America

Pence vs Kaine: il duello tra i vice

3 Ottobre 2016

Il 4 ottobre si terrà il dibattito televisivo tra i candidati alla vicepresidenza degli Stati Uniti. Mike Pence (repubblicano) e Tim Kaine (democratico) si confronteranno per un’ora e mezza su differenti questioni politiche, dovendo cercare di dare man forte ciascuno al rispettivo partito nella cavalcata verso le elezioni di novembre. Come da consuetudine, si tratterà dell’unico confronto tra i vice: un confronto che – è bene dirlo – tradizionalmente non scalda mai troppo gli animi e finisce col pesare relativamente poco sull’andamento generale della campagna elettorale. Eppure quest’anno le cose potrebbe almeno in parte andare diversamente: vista l’atipicità dell’attuale scontro presidenziale, non è escluso che il dibattito tra i vice possa riservare qualche sorpresa. Anche perché – è scontato dirlo – su di esso aleggerà costantemente l’ombra del candidato repubblicano, Donald Trump.

In virtù di ciò, è allora lecito domandarsi a che tipo di confronto si assisterà. La Storia mostra come i dibattiti tra candidati alla vicepresidenza si dividano generalmente in due tipi: quelli focalizzati sullo scontro diretto tra i due (come nel 1984 tra George Herbert Bush e Geraldine Ferraro) e quelli invece puntati sui candidati presidenziali (pensiamo al dibattito tra Joe Biden e Sarah Palin nel 2008). Per cercare di capire meglio, è comunque forse utile dare un’occhiata più da vicino ai due contender.

CHI E’ MIKE PENCE

Governatore repubblicano dell’Indiana, è stato scelto come vice da Donald Trump tra non pochi punti interrogativi e qualche polemica. Conservatore ortodosso e un tempo sostenitore di Ted Cruz, Pence ha sempre sposato un programma piuttosto interventista in politica estera e destrorso sulle questioni eticamente sensibili. E’ inoltre uno storico fautore dei trattati internazionali di libero scambio: elemento, questo, che non lo avvicina di certo al protezionismo ripetutamente avanzato dal miliardario newyorchese. Il suo principale punto debole è una notorietà flebile: nonostante ricopra un ruolo governatoriale, non è conosciuto al grande pubblico e potrebbe risentire negativamente della cosa. Sennonché, la sua scelta da parte di Trump è comunque frutto di una strategia ben precisa. Pence è una figura stimata in seno al partito dell’Elefante. In tal senso, il suo compito è chiaramente quello di fungere da pontiere tra il magnate e l’establishment di un partito che fatica a compattarsi intorno al proprio irruento candidato. Un ruolo, che si sono d’altronde ritagliati anche altri esponenti storici repubblicani, schierati con Trump (dall’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, al governatore del New Jersey, Chris Christie). L’obiettivo di Pence è allora quello di portare la destra dura e pura ad appoggiare Trump, rassicurandola: un compito tutt’altro che semplice.

CHI E’ TIM KAINE

Senatore democratico della Virginia, Kaine è stato scelto come vice da Hillary Clinton tra non poche sorprese. Avendo l’ex first lady conquistato a fatica la leadership di un partito spaccato tra moderati e radicali, si credeva che la sua preferenza sarebbe caduta su un esponente della sinistra (a partire dalla senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren). Così non è stato, e l’ex first lady ha virato su Tim Kaine: politico moderato, tutto sommato in linea con il centrismo clintoniano. Al netto di posizioni discretamente liberal in campo etico, si tratta infatti non soltanto di un fautore dei trattati internazionali di libero scambio ma anche di una figura dalle prospettive piuttosto bellicose in materia di esteri. La scelta di Kaine manifesta chiaramente la strategia di Hillary: non tanto quella di compattare il partito dell’Asino, quanto semmai quella di puntare al voto dei moderati (tanto repubblicani quanto democratici), spaventati da Trump. Una strategia alla fin fine non molto dissimile da quella che portò alla vittoria il marito Bill nel 1992.

COME SARA’ IL CONFRONTO?

Difficile dirlo. I due potrebbero scegliere di confrontarsi esclusivamente sulle questioni politiche. Possibilità tuttavia francamente improbabile, anche perché – fatta salva qualche eccezione – almeno sulla carta sembrano due candidati fotocopia. Più realistico che trascorrano la serata ad attaccare i candidati alla presidenza. In tal caso, i punti deboli di entrambi sarebbero non pochi. Kaine potrebbe rinfacciare a Pence di sostenere un candidato impresentabile e cialtronesco, che utilizza sotterfugi per non pagare le tasse e che ha concluso affari in barba alle leggi del governo americano (vedi il caso di Cuba). Il senatore della Virginia potrebbe inoltre mettere il dito nella piaga, notando le differenze ideologiche che separano Trump e il suo vice: a partire – come accennato – dalla loro diversa posizione sul tema del commercio internazionale. Pence, dal canto suo, potrebbe prevedibilmente ribattere, tirando in ballo la questione delle email e la scarsa trasparenza dei finanziamenti alla Clinton Foundation. Senza magari tralasciare qualche attacco personale alle incongruenze dello stesso Kaine: proprio oggi, Politico ha riportato gli sforzi lobbistici del senatore a favore di un colosso del prestito studentesco e il suo passato impegno nell’allentare i regolamenti su alcune banche regionali (due notizie che – prevedibilmente – non faranno granché piacere al fronte dei liberal).

MA QUESTO DIBATTITO SERVE DAVVERO A QUALCOSA?

Non possiamo saperlo. E’ vero, come accennato, generalmente i dibattiti tra vice si rivelano poco utili e abbastanza insipidi. Non pochi commentatori prevedono già anche per questo novanta minuti di noia. Eppure, al di là della contingenza storica, non dobbiamo mai dimenticare un fattore decisivo. Nonostante la figura del vicepresidente svolga di per sé un ruolo quasi esclusivamente formale, il XII Emendamento dispone che – nel momento in cui il presidente non fosse più in grado di svolgere le sue funzioni – spetti al suo vice prenderne il posto. E la Storia mostra come siano spesso stati vicepresidenti subentrati alla massima carica ad aver impresso svolte profondissime alla politica statunitense: basti pensare a Teddy Roosevelt, Harry Truman e Lyndon Johnson. Per cui occhi aperti: perché un domani Kaine o Pence potrebbero anche ritrovarsi a guidare la nazione americana.

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