America
Trump “oltre” il Green Deal verso dove e come ?
Il “grande negazionista” del climate change Donald Trumpl attiva la sospensione del Green Deal che trascina con sé l’uscita dagli Accordi di Parigi del 2015
L’anno 2024 si conferma il più caldo mai registrato nella storia tanto che il WMO (World Meteorological Organization) parla di temperature record superando per la prima volta la soglia critica di 1,5°C. sopra i livelli preindustriali. Eppure il “grande negazionista” del climate change Donald Trump nel discorso dell’insediamento tra decine di “ordini esecutivi” che smontano l’architettura di Biden dalle fondamenta conferma quanto promesso in campagna elettorale quale alimento del suo movimento MAGA: la sospensione del Green Deal che trascina con sé l’uscita dagli Accordi di Parigi del 2015, già fatto nel 2016 e poi recuperata dall’Amministrazione democratica. Una misura che avrà impatti globali significativamente distorsivi sia sull’industria che sulla finanza come su molti altri settori, perché non basta cancellare bisogna anche ricostruire offrendo un senso di lungo periodo.
Vediamone alcuni. Industria: è evidente che la revoca degli incentivi per i veicoli elettrici e il ritorno ai combustibili fossili potrebbero rallentare l’adozione di tecnologie verdi e dunque spingere al disinvestimento. Questo potrebbe influenzare negativamente le aziende che producono componenti per veicoli elettrici e altre tecnologie verdi, riducendo la domanda per i loro prodotti considerando anche gli investimenti infrastrutturali fatti. Si tratterà di valutare come questo impatterà su Musk con la sua Tesla e con i suoi investimenti cinesi nel settore. Inoltre, il rilancio delle trivellazioni petrolifere (“drill, baby, drill”) e del progetto Keystone Pipeline potrebbe aumentare la produzione di energia domestica negli Stati Uniti, ma senza dubbio porterebbe anche a un aumento delle emissioni di gas serra e con prezzi in discesa e disincentivi conseguenti sull’adozione di green tech. Anche in questo caso ci si dovrà interrogare sui punti di equilibrio dinamici, per esempio sui costi della salute e sugli investimenti affondati (la nuova Amministrazione post repubblicana ne ha una stima per coerenza e trasparenza circa gli effetti locali e globali?).
Finanza: le ripercussioni sui mercati finanziari globali sono chiare e le aziende che hanno investito pesantemente in tecnologie verdi potrebbero vedere una diminuzione del valore delle loro azioni sui mercati borsistici così come per le non quotate spinte verso qualche differenziazione o diversificazione. Al contrario, le aziende del settore dei combustibili fossili potrebbero beneficiare di un aumento del valore delle loro azioni grazie alle nuove politiche energetiche con squilibri finanziari non banali tra queste grandi macroaree di investimento. Inoltre, la revoca degli incentivi per i veicoli elettrici potrebbe influenzare negativamente le aziende automobilistiche che hanno puntato sull’elettrificazione (come le multiutility sulle colonnine) e dunque sulla stessa Tesla e sulle car industry europee.
Agricoltura: La revoca delle politiche ambientali potrebbe portare a un aumento dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, con conseguenze negative per l’ambiente e la salute umana, dunque per la spesa sanitaria. Inoltre, la riduzione degli incentivi per pratiche agricole sostenibili potrebbe rallentare l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione e altre innovazioni verdi o la diffusione dell’agro-ecologia dove l’Italia e alcuni paesi europei – per esempio – hanno un posizionamento avanzato con prodotti bio-ecologicamente sostenibili e che potrebbero trovarsi “spiazzati” dai prodotti provenienti da filiere fossili USA con impatti insostenibili sull’export. Nota l’influenza negativa sulla produttività agricola a lungo termine e aumento delle emissioni di gas serra con gli effetti già noti di impoverimento dei suoli e dunque sui costi di questi beni con fibrillazioni inflazionistiche.
Servizi: La sospensione del Green Deal potrebbe poi avere ripercussioni sui servizi legati all’energia rinnovabile e alla sostenibilità ambientale, compresi domotica e l’abitare. Per esempio, le aziende che offrono servizi di consulenza per la transizione ecologica potrebbero vedere una diminuzione della domanda per i loro servizi e costrette a diversificare. Inoltre, la riduzione degli investimenti in infrastrutture verdi potrebbe influenzare negativamente anche il settore delle costruzioni e dei trasporti sostenibili con impatti sui costi energetici e di riscaldamento-raffrescamento. Non serve ricordare che essendo l’Europa un’area energeticamente dipendente dall’estero un rallentamento nelle rinnovabili USA e rilancio delle fossili comporterebbe squilibri di bilancia commerciale aumentando la produzione domestica “a stelle e strisce” con “effetti spiazzamento” delle esportazioni e dovendo magari compensare con gas (fracking) d’oltreoceano ad alto impatto.
In sintesi, la sospensione del Green Deal potrebbe rallentare i progressi verso un’economia più sostenibile e avere impatti significativi sia sull’industria che sulla finanza, oltre che su agricoltura e servizi, anche per gli investimenti realizzati in questi ultimi due decenni e per quelli già programmati, squilibrando con “effetti perversi” le bilance commerciali delle due aree a favore della Cina. Evidenti gli impatti geopolitici, comportamentali e culturali.
In Europa dovremo cioè valutare attentamente gli “effetti valanga o smottamento tra molteplici mercati e regioni globali” e adottare contromisure unitarie compresa la governance delle filiere dell’automobile e la data del 2035 e/o le modalità per arrivarci senza cataclismi. Paradossalmente – proprio per l’interdipendenza che lega le aree del pianeta seppure con una de-globalizzazione emergente –”la valanga anti-green di Trump” rischia non solo di travolgere il mondo ma anche chi l’ha sollecitata lasciando campo libero alla penetrazione della Cina in questo campo e alle sue tecnologie oltre che al ritorno di “ostaggi” della compravendita energetica fossile dell’autocrazia russa (o iraniana) in “galleggiamento” tra sanzioni ed economie di guerra. Ha la Meloni una visione sufficientemente ampia e integrata dell’Europa per reggere a questo tsunami senza cedere a “transazionalismi isolazionisti” miopi a sole due vie sequenziali? Perché servirà innanzitutto una Europa unita e compatta (e anche più allargata) con una strategia comune di difesa, commerciale e tecnologica senza ambiguità e timidezze e se c’è batta un colpo, ora!
Devi fare login per commentare
Accedi