America
L’Apocalisse di Trump alla prova del voto di metà mandato
Le elezioni di Midterm sono arrivate, e sono da sempre un appuntamento politico significativo per testare la tenuta e lo slancio del consenso del Presidente degli Stati Uniti. Hanno il pregio, tra l’altro, che è proprio dei sistemi politici ordinati e regolari, di svolgersi con puntualità a metà di ogni mandato, evitando la campagna elettorale permanente cui si assiste in qualche paese alleato della potenza americana. Ma questo Midterm fa probabilmente eccezione, come eccezionale, nel senso tecnico della parola, è il presidente che si appresta a misurarsi con il voto di martedì 6 Novembre.
Sono questi i giorni giusti, quindi, per ripassare carriera e prima metà di mandato di Donald Trump, magari facendoci accompagnare da un bel libro del “nostro” Stefano Graziosi, uscito poche settimane fa per le Edizioni Ares e intitolato significativamente “Apocalypse Trump”. Il libro di Graziosi – che possiamo dire è stato “incubato” anche su queste nostre pagine quando Stefano seguiva con assiduità la nascita del fenomeno Trump, e poi era tra i pochi, pochissimi, che invitavano a non considerare The Donald come un fenomeno da baraccone e un perdente sicuro – ripercorre una parabola politica non conformista, e non conforme ai modelli consolidati. Ritorna alle origini della scalata di Trump alla vetta del Partito Repubblicano, quando era circondato da sufficienza, scherno, aperta ostilità. Rilegge la campagna elettorale che porta alla vittoria e alla conquista della Casa Bianca: ma in controluce evidenzia con nettezza tutti i fattori che costruiscono, piuttosto, la sconfitta di Hillary Clinton e del vecchio Establishment democratico. Più in generale, l’ormai solita e globale incomprensione delle élite globali per le rabbie, le paure, le domande insistenti che arrivano da quel che resta della classe media occidentale.
Arriva quindi, ovviamente, ad analizzare l’azione politica del Trump presidente.
Le scelte di politica economica espansive, il protezionismo, la promessa di rompere trattati internazionali che per la classe operaia americana avevano rappresentato una iattura, mentre erano state una benedizione solo per il grande capitale e per i concorrenti dei paesi emergenti. E la politica internazionale: i lunghi sguardi di intesa con Putin, il rebus Cina, il guanto di sfida nuovamente lanciato all’Iran degli Ayatollah e alle scelte di pacificazione firmate da Obama, che aveva bisogno di Teheran per allentare il dominio saudita sul mondo. Una frattura che, certo non per caso, Trump decide di sancire reintroducendo le sanzioni anti-iraniane proprio a pochi giorni dal voto.
Insomma, chi sia interessato ad avere in tasca e in testa la storia politica dell’America di Trump farà bene a procurarsi le 200 pagine di questo libro che, peraltro, ha qualcosa da dire alla politica e ai politici di ogni latitudine. Non a caso le pagine di Graziosi si concludono con la citazione di Sam Rayburn: “Un asino può buttare giù un granaio, ma serve un falegname per ricostruirlo”. Parole da leggere in rima con quelle che utilizza Ferruccio De Bortoli per concludere la sua prefazione: “Chi vota Trump lo vota per quello che è, non tanto per la coerenza di quello che dice. Accade anche altrove”.
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