America
Quando l’America chiedeva, ‘ma come Mister B?’
Quel 24 settembre del 2003 nelle sale del New York Stock Exchange, Silvio Berlusconi – guidando una delegazione di Confindustria in visita nel distretto finanziario – l’aveva buttata là con nonchalance: “un altro motivo per venire ad investire da noi è che oltre al bel tempo e alla bellezza dell’Italia, abbiamo anche bellissime segretarie ”. I manager americani in grisaglia sartoriale, riuniti ad ascoltare l’allora presidente del Consiglio avevano sorriso, alzando gli occhi al cielo: il solito Mister B.
Tempo dopo, a una cena alla Columbia University, anche uno dei commensali, Robert Solow – docente al Mit e insignito Nobel per l’Economia nel 1987 – l’aveva buttata là: “ah, sei italiano. Perdona la curiosità: ma com’è che avete scelto come primo ministro, Berlusconi? Cosa vi piace di lui?”
Già, cosa vi piace. Aveva chiesto. La risposta, partendo dal classico “nell’immaginario collettivo rappresenta l’anti-politica” per virare al “tutto sommato viene percepito da molti come l’uomo che si è fatto da sé estraneo ai partiti” era finita a lambire il “piace perché, pur essendo ricco e potente, continua a incarnare la figura dell’arcitaliano. Quello che va al bar e sa tenere concione su tutto. Che, mentre l’occhio cade su una bella ragazza, rassicura l’anziana – di fatto suo coetanea – sul suo futuro prima di vestire i panni del cittì della Nazionale, disegnando 3-5-2 e 4-3-3 assortiti. Quello che non pretende di essere perfetto ma che, anzi, assolve pure le imperfezioni altrui”.
“Ah l’arcitaliano”, aveva sorriso il Nobel, “e perché no. Può essere”.
Adesso, non so se negli Stati Uniti esista un ‘arciamericano’. Non credo proprio. Ma, finito Donald Trump alla Casa Bianca, mi piacerebbe proprio saperlo. Com’è che avete scelto come presidente ‘The Donald’? Ma come Trump? Cosa vi piace di lui? Davvero, cosa vi piace?
In realtà – nonostante l’incoronazione trionfale, la conquista degli Stati indecisi – credo non tutto, non tantissimo. Non penso, di là dell’Oceano, ci sia quella fascinazione che gli italiani hanno provato per Mister B, quello spirito di emulazione. Penso che il tycoon con il suo ‘vaffanculo’ abbia semplicemente detto ai suoi connazionali, ai cittadini ai margini o che si sentono tali, ‘io sono la vostra occasione per assestare un bello schiaffone all’establishment. La vostra ultima occasione: io sono il vostro dito medio ben rivolto in faccia al potere’. E questo è bastato.
Come se lui, multimilionario, di quel potere non avesse mai fatto parte. O non avesse mai avuto a che fare con la Corporate America. I suoi vizi e le sue virtù. Eppure la cosa ha funzionato. Nello storytelling Trump – come fosse precipitato da Marte – è andato avanti ‘solo contro tutti’. Senza un partito alle spalle. Tra gaffe, volontarie o no, parole politicamente scorrette. Sbeffeggiato dai media mainstream e dalle elite – gli stessi che vedono ma fanno fatica a capire e ‘sentire’ la rabbia dei tanti delusi del Paese – unendo fasce ampie della popolazione, contro il ‘nemico’, la finanza e il suo dominio. Unendo.
Come non è riuscita a fare la sua avversaria. Per quanto capace, abituata al gioco politico, preparata. Ma inadatta a unire. Vissuta dalle persone come distante, poco interessata alla gente comune, rappresentante del potere. Quello che siede a Wall Street, che è acquartierato nelle stanze dei bottoni dei colossi dell’economia, nello star-system.
C’era una volta l’America che si chiedeva, ‘ma come Mister B?’. Ora ha ‘The Donald’ E chissà se farà ‘cucù’ alla Merkel.
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