America

Le elezioni in Bolivia, un mistero irrisolto

12 Dicembre 2019

L’ombra di mistero che avvolge la giornata elettorale dello scorso 20 ottobre in Bolivia è ancora presente e sembra non volersi schiarire. Di fatto in Bolivia attualmente vi è ancora un governo poco legittimo, che ha causato decine di morti nell’indifferenza dei media internazionali. A livello di cronaca bisogna ammettere che nelle prime giornate dopo il voto, venne interpellata una delegazione dell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani) cui venne affidato il compito di verificare se ci fossero state frodi elettorali. Da quel momento tutto cambiò.

Facciamo chiarezza prendendo in esame un’inchiesta del Guardian. Il quotidiano britannico ha evidenziato come già nella serata del 20 ottobre l’OAS esprimeva “‘profonda preoccupazione e sorpresa per il cambiamento drastico e difficile da spiegare nella tendenza dei risultati preliminari dopo la chiusura dei sondaggi”, senza addurre però nessuna prova, ma catalizzando l’attenzione dei media locali.

Di sicuro sappiamo che c’è stata una pausa nel conteggio quando si era arrivati a circa l’84% degli scrutinii e Evo Morales – il presidente uscente – era avanti del 7,9%. Al 95% del conteggio “El Indio” raggiunse e superò la soglia del 10% che gli avrebbe permesso di vincere al primo turno. Il Guardian sostiene che risultati elettorali del tutto simili avvengono un po’ dappertutto, persino in Louisiana, e Morales, alla fine non ebbe un aumento drastico dei voti nelle ultime ore ma un crescendo continuo di preferenze anche prima dell’interruzione.

Questo grafico mostra che il vantaggio del presidente Evo Morales (punti blu chiaro) e del suo partito alle elezioni parlamentari (punti blu scuro) è aumentato a un ritmo costante per la maggior parte del conteggio dei voti. Non c’è stato un improvviso aumento alla fine per metterlo oltre la soglia del 10%. La spiegazione per l’aumento del margine di Morales era quindi abbastanza semplice: le aree di segnalazione successive erano più favorevoli rispetto alle aree di segnalazione precedenti.
In effetti, il risultato finale è stato abbastanza prevedibile sulla base del primo 84% dei voti riportati. Ciò è stato dimostrato attraverso l’analisi statistica e anche mediante un’analisi ancora più semplice delle differenze nelle preferenze politiche tra le aree di comunicazione successive e precedenti.

Cosa c’era dunque di così preoccupante? L’OAS ha davvero svolto un atto di intromissione che ha portato il paese sull’orlo della guerra civile o quantomeno ad un colpo di stato militare? Se lo chiedono molti attivisti, media, giornalisti e non solo, che hanno firmato un documento in cui si chiede un’analisi indipendente su ciò che è accaduto il 20 ottobre scorso.

In una dichiarazione ufficiale risalente all’11 novembre scorso Donald Trump ha affermato: “Le dimissioni di ieri del presidente boliviano Evo Morales sono un momento significativo per la democrazia nell’emisfero occidentale. Dopo quasi 14 anni e il suo recente tentativo di scavalcare la costituzione boliviana e la volontà del popolo, la partenza di Morales preserva la democrazia e apre la strada al popolo boliviano per far sentire la propria voce. Gli Stati Uniti applaudono al popolo boliviano per aver richiesto la libertà e ai militari boliviani per aver rispettato il suo giuramento di proteggere non solo una sola persona, ma la costituzione della Bolivia. Questi eventi mandano un forte segnale ai regimi illegittimi in Venezuela e Nicaragua che prevarranno sempre la democrazia e la volontà popolare. Siamo ora un passo avanti verso un emisfero occidentale completamente democratico, prospero e libero”. L’amministrazione Trump e i suoi alleati come il senatore Marco Rubio, che sembra avere una forte influenza sul suo programma politico dell’America Latina, hanno anche fatto dichiarazioni pubbliche – sia prima che dopo le accuse contenute nel primo comunicato stampa della missione OAS – sottintendendo che durante le elezioni è stata commessa una frode.

I nuovi palazzi costruiti per la classe alta di La Paz

Il 25 ottobre il governo boliviano ha proposto un audit internazionale del conteggio dei voti. Pur affermando inizialmente che l’unica istituzione riconosciuta dalla costituzione boliviana per convalidare i risultati elettorali è la TSE, Morales ha comunque chiarito che avrebbe rispettato i risultati dell’audit internazionale. Ha invitato l’OAS e un certo numero di governi stranieri a partecipare all’analisi. Successivamente il governo boliviano è andato oltre e ha accettato la natura ‘vincolante’ dell’audit, a cui l’OSA aveva subordinato la sua partecipazione. Carlos Mesa ha respinto l’audit, chiedendo invece l’annullamento dei risultati ufficiali prima di effettuare qualsiasi altra indagine.

Concludiamo dicendo che l’ennesima candidatura di Morales è sembrata forse fin troppo forzata, ma il suo è stato un crescendo di popolarità e successi come la Bolivia non ne aveva mai visti prima. Morales ha fatto crescere il PIL del 5%. Morales ha abbassato la disoccupazione al 3%. Morales ha ridotto il tasso di povertà, ha aumentato il salario minimo, ha persino fatto crescere una piccola élite che ora risiede a La Paz in lussuosi palazzi colorati e nuovi di pacca. Morales ha fatto rialzare un paese destinato alla marginalità, e questo potrebbe già essere abbastanza per poterlo assolvere in una elezione che meritava di vincere anche solo per il suo curriculum.

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