America

The President is a Trump

19 Gennaio 2017

Se non fosse una cosa molto seria, ci sarebbe da ridere nel vedere la grande America infilarsi nel  tunnel  asfittico in cui ha vissuto l’Italia nel famoso “ventennio” berlusconiano.

Le analogie sono impressionanti, sia pure con qualche differenza.

Se vi ricordate, la parola chiave, almeno all’inizio, è stata “conflitto d’interessi”.

Girava una email (Twitter è arrivato dopo e comunque 140 caratteri non sarebbero bastati) che diceva più o meno così:

<< Lavoro in un’azienda di proprietà del Presidente del Consiglio. Anche l’assicurazione della ma auto è del Presidente del Consiglio e così la società che gestisce la mia previdenza integrativa. Tutte le mattine mi fermo a comprare il giornale di proprietà del Presidente del Consiglio. Anche la mia banca appartiene al Presidente del Consiglio. Al pomeriggio, quando esco dal lavoro vado a fare la spesa in un supermercato del Presidente del Consiglio dove compro prodotti di aziende partecipate dal Presidente del Consiglio. La sera, se vado al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio, finanziato da contributi pubblici decisi (con l’astensione del Presidente del Consiglio) dal governo guidato dal Presidente del Consiglio. Se invece rimango a casa, guardo in TV i canali del Presidente del Consiglio, con decoder prodotto da una società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall’agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio. Mi piace anche il calcio e faccio il tifo per la squadra del Presidente del Consiglio. Se non mi piace la TV del Presidente del Consiglio posso sempre guardare i programmi RAI, l’azienda controllata dal governo e dai parlamentari di maggioranza, già dipendenti e avvocati del Presidente del Consiglio, fatti eleggere dal Presidente del Consiglio nel partito del Presidente del Consiglio. Qualche sera leggo anche un libro, pubblicato dalla casa editrice del Presidente del Consiglio. Dice che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro (del Presidente del Consiglio). >>

Donald Trump, in confronto, è un pallido imitatore: è appena 499-esimo nella lista di Forbes degli uomini più ricchi del mondo con 3,7 miliardi di dollari contro il 206-esimo posto di Silvio Berlusconi (valutato quasi il doppio). Inoltre è solo erede e non creatore di un impero immobiliare. Tuttavia  The Donald ha 10 anni di meno e può recuperare il gap, soprattutto da venerdì 20 gennaio, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca.

I punti di contatto, per non dire di identità, sono numerosi: oltre al mattone e al denaro, la TV, il populismo di destra, l’avversione verso i dissidenti e “certa” stampa, il familismo amorale, le relazioni con le donne, Putin, il senso dello Stato, i debiti e la spesa pubblica, il linguaggio e il politicamente scorretto, l’occupazione dei posti di potere ivi incluse le agenzie e le autorità indipendenti.

Può darsi che l’America, democrazia ben più robusta della nostra, abbia tutti gli anticorpi per neutralizzare l’attacco ai pilastri istituzionali su cui poggia la vita sociale. Tuttavia, può anche darsi, al contrario, che l’irruzione al vertice del governo di un personaggio “eccentrico” in un paese anglosassone, storicamente estraneo a queste avventure (mentre in Italia la lista è lunga) potrebbe trovare l’apparato statale, istituzionale e legislativo, spiazzato, con conseguenze pesanti dentro e fuori gli Stati Uniti: Make America great (trouble) again ?

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