America

USA 2016, dove arriverà Ben Carson?

6 Novembre 2015

Confesso. Lo trovo di una noia mortale: con quel fare sonnolento, senza guizzi, sempre pronto a infarcire discorsi e tweet con citazioni salmistiche di ogni tipo. Non capisco il suo programma, non mi piace il suo umorismo da strapazzo. E non parliamo poi del fatto che senta ogni volta il bisogno di ricordare al mondo i suoi (peraltro indiscussi) successi in campo medico.

Eppure bisogna fare i conti con la realtà. L’ex neurochirurgo, Ben Carson, è attualmente dato in testa da diversi sondaggi, essendo addirittura riuscito a scalzare Donald Trump, dopo settimane di dominio granitico nel gradimento dell’elettorato repubblicano. E difatti il fulvo magnate non sembra aver preso bene la cosa: sono giorni che palesa segni di nervosismo, sfruttando ogni occasione buona per tirare frecciate al suo nuovo rivale. Ma non è detto che stavolta la consueta aggressività non finisca per ritorcerglisi contro.

Eh sì, perché le ragioni dell’ascesa di Ben sarebbero svariate. Innanzitutto il voto evangelico. Notoriamente, è da anni che la frammentata galassia della religious right sta espandendo la propria influenza in seno al Partito Repubblicano. Una destra religiosa che quest’estate guardava contraddittoriamente con simpatia un ex liberal abortista come Trump. Ma che adesso pare essersi accorta di Carson. Un Carson che – ricordiamolo – da quel bacino ha sempre attinto, dall’inizio della campagna elettorale. Ma che oggi sta riuscendo ad imporsi con sempre maggior forza.

Inoltre, secondo diversi analisti, parte del successo di Ben risiederebbe proprio nella sua modalità comunicativa. E’ come se una larga fetta dell’elettorato ultraconservatore si sia improvvisamente stufata degli eccessi retorici di Trump, sentendosi ora di contro rassicurata dalla pacatezza serafica dell’ex neurochirurgo. Perché sarà anche noioso nei dibattiti televisivi. Ma va pur detto che durante i comizi la sua voce calma e modulata è effettivamente capace di esercitare un certo magnetismo ipnotico. Che ti rassicura e ti culla (magari col rischio di addormentarti).

Infine, ulteriore elemento del successo risiede nella carica radicalmente anti-politica che racchiude il suo messaggio e la sua stessa figura. Un’immagine di self made candidate dal piglio molto pio, che –garbatamente ma decisamente – attacca i politici di professione. Perché, come ama dire, “l’Arca l’hanno costruita dei dilettanti, il Titanic dei professionisti”.

Questo è Ben Carson: il nuovo Noé che vuole salvare l’America dal diluvio che la sta sommergendo. Un diluvio di tasse, immigrazione incontrollata e sfascio morale: l’America obamiana che lui giura di voler smantellare, nel nome di un rinnovamento che non è tuttavia ben chiaro dove voglia andare a parare.

Proprio così. Perché se il suo spirito indignado da una parte gli sta facendo acquisire consensi, non significa comunque che non possa contribuire ad una sua prossima disfatta. Prendiamo il programma. Anzi, forse dovremmo prima chiederci: Ben Carson ha un programma? Qualcosa che vada oltre gli slogan più o meno inconsistenti con cui di volta in volta condisce i suoi comizi? Non è che sia proprio chiaro, vista l’accozzaglia di proposte che sta mettendo insieme, in un guazzabuglio di idee contraddittorie e spesso neanche realizzabili. E difatti recentemente Politico gli ha fatto le pulci su una serie considerevole di punti: qui basterà citarne solo qualcuno.

Sull’aborto, da una parte lo ha definito un omicidio, dall’altra dice che la legislazione in materia debba essere lasciata ai singoli stati: che cos’è allora, un omicidio legale? Sul fisco, per combattere lo spirito da lotta di classe che serpeggerebbe nella società statunitense, ha proposto una flat tax, che ricorda inquietantemente le bislacche tesi di Herman Cain nel 2011: Ben supporta l’idea citando la Bibbia, ma non ha ancora chiarito alcunché sulla fattibilità pratica della sua proposta. Sulla sanità, poi, fuochi d’artificio. Prima ha detto di voler abolire Medicare (il programma di assicurazione medica per gli over 65). Poi, messo sotto accusa dai rivali repubblicani (Trump in testa), ha fatto marcia indietro.

E’ abbastanza evidente allora come Carson non abbia propriamente le idee chiare su un imprecisato numero di questioni. Un dato che mette in luce come l’assenza di esperienza politica alle spalle, a lungo andare, possa farsi sentire. E non certo in termini positivi. E difatti sono giorni che l’ex neurochirurgo sente il bisogno di schermirsi dalle accuse di chi lo taccia di essere un incompetente sul piano amministrativo. Non parliamo poi della foreign policy. A dispetto del successo attuale raccolto in America dall’antipolitica, è quindi possibile che la base degli attivisti possa alla fine voltargli le spalle, condannandolo ad essere null’altro che una meteora mediatica.

A questo poi si aggiungano ulteriori problemi. Innanzitutto, molto concretamente, circolano voci sempre più insistenti sull’opacità della sua ingente raccolta di finanziamenti. Più in generale, poi, va tenuto conto dell’incostanza che da sempre caratterizza l’elettorato ultraconservatore: pronto a cambiare cavallo repentinamente e senza motivazioni effettivamente razionali (ricordiamo che nei giorni immediatamente successivi al dibattito televisivo di settembre c’era chi diceva che Carly Fiorina sarebbe diventata il nuovo presidente degli Stati Uniti!). E difatti, secondo il New York Times ben l’80% degli attuali sostenitori di Carson hanno dichiarato di non essere certi che lo appoggeranno poi concretamente nelle urne. Mentre, secondo Politico, solo il 16% degli attivisti repubblicani dell’Iowa (stato in cui notoriamente i candidati radicali risultano favoriti) ritengono che possa conquistare la nomination.

La strada è dunque lunga per il front runner, digiuno di politica. Una strada che rischia di sfociare in un impalpabile fuoco di paglia. Comunque, male che vada, stia tranquillo. In caso, un ex neurochirurgo può sempre riciclarsi. Magari come sindaco di Roma.

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