America
Migranti al border: Joe Biden cambia rotta?
Un confine problematico
Donald Trump voleva costruirci un muro. Qualche barriera effettivamente è stata innalzata, nel corso degli anni, nulla di completo ha però mai delimitato fisicamente Stati Uniti e Messico. Il progetto – incompiuto – del muro è ora uno dei simboli più evidenti della sconfitta elettorale del tycoon – non sappiamo se lo sia anche politica, in quanto il trumpismo non è certo defunto – senza naturalmente riuscire a concludere l’opera. L’idea di innalzare un muro così lungo, infatti, è quantomeno difficile da percorrere, se non proprio assurda.
Il border, il confine tra il Messico e gli USA separa i due Paesi da Oceano a Oceano. Dalla città di Tijuana (Baja California, sul Pacifico), esso si estende per 3169 chilometri, ininterrottamente, lambendo gli Stati di Bassa California, Sonora, Chihuahua, Coahuila, Nuevo León e Tamaulipas sul versante messicano e facendo lo stesso con California, Arizona, Nuovo Messico e Texas su quello statunitense. La frontiera si conclude sul Golfo del Messico, nelle città gemelle di Matamoros e Brownsville, rispettivamente messicana e statunitense. Gran parte delle città lungo il confine sono legate da stretti legami economici. Esistono infatti 42 connessioni internazionali lungo il border.
La situazione lungo il confine non è mai stata tranquilla. Sovente infatti migranti sudamericani hanno tentato di svalicare, inseguendo una vita migliore negli USA. Non di rado, si sono verificate violenze lungo quella striscia.
Un cambio di rotta?
Come ben sappiamo, le politiche di Trump avevano imposto una stretta severa sull’immigrazione. L’ex presidente aveva reso difficilissimo l’accesso in USA, arrivando a coniare programmi come Remain in Mexico, con cui pagava i messicani affinché tenessero i migranti sul loro suolo e aveva separato i figli dai propri genitori per scoraggiare l’entrata negli States. Ci sono numerose famiglie sudamericane che, proprio a causa di queste decisioni, sono costrette ad attendere a sud del Rio Bravo che le loro richieste d’asilo vengano prese in esame da qualcuno. La situazione è ancora peggiore per chi non ha i requisiti per domandare asilo e si trova nella condizione di migrante economico, come usa dire oggi con una espressione che ha del disumano.
Da questo punto di vista, i profughi che spingono in Grecia per superare i muri della fortezza Europa hanno molto in comune con chi desidera svalicare il confine tra USA e Messico. Cambia soltanto la prigione nella quale vengono tenuti. Naturalmente non la si chiama così perché la locuzione campo profughi appare più elegante.
Ora che Trump non è più presidente ma soltanto golfista in Florida, cambierà qualcosa per chi è alla ricerca di una vita più dignitosa a Sud del border? Il 12 febbraio, si è riaccesa la fiamma della speranza per tante di queste persone.
Washington ha infatti annunciato in quella data che ammetterà i richiedenti asilo attualmente bloccati in Messico. A detta delle autorità statunitensi, ci sono 25mila persone che sono in stallo, attendendo che la loro domanda venga presa in esame. C’è chi dice che siano molte di più. In seguito all’accordo che Trump strinse con il suo omologo messicano, Andrés Manuel López Obrador, nel 2018, circa 70mila persone che si trovavano negli States sono stati rimandati a Sud, oltre il confine. Ora Biden ha promesso che abolirà il programma Remain in Mexico.
Una nuova speranza
Le dichiarazioni di Washington fanno sorridere i migranti. L’amministrazione Biden ha affermato che non sarà più necessario attendere l’iter della domanda d’asilo in luoghi pericolosi come Matamoros, il cui campo per migranti è simbolo concreto del fallimento delle politiche di Trump. Le condizioni di vita sono infatti disumane, la delinquenza alle stelle e la salute precaria. Roberta Jacobson, coordinatrice della Casa Bianca per la frontiera meridionale, ha già annunciato che l’amministrazione farà di tutto per chiudere quel campo.
Per tal motivo, a partire dal 19 febbraio, tutti i migranti in attesa di ricevere risposta alla propria domanda d’asilo, potranno attendere in territorio statunitense. Nel concreto, però, farlo davvero non sarà così semplice. Tutti i richiedenti asilo dovranno infatti registrarsi su una apposita piattaforma, alla quale si accederà tramite un sito dedicato cui sta lavorando l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU (UNHCR). Ad ogni registrato sarà dato un appuntamento nel quale si discuterà il suo caso e verrà effettuato un tampone Covid. Durante l’intero processo sarà possibile attendere su suolo statunitense. La speranza è che l’attesa sia affrontata in condizioni diverse e che questa misura non sia semplicemente un trasferimento dei campi profughi da un Paese all’altro.
Attenzione a leggerci troppo in questa decisione di Biden e del suo staff. Non stiamo parlando di porte aperte. Soltanto chi aveva già avviato un procedimento d’asilo internamente al programma Remain in Mexico potrà entrare negli USA e restarvi durante l’espletamento della propria pratica. La stessa Jacobson ha voluto specificare che tutti gli altri farebbero meglio a non presentarsi alla frontiera e non credere alle menzogne dei trafficanti di esseri umani.
Presto vedremo i risultati di questa svolta del nuovo presidente. Per il momento sembra confermato il leitmotiv dell’amministrazione Biden: fare meglio di Trump, quanto basta però. Siamo piuttosto lontani da quella svolta che buona parte della sinistra americana chiedeva. Almeno per ora.
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