America

Super Tuesday: Biden vince la guerra tra Sanders e Warren

4 Marzo 2020

A livello aneddotico, ricorderemo questo Super Tuesday per la vittoria di Michael Bloomberg nei caucus delle Samoa Americane. Qui, dall’alto dei suoi 175 voti, ha ottenuto 4 delegati superando la deputata hawaiana Tulsi Gabbard, le cui posizioni potremmo definire sovraniste. Per il resto, la macchina elettorale dell’ex sindaco di New York, capace di spendere almeno 200 milioni di dollari per una sola notte (dati di politico.com), ha raccolto magre soddisfazioni. Ovunque, si è piazzato al massimo al terzo posto nella gara presidenziale. In California non ha raggiunto la fatidica soglia del 15%, malgrado i 70 milioni di dollari spesi tra pubblicità e consiglieri.

Nel campo progressista, la campagna di Elizabeth Warren sembra essersi avvitata a causa delle sue stesse contraddizioni. La senatrice del Massachusetts e professoressa di Legge all’Università della Pennsylvania ha iniziato la propria carriera politica dichiarando guerra a Wall Street e ai super PAC con cui i candidati alla presidenza ottengono ingenti finanziamenti da imprese private.

Se il senatore Bernie Sanders entusiasma il cuore dei giovani progressisti, Elizabeth Warren sembra rappresentare il cervello in grado di applicarne le idee. I due parevano destinati a riunirsi dopo poche sfide elettorali. Al contrario, le schermaglie si sono aggravate negli ultimi giorni quando la senatrice ha prima accettato il supporto di un super PAC, poi ha attaccato il compagno di avventura dichiarando che ha sempre fallito nei suoi obiettivi.

Infine, è ventilata l’idea che la senatrice del Massachusetts continui la sua campagna solo per essere decisiva nella convention di Milwaukee, nel caso in cui le primarie non definissero un chiaro vincitore. A tal proposito, Naomi Klein, grande supporter del senatore del Vermont, ha scritto un tweet durissimo, con cui ha invitato i progressisti a pensarci due volte prima di votare un candidato che rimane in gara solo per diventare il vice presidente di Joe Biden.

Tale marasma ha affossato la Warren, che non va oltre il terzo posto anche in stati abbordabili come il Minnesota e il suo Massachusetts. Ma la divisione tra i progressisti penalizza anche Sanders, che viene sconfitto dal moderato Joe Biden in entrambi gli stati. Quest’ultimo è stato in grado di strappare vittorie impensabili grazie alla buona performance nelle aree suburbane, confermata anche in centri importanti come Minneapolis, Boston, Dallas e Houston.

In Texas, Sanders si aggiudica la capitale Austin e gran parte della frontiera con il Messico a testimonianza di un forte appeal sull’elettorato latinos. Ma non è sufficiente a contenere la marea a favore di Joe Biden che imperversa nel Sud degli States. Onda lunga della vittoria in South Carolina e degli endorsement pervenuti a suo favore dagli altri candidati moderati, Pete Buttigieg e Amy Klobuchar, i quali si sono stretti intorno al possibile vincitore non appena hanno viste sfumare le loro chance di vittoria. Si sono inoltre accodati una serie di big del partito, in primis Beto O’Rourke, popolare deputato texano.

Le vittorie in Colorado, Utah, nel suo Vermont e soprattutto in California aiuteranno Bernie Sanders nella conta dei delegati, ma Biden può dirsi il vero trionfatore. La vittoria nella grande maggioranza degli stati e l’annuncio del ritiro di Bloomberg sono un successo epocale per chi era dato per finito appena una settimana fa.

Da una parte, il senatore del Vermont sembra aver compiuto un ragionamento troppo politico sovraesponendosi nel Golden State solo per ottenere il ghiotto numero di delegati in palio. Dall’altra, Elizabeth Warren non si è ancora decisa a gettare la spugna malgrado i risultati disastrosi e l’ormai certezza che le primarie avranno un vincitore ben prima della convention di Milwaukee. Resta solo da capire se a spuntarla sarà un socialista indipendente o l’uomo dell’establishment democratico.

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