America
Qual è il posto del clima? La green economy ai liberal non basta
L’assalto senza quartiere al voto liberal americano sembra il leitmotiv di questa fase delle primarie per la presidenza degli Stati Uniti in campo democratico. Questo è l’effetto Bernie Sanders, l’outsider che sta spingendo Hillary Clinton sul terreno della “radicalità” politica, per andare a conquistare quella parte di elettori, risvegliati dall’ardore “socialista” del senatore del New Jersey. Una vitalità apprezzata soprattutto da quella parte di America che dall’attuale presidente Obama si aspettava una svolta mai del tutto compiuta. E se sono centrali nella campagna dei due rivali i temi più sociali, resta ancora da chiarire quale sia la strada che l’eventuale vincitore della corsa prenderà sulle questioni ambientali più urgenti. Che nelle scelte del popolo liberal americano giocano, invece, un ruolo sempre più determinante.
Due candidati “speculari”
Clinton, più che entrare nel merito, se la gioca accusando Sanders di essere un “candidato mono-tematico”, che riconduce tutto al tema delle diseguaglianze sociali e allo strapotere di Wall Street, ma ha poco da dire su altre questioni fondamentali per un futuro presidente. Questa critica comprende anche la presunta “astrattezza ideologica” del suo avversario sui temi ambientali. Sanders, dal canto suo, parte da posizioni critiche di “sinistra” che sono quelle di molta parte di opinione pubblica che è contro lo strapotere delle multinazionali. I suoi sono i temi forti e classici dell’ambientalismo “militante” contro le lobby dell’energia e del petrolio. Il suo punto forte e la sua “novità” rispetto alle scelte della Clinton è il legame tra i cambiamenti climatici e le emergenze sociali che questi generano come le guerre e i flussi migratori. Un argomento questo che è forse più facile trovare in un dibattito politico “europeo” che americano e il cui effetto su chi dovrà esprimere le proprie preferenze resta da vedere. Negli Usa, inoltre, si sa, che il tema dell’immigrazione è più trattato come un problema di sicurezza o sotto il profilo delle ricadute economiche che come tema ambientale.
Clinton garantisce la continuità con Obama in campo ambientale.
Le proposte in campo ambientale della candidata Clinton sono nel solco delle tradizionali posizioni del Partito Democratico dell’era obamiana: Clinton è più legata ai temi della green economy e ha un’impostazione che sembra più “pragmatica”, dove centrali sono gli investimenti e il sostegno alla produzione di energia pulita. Non bisogna dimenticare che tra i supporter della campagna che portò Obama alla Casa Bianca c’erano proprio le grandi aziende dell’energia pulita. Anche i volti più ambientalisti di Holliwood si erano spesi a sostegno della svolta obamiana. Allo stesso modo oggi questo establishment ambientalista democratico sembra essere traghettato sulla campagna della Clinton.
Lo storico scetticismo anti-ambientalista dei repubblicani
Nel caso dei Repubblicani, invece, come è da tradizione, i temi ambientali sono pressoché assenti dal confronto per la nomination. Se non addirittura confinati allo scetticismo che domina in quella parte di elettorato che diffida delle posizioni scientiste ed è influenzata da teorie e posizioni anti evoluzioniste. Ma non solo. Lo “scetticismo” repubblicano è anche legato al tipo di “sponsor” che sostengono i candidati repubblicani.
Le ricadute internazionali delle scelte del futuro presidente
Il punto di fondo è che al di là degli impegni elettorali e della profonda differenza identitaria tra i due candidati, la “battaglia del clima” resta urgente e centrale nelle scelte americane dei prossimi anni. Scelte che avranno ricadute anche sulle scelte internazionali. La posizione di Obama, al di là degli accordi più formali che sostanziali di Parigi, è stata comunque timida: anche perché la pressione delle lobby energetiche è ancora fortissima. Riuscirà il nuovo presidente a prendere decisioni in grado di avviare davvero quella “rivoluzione ambientale” di cui ha bisogno l’America e il mondo?
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