un malumore che potrebbe dare qualche grattacapo a Obama e – nel lungo periodo – fungere da detonatore per le non poche contraddizioni, formatesi nel tempo in seno all’Asinello. Contraddizioni che potrebbero spaccare dall’interno il fronte dem. Una possibilità – questa –  che Hillary Clinton sa di non potersi permettere.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.