America

Poter guardare è potere. Il principio di certezza di Heisenberg

11 Novembre 2016

Werner Heisenberg è stato un fisico tedesco, vincitore del Nobel per la fisica nel 1932.

Il  principio di indeterminazione che prende il suo nome, che è valido a livello atomico, è uno dei concetti usati più a sproposito nei discorsi giornalistici e non solo.

Tanto che potremmo formulare un principio di certezza di Heisenberg:

“Se in un articolo, che non tratta di fisica quantistica, si cita il principio di indeterminazione di Heisenberg, l’articolo è sciocco”.

Il più recente esempio della validità del principio è l’articolo di Matteo Bordone su Internazionale, che esordisce con un elogio del principio di indeterminazione e lo cita più volte, per perdersi in un elogio sperticato dei media che hanno sancito la prossima vittoria di Hillary Clinton:

Ma tutti sanno che vincerà Clinton, e suggerire il contrario sta diventando sempre di più una menzogna pura più che una manifestazione di prudenza o un punto di vista minoritario.

Intendiamoci, l’articolo di Matteo Bordone non è sciocco perché sbaglia nel pronosticare la vittoria di Hillary Clinton. E’ sciocco per l’uso inappropriato e supponente del principio di Heisenberg, ed è sciocco perché, come vedremo, si compiace di cose di cui dovrebbe dispiacersi.

Facciamo un po’ d’ordine.

Il principio di indeterminatezza dice che “la misura simultanea di due variabili coniugate, come posizione e quantità di moto, oppure energia e tempo, non può essere compiuta senza una quota di incertezza minima ineliminabile.”

Detto brutalmente il fatto stesso di misurare, di osservare influenza la realtà che si vuole osservare, a livello atomico. Tale principio non ha sostanzialmente validità al di fuori della dimensione atomica, a dispetto di quanto sostiene Bordone e tanti altri. E la cosa è facilmente dimostrabile.

Non è affatto vero come dice Matteo Bordone che “quando osserviamo un fenomeno, lo condizioniamo con la nostra presenza e la direzione del nostro sguardo.” Non è che fissando intensamente un vaso questo alla fine si muove, come cercava di fare Massimo Troisi in Ricomincio da tre.

Se ci limitiamo ai comportamenti umani, ad influenzarli è la consapevolezza di poter essere osservati.

E’ una cosa che possiamo sperimentare quotidianamente. Se ci sentiamo osservati, da una telecamera, dal collega di ufficio, da un’estraneo in metropolitana cambiamo anche il nostro atteggiamento. Indipendentemente dal fatto che stiano davvero badando a noi o meno.

Al contrario, ci sentiamo sostanzialmente al sicuro da sguardi indiscreti quando siamo in casa nostra, perché sappiamo che gli occhiali a raggi X in vendita nell’ultima pagina di Diabolik non funzionano. 

Jeremy Bentham, che non conosceva il principio di indeterminazione di Heisenberg, aveva fatto tesoro di questa banale verità e alla fine del ‘700 aveva concepito e realizzato il Panopticon, un edificio che permetteva il controllo totale delle persone con pochissime risorse in base al principio della “veduta diseguale”: se le persone sanno di poter essere controllate e non possono verificarlo si comporteranno come se lo fossero. Al punto che il Panopticon eserciterebbe un controllo anche se non ci fosse nessun ad osservare chi ci abita.

Tutti i sistemi autoritari sfruttano lo stesso principio. Sanno di non poter spiare tutto e tutti, pertanto cercano in tutti i modi di convincere le persone che lo stanno facendo o potrebbero farlo, alimentano il sospetto reciproco, perché le persone si sentano costantemente osservate e si comportino di conseguenza.

Se la prossima volta foste tentati di citare Heisenberg per qualunque cosa ricordatevi del Panopticon.

Nell’articolo di Bordone c’è tuttavia una considerazione involontariamente rivelatrice, nel lodare la lungimiranza dei media statunitensi:

Per questo l’informazione è detta “quarto potere” e non “grande occhio”: l’informazione agisce, è parte della macchina democratica, non si limita a osservare.

Per Bordone, il ruolo di attore dei media è una cosa positiva, qualcosa di cui vantarsi. Come giornalista, per spirito di corpo, si sente anche lui probabilmente un po’ artefice della ormai certa vittoria di Hillary Clinton.

Forse uno degli errori che i media americani, e non solo americani, hanno commesso è stato sottovalutare il potere che deriva dall’essere semplicemente un grande occhio, in fondo ogni potere si riduce quando passa dalla potenza all’atto. L’aver voluto agire li ha spinti a trascurare la vera fonte del loro potere: il diritto e il dovere di osservare.

E forse nel votare Trump ha giocato un ruolo il piacere degli elettori di fare qualcosa di illecito, di infrangere la regola, votando per quello che tutti dicevano di non votare, anche solo per verificare se al centro del Panopticon, del grande occhio dei media, c’è ancora qualcuno che sorveglia. A questo punto pare di no.

 

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