America

L’uomo senza consenso

13 Dicembre 2017

Donald Trump non è pazzo. Donald Trump sta rivoluzionando a suo piacimento la politica internazionale e interna degli Stati Uniti senza avere, apparentemente, alcun consenso da parte del mondo. Sia il mondo al di fuori degli USA, sia il mondo di casa sua. Ma il termine consenso non è strettamente legato al ricevere un via libera o una negazione da parte di altri sulle proprie decisioni. E’ qualcosa di molto più ampio e importante.

Scrivo questo pezzo basandomi non su opinioni personali e teorie costruite da sè nella mia mente, ma su cinque libri di Noam Chomsky, il più grande politologo e linguista degli ultimi 60 anni. Leggendo i suoi tre libri/conferenze sull’ 11 Settembre, Capire il potere La Fabbrica del consenso, si arriva a delle riflessioni su Trump davvero sbalorditive per quanto riguarda la figura del Presidente degli Stati Uniti. E al momento della pubblicazione dei sovra citati testi, Trump era ancora “solo” il famoso tycoon americano.

Per fare un po’ di storia: da Roosevelt ai giorni nostri si sono avvicendati alla Casa Bianca ben 14 Presidenti, divisi perfettamente in 7 repubblicani e 7 democratici, ma solo 13 di loro hanno governato il mondo usando la tecnica del consenso. Che cos’ è? Immaginate di essere al loro posto: pressioni interne ed internazionali ogni giorno, richieste di ogni tipo da parte di cittadini, senatori, sindaci, uomini del congresso, presidenti di altre nazioni, lobby, grandi multinazionali, affaristi che si occupano di industrie, petrolio, gas, armi, ognuno col proprio tornaconto e i propri business da seguire. Ma ognuno è un tassello fondamentale per avere appoggio politico, voti. E per poter continuare a governare e fare i propri e i loro interessi. Ovviamente i cittadini sono ultimi in ordine di importanza, ma arrivano quasi al primo posto al momento delle elezioni. Questi 13 Presidenti, prima di firmare decisioni definitive e di grande peso, hanno costruito il consenso intorno a sè. Citiamo degli esempi per sommi capi, facendo una carrellata senza soffermarci su tutti e sui dettagli: Roosevelt ha dovuto firmare l’ingresso nella Seconda Guerra Mondiale; Truman ha sganciato due bombe atomiche sul Giappone; Eisenhower ha preso parte alla guerra per il Canale di Suez usando Israele come esercito USA; Kennedy ha invaso il Vietnam e ha affrontato nel peggiore dei modi lo scontro con i Sovietici a Cuba; Johnson, Nixon e Ford hanno continuato la guerra in Sudest Asiatico e si sono scontrati con le rivoluzioni interne negli USA; Reagan e l’operazione in Nicaragua, il Libano, il Sudafrica, la Libia. Fino ad arrivare a ricordi decisamente più freschi nella memoria come George Bush Sr., Clinton, Bush Jr. e Obama: questi 4 hanno combinato dei disastri internazionali e nazionali giganteschi e se la sono sempre cavata, soprattutto grazie al consenso ottenuto strategicamente “a monte” delle azioni.

Dal governo di George Bush padre in poi, l’utilizzo della comunicazione e dei mass media per avere il consenso globale in vista di azioni spregevoli e pericolose è stato moltiplicato, grazie soprattutto a un mondo mediatico nuovo e allargato (dopo la caduta del Muro di Berlino), per non parlare di quello che hanno potuto fare suo figlio e Obama con internet. Il punto è: devo attaccare una nazione, forse protrarre una guerra senza data di scadenza e fare in modo che tutti i miei sostenitori ne ricavino qualcosa, magari riuscendo anche a convertire chi non mi sostiene per averlo dalla mia parte. Allo stesso tempo devo incrementare il mio potere e accrescere la mia immagine davanti agli occhi del mondo, cercando di evitare brutti scivoloni che sarebbero tragici in termini di consenso. Per fare questo, tutti i Presidenti hanno usato ogni arma a loro disposizione, soprattutto i mass media. Ma è qui la differenza con Trump: lui non lo fa. Ha interrotto una lunghissima “tradizione” che prevedeva il lavoro mediatico e di comunicazione che veniva attuato prima dell’azione sconsiderata.

Donald Trump sembra essere un individuo che si sveglia al mattino, ha fatto un brutto sogno su qualcuno o si sente minacciato da qualcosa, e nel giro di poche ore o pochi giorni agisce senza mezzi termini, ignorando completamente la procedura dell’ ottenimento del consenso a casa e fuori casa prima di combinarla grossa.

Sapete perchè non è pazzo? Perchè glielo lasciano fare. Ha ritirato gli USA dall’ Unesco e dal trattato sul clima, fa votare sempre NO alle decisioni delle Nazioni Unite (fino a Obama ci si limitava alle astensioni), ha vietato l’ingresso negli Stati Uniti a cittadini provenienti da 7 Paesi a maggioranza islamica, invoca la pena di morte ogni settimana, minaccia di guerra la Corea del Nord, ha firmato una sua decisione su Gerusalemme capitale di Israele. E tutto in soli 12 mesi di Presidenza. Sembra che non si consulti mai con nessuno, oppure il suo staff è composto da suoi cloni. Nella politica interna agisce deliberatamente e dichiaratamente solo a favore degli abbienti e di chi lo appoggia, occupandosi con molta attenzione e cura delle lobby farmaceutiche (tentando in tutti i modi di abolire l’ Obamacare), concedendo nuove trivellazioni e siti ai petrolieri, non prendendo posizione contro il commercio di armi (anche davanti a stragi), abbassando le tasse ai ricchi. Eppure, Stati storicamente blu come la Pennsylvania sono diventati rossi. Stati in cui la maggioranza è afroamericana hanno votato Repubblicani. Guardando un anno di dichiarazioni, titoli di testate, opinioni da tutto il mondo, Trump è odiato da tutti in ogni continente. Ma nessuno si oppone mai alle sue azioni, salvo qualche timida reazione alla Camera e al Senato USA con alcune votazioni contrarie alle sue decisioni. Ma se qualcuno dei suoi ministri è avverso a una sua idea, lo invita a dimettersi e lo rimpiazza  seduta stante.

Dopo 70 anni di lavoro mediatico americano su tutti i fronti per contrapporre i buoni (USA) ai cattivi (URSS-CSI-Russia), lui ora è l’alter ego statunitense di Putin. Ma mentre Putin lavora sempre in silenzio, lui mette in piazza situazioni teatrali per essere visto e ascoltato in ogni angolo del pianeta.

In questi giorni ho seguito varie interviste rilasciate dai Palestinesi di Gerusalemme alle testate giornalistiche, inclusa la nostra Sky Tg24: nessuno vuole la Terza Intifada. Sono più preoccupati di avere un governo decente e far ripartire l’economia e il lavoro, piuttosto che pensare a una guerra con Israele. Loro convivono con gli Israeliani e i cristiani ormai da sempre, con le solite provocazioni da una parte e dall’altra, e sperano semplicemente che un giorno finisca tutto ciò. Alcuni si sono anche rassegnati e dicono che la dichiarazione di Trump su Gerusalemme capitale non sia affatto una novità. E hanno ragione: Bush Jr. e Obama avevano detto la stessa cosa, ma erano parole al vento davanti a un microfono. La differenza è che Trump l’ha messo nero su bianco e l’ha firmato davanti alle telecamere (ennesimo colpo di scena). Io ho amici Israeliani che ragionano nello stesso modo dei Palestinesi: non sopportano più questa situazione e vogliono prima di tutto che la politica e la società migliorino, piuttosto che dover odiare a tutti i costi i loro vicini di casa e portare avanti una guerra senza senso.

Siamo davanti a una rivoluzione nel mondo della comunicazione politica, in cui AGIRE sembra più importante che PENSARE. Ma dobbiamo fare attenzione a una cosa, studiando la storia: coloro che hanno ottenuto il consenso e poi hanno agito, facendo anche un grande studio sulle terminologie (missione di pace, liberare, difendere la democrazia, guerra al terrore ecc..) hanno procurato danni irreparabili. Trump forse, consapevole di questo, pensa che sia di effetto più immediato mettere subito in pratica senza perdere tempo nella ricerca del consenso. Lui cos’ha da perdere? Sa che le sue azioni sono sconsiderate, ma sa anche di poter gridare al miracolo se finirà il mandato di 4 anni senza un impeachment. Un “politico” che arriva dal suo background amministra la Presidenza come fosse una grande multinazionale in cui lui è il CEO. C’è il caso che io non sia più Presidente tra pochi mesi? Benissimo, intanto cerco di fare tutto quello che voglio e che ho promesso a chi mi ha appoggiato, poi magari mi cacceranno. Ma di certo non perdo mesi e mesi alla ricerca del consenso globale per le mie scelte. Quello che Trump sogna di più, secondo me, è che il consenso gli si presenti alla porta di casa come successe a George W. Bush nel settembre 2001, senza cercarlo. Ma per il momento eviterei davvero di figurarmi certi scenari.

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