America

South Carolina: la rivincita di Joe Biden

1 Marzo 2020

La vittoria di Joe Biden alle primarie democratiche in South Carolina riapre la corsa dell’ex vicepresidente e chiarifica i rapporti di forza nell’area moderata. La comunità afroamericana, che compone la maggioranza dell’elettorato democratico nel Palmetto State, sembra riconoscere il buon lavoro dell’amministrazione di Barack Obama e vedere nell’ex vice presidente la personalità in grado di continuarlo. Inoltre, Joe Biden vince in tutte le contee, indipendentemente dalla demografia e dal contesto sociale di riferimento.

La vittoria di Joe Biden non si limita al 51% della contea di Richland, sede della capitale Columbia dove la minoranza afroamericana rappresenta il 46% della popolazione e dove Hilary Clinton doppiò Donald Trump nel 2016. Le promesse per una maggiore regolazione nel commercio di armi da fuoco non hanno fatto breccia solo nella popolosa contea di Charleston, in cui la comunità afroamericana (circa il 28% della popolazione) appare ancora ferita dalla strage compiuta nel 2015 da un suprematista bianco in una chiesa gospel. Nelle contee di York e Greenville, che contengono la quinta e la sesta città del paese, dove gli afroamericani rappresentano solo il 18% della popolazione e dove Trump quasi doppiò Hillary Clinton nel 2016, Biden viaggia con circa il 15% di vantaggio su Bernie Sanders, mentre gli altri raccolgono le briciole.

Nel campo progressista Bernie Sanders continua a imprimere la propria leadership su Elizabeth Warren, che potrebbe presto lasciare la competizione. Si ritira, inoltre, Tom Steyer, miliardario moderato negli atteggiamenti ma progressista nelle idee. Dopo aver finanziato l’impeachment a Trump, il fondatore del fondo di investimenti Farallon Capital ha infatti investito somme consistenti in Nevada e South Carolina per far decollare una candidatura concentrata sull’ambiente e sulla tassazione dei ricchi. Dopo il terzo posto di ieri, ha dichiarato di non vedere possibile la propria vittoria e ha augurato una buona campagna a tutti gli altri, perché qualsiasi democratico è migliore del presidente in carica.

La comunità afroamericana sembra quindi spingere l’ex vicepresidente, facendo sfumare le speranze della senatrice del Minnesota Amy Klobuchar che si attesta ad un misero 3%, affannando la corsa di Pete Buttigieg (quarto con l’8%) e rendendo superfluo l’ingresso del miliardario Michael Bloomberg, ottavo uomo più ricco del mondo.

Malgrado le vaste risorse impiegate di propria tasca, l’ex sindaco di New York pare essere fuori gara prima ancora di cominciare. Non può ottenere il voto progressista perché è il più conservatore tra i candidati democratici, non può ottenere il supporto delle minoranze perché non si oppose alla pratica dello stop and frisk, con la quale la polizia di New York violava le libertà individuali per controllare i sospetti di attività di contrabbando. Gran parte dei moderati del sud sembrano quindi orientarsi su Biden mentre le campagne del nord sono state affascinate da Buttigieg. Ennesima prova che la democrazia e la politica sono talmente complesse per cui un miliardario arrogante non può essere semplicemente rimpiazzato da chi ha maggiori disponibilità finanziarie.

Fra un paio di giorni, il Super Tuesday potrebbe consegnare una campagna ravvivata dallo scontro tra Sanders e Biden. Due politici caratterizzati da piattaforme profondamente diverse, sostenute da ideologie opposte. Da una parte, l’establishment democratico che vuole rimanere al potere grazie a quanto di buono fatto con moderatismo, pragmatismo e l’esperienza di una classe politica capace di ottenere consensi tra pensionati e afroamericani. Dall’altra, un vecchio leone socialista che vuole cambiare il corso della storia, con riforme radicali che attraggono giovani e gli abitanti dei centri urbani, mentre iniziano a fare breccia tra gli ispanici. Una sfida magari sporca e scorretta, ma estremamente aperta e significativa per comprendere il futuro dell’impero americano, e quindi del mondo.

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