America
Sanders fa tremare la Clinton
Inaspettatamente, qualcosa sembra non andare per il verso giusto nella campagna, per ora trionfale, di Hillary Clinton verso la Casa Bianca: questo qualcosa si chiama Bernie Sanders, ha 75 anni, viene dal Vermont ed è diventato l’unico serio rivale della ex first lady per la nomination.
Che qualcosa non andasse come previsto nei piani di Hillary lo si è potuto percepire la settimana scorsa quando, con l’aiuto inaspettato della figlia Chelsea, la Clinton ha attaccato duramente il senatore del Vermont, accusandolo di voler distruggere l’assistenza sanitaria negli Stati Uniti. Il perchè di questo attacco frontale è facilmente ravvisabile in termini di paura, data l’impressionante rimonta nei sondaggi di Sanders, che non poco inquieta l’ex segretaria di Stato: Sanders, secondo i più recenti sondaggi, avrebbe ridotto sensibilmente il distacco in termini di voti complessivi, mentre sarebbe addirittura in vantaggio nei primi due stati chiamati a votare a partire dai primi giorni di febbraio.
E infatti, nei primi “caucuses” che tradizionalmente aprono la stagione elettorale delle presidenziali, quelli dell’Iowa, il senatore è accreditato attualmente del 49% delle preferenze e Hillary del 44%. Un altro istituto di ricerca considera inoltre Sanders nettamente avanti in New Hampshire, dove il distacco dalla Clinton sarebbe di 14 punti (53% a 39%). Numericamente, la favorita Democratica potrebbe comunque recuperare rapidamente terreno in caso di sconfitta in due stati di piccole dimensioni, dove è in palio un numero minimo di delegati che sosterranno i candidati nella Convention della prossima estate. Tuttavia, una doppia clamorosa vittoria di Sanders in Iowa e New Hampshire rischierebbe di innescare un trend negativo per Hillary con un effetto domino che potrebbe influenzare le competizioni successive: è del resto ancora vivissimo il ricordo delle primarie democratiche del 2008, quando la vittoria a sorpresa di Obama in Iowa ad inizio gennaio contribuì forse in maniera decisiva ad indirizzare le sorti della competizione elettorale.
L’equilibrio nei sondaggi appare ancora più sorprendente se si considera il serbatoio di ricchi donatori di cui la Clinton dispone, frutto dei legami suoi e di suo marito con la finanza di Wall Street e dei grandi industriali, il cui appoggio è da sempre indispensabile per la riuscita di qualsiasi campagna politica di alto livello negli Stati Uniti. Per Hillary sembra dunque essere arrivata l’ora di sporcarsi le mani, dopo che inizialmente aveva evitato di farsi coinvolgere in scontri squisitamente politici con Sanders e con gli altri competitors, cercando di dare l’impressione di partecipare ad una sfida decisa ancora prima di iniziare.
Ma come riesce l’unico senatore americano che ancora si professa socialista ad insidiare l’ex first lady?
La risposta è da cercare nella ragione opposta di quella che spinge i repubblicani verso Donald Trump: lo stesso sentimento anti establishment che sta spingendo il miliardario nei sondaggi, ha gonfiato anche le vele del senatore liberal del Vermont, che fa suoi i cavalli di battaglia tipici della sinistra socialista come la diseguaglianza economica, la prepotenza dei ricchi e l’uso eccessivo della forza militare. E tutto ciò sembra pagare bene, sondaggi alla mano, considerando che la candidatura di Sanders doveva essere una provocazione, lanciata soprattutto per punire i miliardari colpevoli della crisi finanziaria del 2008. Ma dopo che la senatrice Elizabeth Warren ha rinunciato ad incarnare l’ala liberal del Partito democratico, Sanders è diventato l’unica alternativa possibile a Hillary, la candidata dei poteri forti e appoggiata dallo stesso Presidente Obama.
E così la Clinton, costretta allo scontro, ha individuato alcune linee d’attacco ben precise per colpire il socialista del Vermont: a partire dall’aspra critica del modello di riforma del sistema sanitario avanzata da quest’ultimo, che prevede la creazione di un piano di copertura pubblico e universale (“single payer”), a differenza dell’attuale “Obamacare” basato in larga misura sulle assicurazioni private, per proseguire poi con il tema del controllo sulle armi da fuoco,tornato tristemente d’attualità tra i Democratici e rispetto al quale la Clinton ha denunciato un voto qualche anno fa al Congresso da parte di Sanders a favore dell’immunità da eventuali denunce legali per i venditori di armi.
Dal canto suo Sanders ha replicato ricordando di avere sostenuto altre iniziative per la restrizione dei diritti dei possessori di armi e di essere stato più volte valutato negativamente dalla famigerata NRA (National Rifle Association), la principale lobby delle armi negli Stati Uniti.
Come spesso accade con Hillary Clinton, i suoi attacchi contro il rivale sono risultati in qualche modo artificiosi e fin troppo calcolati, tanto che in molti osservatori si chiedono se la nuova strategia adottata dal suo entourage negli ultimi giorni possa risultare utile. A metterne in dubbio l’efficacia è stata tra l’altro la notizia diffusa dal team di Sanders sull’impennata di donazioni registrate a partire dagli attacchi della rivale Democratica. Un portavoce del senatore ha fatto sapere mercoledì che la sua campagna elettorale ha raccolto 1,5 milioni di dollari in soli due giorni grazie a ben 47 mila piccoli donatori.
Il nuovo denaro giunto nelle casse di Sanders potrebbe essere utilizzato per rafforzare la campagna elettorale negli stati che terranno le primarie dopo i primi tre in programma, ossia Iowa, New Hampshire e Nevada, al fine di allargare potenzialmente l’appeal di un candidato che sembra ora in grado di poter guardare alla nomination non più come ad un miraggio, ma come ad una eventualità che sembra ogni giorno più concreta.
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